Giovanni Bellavia – Spes/Speranza
E’ l’artista stesso ad indicarci la strada da seguire allorchè propone “Spes” come titolo per questa installazione “site specific” per la Cappella di Santa Maria dei Carcerati, nella corte di Palazzo Re Enzo, a Bologna.
Comunicato stampa
E’ l’artista stesso ad indicarci la strada da seguire allorchè propone “Spes” come titolo per questa installazione “site specific” per la Cappella di Santa Maria dei Carcerati, nella corte di Palazzo Re Enzo, a Bologna.
L’atmosfera è intima, spirituale e ci invita ad un attimo di raccoglimento e di pausa.
I quattro bambini, privati della testa che appare sostituita da altrettanti libri aperti, paiono dialogare silenti con i “segni colorati e geometrici” tracciati da David Tremlett, quasi una costellazione luminosa che li circonda a guisa di universo e pare “contenerli” in un microcosmo a se stante, prima cellula di una nuova umanita’ in fieri…
Da un punto di vista stilistico e formale Bellavia ritrova un linguaggio scultoreo di antica memoria nel dare vita ad un archetipo di bambino che resta legato agli schemi della raffigurazione classica.
La speranza è riposta in una mano tesa verso l’apprendimento di una cultura che Bellavia sente come fondamentale per il futuro sviluppo dell’umanità.
L’augurio dell’intelletto quale un libro aperto sul quale iscrivere “pensieri, parole ed emozioni” che ci consentano di divenire uomini nel vero senso del termine, per riportare l’Uomo al centro, in una presa di coscienza collettiva che ci permetta di guardare avanti con una luce di speranza nel cuore.
Eli Sassoli de’ Bianchi
Ci sono dei disegni di Kafka dove si vede un omino stilizzato con le mani che stringono la testa, come a impedire che il pensiero scappi o, al contrario, per concentrare il pensiero su un particolare oggetto. Questo gesto di stringere la testa con le mani dice molto sulle abitudini di noi occidentali, che pensiamo di far partire dalla testa ogni attività intellettuale e quindi implicitamente nobilitante.
I libri, per esempio, sono dei concentrati di idee, di teorie, di visioni del mondo, e quindi si fanno con la testa, e in un certo senso alla testa devono ritornare.
Eppure sappiamo benissimo che per scrivere e per leggere occorrono tutti i sensi, e tutto il corpo, e solo convenzionalmente noi leggiamo seduti, tenendo il libro sul tavolo davanti a noi, oppure la penna tra le mani (adesso, per esempio, io sto scrivendo steso, e ho un piccolo pc appoggiato a una gamba accavallata, che mi fa da tavolino). Per Giovanni Bellavia un progetto artistico ha di solito un’ origine intellettuale, quasi astratta. Ogni sua opera nasce dalla fredda visione di idee perfette e razionali, che solo lentamente acquistano caratteristiche fisiche. Ecco allora che nasce il progetto di riportare il libro alla dimensione originaria, formativa, all’infanzia. I bambini lettori sono la sintesi di una tradizione di pensiero che vede nella lettura un’attività mentale privilegiata: in quanto bambini sembrano voler accennare alla necessità del libro per una generazione futura, o all’aprirsi di un nuovo tempo dedicato alla lettura. Non a caso, questi bambini hanno il corpo di cartapesta, nascono cioè da carta frammentata e lavorata che diventa la loro carne. Dobbiamo pensarli nell’atmosfera umbratile dei luoghi adatti al pensiero, una biblioteca o un piccolo studio. Lontani dalle luci accecanti dell’oggi, contratti nel loro pensiero-lettura, come se aspettassero l’aprirsi di una nuova epoca. SPES, non a caso, è una parola antica, breve e fulminante come l’illuminazione di una idea elementare.
Ma per Bellavia gli atti della creazione mentale nascondono sempre un aspetto indicibile della realtà. E infatti i suoi bambini non leggono ma hanno un libro che sostituisce la testa. Come nei disegni di Kafka, il leggere è diventato un’ossessione. Anzi, una tale ossessione da aver sostituito la testa. E così abbiamo dei bambini leggìo immobili come figure costrette a un'unica attività eterna. Infanzia e lettura, il binomio culturale dei nostri tempi, diventa qui uno stereotipo così forte da mettere ansia. Si può sostituire la testa con un libro? La lettura coincide col pensiero? O forse anche questo è un luogo comune che l’artista deve rappresentare, tenendosi ben lontano da qualsiasi giudizio?
Come l’omino di Kafka, il bambino leggìo incarna un’ansia del mondo che ci circonda. E la didascalia migliore per questi bambini che hanno un libro in testa è una frase di Kafka: “ Non occorre che tu esca di casa. Resta al tuo tavolo e ascolta. Non ascoltare nemmeno, aspetta soltanto. Non aspettare neppure, rèstatene tutto solo e in silenzio. Il mondo verrà da te a farsi smascherare, non può farne a meno, si voltolerà estatico ai tuoi piedi”.
Elogio della mente o ossessione della mente?
Marco A. Bazzocchi
Giovanni Bellavia (1974) è laureato in Filosofia all’Università di Sassari e all’Accademia di BelleArti di Bologna. Nella sua opera utilizza, elaborandoli attraverso l’ironia e la provocazione, prodotti e tecniche della comunicazione di massa (pubblicità, cinema, fotografia). Nel suo progetto artistico ha realizzato opere in pittura digitale, disegni su materiali naturali, video arte e performance. E' co-fondatore e direttore artistico del collettivo The Dummies.
Nel 2010 ha esposto una serie di opere ispirate al cinema italiano, dal titolo Cinèmi, alla galleria L’Ariete di Bologna e poi ad Artelibro 2010.
Nel 2012 esce presso la casa editrice BUP il libro Giovanni Pascoli - I sogni del fanciullino di cui è autore di tutte le illustrazioni, con testi di Marco A. Bazzocchi.