Gianfranco De Felice – Non ricordo più le cose

Informazioni Evento

Luogo
SALEROSA
Piazza Solferino 20 (05100) Terni, Terni, Italia
Date
Dal al

martedì al sabato ore 12-14 e 19-22

Vernissage
21/01/2012
Contatti
Email: studio7artecont@gmail.com
Catalogo
Catalogo: Testi a cura di Alessandra Patrizi
Biglietti

ingresso libero

Artisti
Gianfranco De Felice
Curatori
Barbara Pavan
Generi
fotografia, personale
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Mostra personale del fotografo romano Gianfranco De Felice, a cura di Barbara Pavan, testi di Alessandra Patrizi, coordinamento di Studio7.

Comunicato stampa

Nell’ambito della Rassegna Fotografica Salerosaperlarte, si apre sabato 21 gennaio 2012, negli spazi di Salerosa a Terni, Piazza Solferino 20, NON RICORDO PIU' LE COSE, la mostra personale del fotografo romano Gianfranco De Felice, a cura di Barbara Pavan, testi di Alessandra Patrizi, coordinamento di Studio7.

‘Tu che dal mio paese ritorni dimmi una cosa per favore:/sotto i balconi/di seta adorni/i pruni invernali/erano in fiore? (Wang Wei, dinastia Tang)

Questo è il cuore del racconto fotografico che Gianfranco De Felice, in collaborazione con Alessandra Patrizi, propone: recuperare l'ombra di petali su piazza Tiananmen.

‘Siamo arrivati senza accorgerci, - scrivono - cercando la presenza dei petali di Tiananmen del 1989, nel frusciare della rivoluzione dei Gelsomini del 2011. Operai, contadini e civili scesi in sciopero in varie regioni della Cina, suicidi per protesta, internet censurata. I manifestanti sono stati repressi, fiori scomparsi, petali asciugati. I gambi tesi del governo cinese, irti di spine, hanno sentito il pericolo del contagio e i semi della rivolta trasportati dal vento arabo... La primavera cinese ha visto molti fiori sbocciare, a metà maggio è stata la volta della minoranza etnica mongola. Le proteste sono divampate nella Mongolia interna dopo che un pastore era stato ucciso da un camionista Han. Gli Han sono il ceppo etnico maggioritario in Cina ormai, grazie al ripopolamento delle regioni periferiche volute da Pechino, sono maggioranza anche in Tibet, Xinjiang, Mongolia, tutte aree un tempo indipendenti. Nel Yangxunqiao, veniamo a sapere, mentre aspettiamo vivendo Tiananmen, di avvenuti scontri perché la polizia ha fermato un gruppo di abitanti delle campagne che volevano partire alla volta della “capitale del nord” per andare a consegnare petizioni di proteste al governo centrale. Noi abbiamo fermato cinesi con scarpe piene di tanta strada, volti asciutti, arrivano nella pubblica piazza e si accontentano del volto di Mao alle spalle, solo una foto, non portano a casa altro...ombre di fiori recisi e non rinati. Il cuore dei cinesi è complicato, ha patito molti dolori ed è vecchio, vecchissimo, così vecchio che solo un orecchio abituato ai rumori cinesi può avvertirne il battito. Quindi Tiananmen, vicino al cuore, per ascoltare... La piazza su cui siamo arrivati noi è un pianeta a sé, sembra che tutti, attirati da un immaginifico pifferaio magico si arrivi lì; turisti stanchi, viaggiatori perduti e pellegrini con l'afflato della meta...c’è tanta gente, silenzio irreale, il cuore batte, cerchiamo i resti dei petali. Abbiamo deciso di stare fermi in un paese così grande, di rimanere ad aspettare in una agorà dove tutti passano, si fermano, cercatori di libertà, sognatori di uguaglianza, mimi dell'occidente. In un paese grande e complicato quando sei un viaggiatore con l'ostinazione del racconto non puoi far altro che rimanere fermo, nello spazio più grande che hai a disposizione e aspettare l'incontro con la gente e la loro storia. Rientrati a casa abbiamo letto la storia di Liao Yiwu sui nostri giornali straripanti di libero pensiero... Liao è uno scrittore dissidente, riuscito, senza mai voltarsi indietro, a lasciare la Cina evitando la prigione. Il fiore sboccia, il suo vecchio maestro artista Ai Weiwei quando ha saputo della libertà dell'amico scrittore ha esclamato incredulo: Davvero? Davvero? Davvero?. Il vecchio cuore cinese ancora batte, che siano petali di fiori domani. Dormivo di primavera senza sapere dell'aurora...quanti fiori caddero, nessuno può sapere...’ (Alessandra Patrizi)