Fuori Gioco

Rassegna di videoarte sul calcio.
Comunicato stampa
videogallery | 15 luglio > 14 settembre 2025
film screening
FUORI GIOCO
Sguardi d’artista sul mondo del calcio
a cura di Carolina Latour
“Come ogni lingua, anche il calcio ha un momento puramente strumentale, regolato in modo rigido e astratto da un codice, e un momento espressivo”, scriveva Pier Paolo Pasolini in un saggio pubblicato su Il Giorno nel 1971 paragonando la struttura del gioco a un vero e proprio sistema linguistico. È proprio in quanto linguaggio - dotato di regole precise ma capace al tempo stesso di generare forti espressioni emotive - che il calcio si è affermato come uno dei fenomeni culturali più diffusi, complessi e controversi della contemporaneità, arrivando a rappresentare anche per gli artisti un terreno fertile per raccontare e svelare aspetti spesso sottesi della società.
Realizzata in occasione della mostra Stadi. Architettura e mito, questa rassegna ripercorre oltre vent’anni di ricerca artistica evidenziando come la cultura calcistica sia stata spesso reinterpretata dagli artisti per analizzare dinamiche sociali e politiche più ampie. Prendendo in prestito i diversi codici di questo linguaggio - come l’estetica delle divise, il fenomeno identitario ed emozionale del tifo, l’iconicità del ruolo del calciatore e la sua esposizione mediatica, il culto di alcuni oggetti, i colori dei fumogeni, l’architettura sacrale di alcuni stadi – le opere esposte agiscono come spazi simbolici dove emergono questioni legate al potere, al corpo, all’identità di genere, all’appartenenza e alla memoria.
Una pratica ricorrente nei lavori selezionati consiste nell’alterazione di questo linguaggio in modo da generare cortocircuiti logici e slittamenti di significato, rispetto allo svolgimento convenzionale di una partita, capaci di innescare nuove letture. Attraverso la sottrazione di elementi iconici - come il pallone - la manipolazione della telecronaca o il montaggio di scene isolate e decontestualizzate, si attua uno scollamento e svuotamento di senso che trasforma i movimenti dei giocatori in coreografie grottesche o gesti intimi, rivelando, anche in modo ironico, una costruzione simbolica fondata sull’illusione o sulla fragilità del sistema così come viene invece raccontato. L’intimità infatti, come anche la memoria, la sfera affettiva e l’identità collettiva emergono come fili conduttori di molte delle opere della rassegna; intrecciandosi a una visione poetica del quotidiano trovano la loro narrazione visiva nelle fotografie d’archivio o nella calma rituale del lavaggio delle divise, nel coinvolgimento performativo della propria famiglia oppure in una telecronaca che diventa diario emotivo e personale. In apparenza autentico, il calcio può essere manipolato per veicolare narrazioni fittizie e identitarie, ma può trasformarsi anche in una piattaforma sperimentale per ripensare le relazioni tra precarietà, tempo, comunità e diritti. Un campo instabile, con regole “imperfette”, diventa lo spazio dove riscoprire il valore del gioco come strumento di auto-organizzazione e riflessione collettiva. Il momento del gol come esplosione collettiva e al tempo stesso intima può essere un gesto carico di erotismo, ritualità e appartenenza, che mette in luce la natura ambigua e stratificata degli eventi sportivi di massa.
Attraverso sguardi molteplici e approcci eterogenei, gli artisti interrogano i miti, i riti e le contraddizioni del calcio, restituendone una visione complessa e stratificata, in cui convivono potere e fragilità, spettacolo e intimità, appartenenza e conflitto. Così, il calcio – come l’arte – si conferma strumento capace di generare nuove narrazioni, di sovvertire logiche consolidate e di stimolare uno sguardo critico e poetico sulla realtà che ci circonda.
Da mercoledì a sabato - opere in proiezione di:
Giancarlo Neri, Paola Di Bello, Enzo Umbaca, Stephen Dean, Matteo Peterlini, Cristian Chironi, Santo Tolone, Emma Ciceri, Antoni Muntadas, Giovanni de Cataldo
Tutti i martedì e domenica - proiezioni singole delle opere di:
Danilo Correale, Miguel Calderón, Sara Sjölin, Sam Taylor-Johnson
videogallery | ingresso gratuito | tutte le proiezioni si svolgono in loop dalle 11 alle 19
Opere in proiezione da mercoledì a sabato:
Giancarlo Neri, Il Goal Impossibil (1992 - 6’03’’)
"Il Goal Impossibile" è un’espressione classica del giornalismo sportivo. In questo lavoro Giancarlo Neri esplora la tensione tra desiderio e fallimento, tra gesto sportivo e impossibilità fisica, trasformando il momento iconico del gol in un atto paradossale e visionario. L’opera, sospesa tra ironia e poesia, mette in scena un’azione calcistica che non può compiersi, un gol che non arriverà mai, ma che resta impresso nella mente come simbolo di aspirazione e limite. Attraverso un linguaggio essenziale e fortemente evocativo, Neri traduce l’universo del calcio in metafora dell’esperienza umana, rivelando quanto il gioco – e il suo immaginario – siano capaci di parlare di sogni, frustrazione, slancio e attesa.
Paola Di Bello, Video-Stadio (1997 - 7’30’’)
Spesso la cosa più difficile è vedere ciò che abbiamo sotto gli occhi, come i luoghi che dimentichiamo semplicemente perché li abbiamo visti troppo spesso. Video–Stadio è un’inquadratura fissa su uno dei piloni di sostegno del terzo anello dello Stadio di San Siro, a Milano. Alla fine della partita le persone escono dallo stadio scendendo lungo le rampe a spirale e, per un effetto ottico-percettivo, le fanno letteralmente “girare” su se stesse, al ritmo di una musica blues. Video-Stadio rappresenta lo stadio del video, la materializzazione di ciò che Paola Di Bello pensa sull’assunzione di un punto di vista. L'immagine si compie da sola attraverso il punto di vista di chi la guarda.
Enzo Umbaca, Ioul never uolc alon (2002 - 4’03’’)
Nel video l’artista e sua moglie indossano degli abiti su cui sono ricamate due metà di un centro campo occupando il centro della scena circondati dai parenti di entrambi (Inghilterra e Calabria). Tutti insieme, allineati in una fila orizzontale, formano un coro che canta l’inno della squadra del Liverpool: You’ll never walk alone (italianizzato Ioul never uolch alon). In questo lavoro che pone al centro le relazioni più strette, il campo di calcio diventa un vestito da indossare, abito di sartoria, abito di cerimonia. Indossarlo vuol dire entrare nella parte, assumersi le responsabilità specifiche che questo abito/campo comporta.
Enzo Umbaca, Kick off (2002 - 9’50’’)
Stadio del Piacenza calcio. Due bambini posizionati sulla linea di bordo campo con in mano due bandierine compongono delle frasi usando la comunicazione internazionale del codice nautico, riproponendo in modo non verbale il linguaggio espressivo e canonizzato della tifoseria. Azzerando la componente spettacolare dal punto di vista visuale, lo stadio è vuoto ma l’ambiente della proiezione è riempito dalla registrazione sonora di una partita passata tra Piacenza – Inter. La comunicazione fra gli opposti schieramenti di tifosi tradotta nei gesti dei bambini perde il carattere tribale per trasformarsi in una sorta di gioco dalla connotazione surreale.
Stephen Dean, VOLTA (2003 - 9’)
VOLTA è un video dell’artista franco-americano Stephen Dean che immerge lo spettatore nell’intensità emotiva di una partita di calcio, non attraverso l’azione sul campo, ma tramite lo sguardo della folla.
Realizzato dentro l’iconico Maracanã con una camera portatile, Dean ha filmato esclusivamente il pubblico tifare durante diverse giornate del campionato di Rio de Janeiro, restituendo una visione vibrante e cromaticamente satura del tifo come fenomeno rituale, collettivo e sensoriale. Dominato da colori accesi e una fotografia pulsante, il montaggio trasforma la folla in una massa coreografata, quasi astratta, dove ogni gesto, urlo e movimento diventa parte di una composizione visiva e sonora. VOLTA non è un documentario sul calcio, ma un’esplorazione poetica e immersiva del corpo sociale in stato di trance collettiva.
Matteo Peterlini, zeroazero (2005 - 9’50”)
zeroazero prende spunto dalla finale del Campionato Mondiale di Calcio del 1982. Due squadre si affrontano sul campo, il pubblico esulta, un gol viene segnato - ma la palla non c’è. L’oggetto del gioco è assente, e con esso svaniscono il senso, la direzione, la finalità dell’azione sportiva. Il gesto atletico si trasforma in coreografia assurda, la furia e la tattica in rappresentazione grottesca, lo stadio in un luogo di esaltazione collettiva. L’opera indaga la potenza simbolica del calcio come rito identitario e dispositivo di appartenenza nazionale, in particolare nell’Italia degli anni ’80, quando lo sport diventava narrazione condivisa e celebrazione politica. Ciò che resta in campo, dopo la sottrazione, è una danza collettiva svuotata, esposta nella sua nudità simbolica: un’identità che si regge sull’illusione del gioco e che, privata del suo centro, si svela come pura superficie dello spettacolo.
Cristian Chironi, Poster (2006 - 26’51’’)
Attraverso la ricostruzione e l’interazione con fotografie calcistiche d’archivio del padre, giocatore dilettante in Sardegna tra gli anni ’60 e ’80, Cristian Chironi L’artista esplora il rapporto tra immagine, memoria e identità. L’artista indossa fedelmente le divise d’epoca e si inserisce fisicamente nelle immagini, creando un dialogo tra dimensione bidimensionale e tridimensionale, passato e presente. Attraverso pose ripetute e un uso evocativo di suoni ambientali e documentari, la performance riflette sul tempo, le trasformazioni culturali e i modelli maschili, mettendo in luce la memoria collettiva e personale. Il procedimento lento e metodico invita lo spettatore a soffermarsi sull’immagine, creando uno spazio di riflessione tra adesione e distacco, fino a una conclusione che riunisce simbolicamente generazioni diverse in un’intima narrazione familiare.
Santo Tolone, Italia – Brasile 82’ (2009 - 8’15’’)
Santo Tolone prende ispirazione dalla celebre partita di calcio che ha segnato uno dei momenti più iconici nella storia dello sport mondiale: la partita del Campionato Mondiale di Calcio del 1982 tra Italia e Brasile conosciuta con il nome di Tragedia del Sarriá. Un paesaggio montano viene ripreso seguendo gli stessi movimenti di telecamera e riproducendo le medesime inquadrature di una frazione di gioco della partita di calcio Italia-Brasile, trasmessa durante il Mondiale del 1982. La rigida grammatica visiva di uno spettacolo sportivo si sostituisce al libero movimento dello sguardo.
Emma Ciceri, Lode (2009 - loop, 11’)
Lode cattura l'immagine di uno stadio nel silenzio che segue la fine di una partita, quando il pubblico se n’è già andato e l’evento si è ormai concluso. Emma Ciceri ci costringe a rimanere ancora un attimo sugli spalti e ci invita ad esperire di un momento estremamente delicato e al tempo stesso potentissimo, il “subito dopo”: quello che ci immagineremmo di vedere è finito, la narrazione si è spostata in altri luoghi. Sulle gradinate curve, ormai vuote, rimangono soltanto tracce e piccoli accadimenti: i resti della presenza umana, non ancora rimossi, e una moltitudine di fogli di giornale che si sollevano e fluttuano nell’aria, mossi da un soffio di vento. L’opera ci invita a sostare in questa zona liminale, suggerendo una possibilità di visione periferica, laterale, poetica: uno sguardo che si sofferma su ciò che resta, sui margini, sulle presenze minime che continuano a raccontare, in silenzio, la memoria dell’evento.
Antoni Muntadas, On Translation: Celebracions (2009 - 9’36’’)
Questo lavoro è un’opera-saggio sul calcio inteso come linguaggio globale, capace di trasmettere emozioni e significati oltre ogni barriera culturale. L’opera rientra nel progetto On Translation che Muntadas porta avanti dal 1995 sull’analisi dei processi di traduzione culturale, politica ed emotiva. Il In un collage di sole esultanze estratte dai filmati delle partite e decontestualizzate - abbracci, esultanze, grida di gioia, atti di preghiera – l’artista ci invita a riflettere sul potere del gesto sportivo e sul rito collettivo. Il fulcro dell’opera è l’energia rituale dell’esultanza: fenomeni collettivi, spettacolari ma anche intimi, carichi di emozione ed erotismo. Il calcio, vero linguaggio universale, non necessita di traduzione, e da Muntadas viene utilizzato come lente per riflettere sulle dinamiche di potere, sullo spettacolo mediatico, sul fanatismo, sulla ritualità identitaria, sulla violenza e sul controllo attraverso l’emozione di massa.
Giovanni de Cataldo, Microlavadora (2023 - 13’43’’)
Microlavadora è un cortometraggio documentario che racconta il calcio come rituale collettivo e insieme domestico, una rappresentazione sacra e profana, pulsante e silenziosa, attraverso due ambienti in apparenza distanti ma profondamente legati: il pullman dei tifosi — el micro — e la lavanderia del club — la lavadora (lavatrice). Microlavadora mette in scena una metafora visiva e sonora del calcio popolare: una centrifuga di emozioni che parte dalla strada e si chiude nel rito quotidiano e indispensabile del lavaggio. Il film fonde due poli opposti — movimento e riposo, esterno e interno, passione urlata e fatica nascosta — per raccontare il calcio come esperienza collettiva, storica e identitaria. Microlavadora restituisce questo intreccio di memoria e presente con uno sguardo poetico e stratificato, dove ogni viaggio verso lo stadio è anche un ritorno a casa.
Tutti i martedì e domenica proiezioni singole delle opere:
15 e 20 luglio | 12 e 17 agosto | 7 settembre
Danilo Correale, The Game (2013 - 70’)
The Game di Danilo Correale è un’opera di arte partecipativa che, attraverso una partita di calcio a tre porte, mette in discussione le logiche competitive e gerarchiche tipiche del lavoro e dello sport tradizionale. Coinvolgendo lavoratori di tre aziende senesi, il progetto crea uno spazio di sperimentazione collettiva e autoriflessione, ispirato alla “trialettica situazionista” che favorisce dinamiche cooperative e nuove forme di relazione superando l’opposizione rigida tra tesi e antitesi e che nel gioco a tre squadre trova una potente traslazione concreta. L’opera riflette sul valore politico del gioco e del tempo libero, proponendoli come strumenti di resistenza e riappropriazione della soggettività in un contesto di crescente precarietà e frammentazione sociale.
22 e 27 luglio | 19 e 24 agosto | 2 settembre
Sara Sjölin, Sportscast (2018 - 111’)
Riproponendo la partita dei Mondiali di calcio 2018 tra Svezia e Svizzera, Sara Sjölin sostituisce la cronaca originale con un commento inedito, personale e intimo. La voce fuori campo dell’artista racconta episodi autobiografici, riflessioni emotive e scorie di memoria d’infanzia. La partita diventa una «scatola narrativa» all’interno della quale Sjolin costruisce un monologo che oscilla tra umorismo e vulnerabilità creando una dissonanza affettiva affascinante. Sportscast è un lavoro che utilizza la struttura e le convenzioni del calcio come veicolo per esplorare lo storytelling personale, emozionale e auto-ironico. Maturando una forma di intensità poetica e anti-dialettica, Sjölin sfida il confine fra racconto pubblico e intimità, tra evento collettivo e narrazione individuale.
29 luglio | 3, 26 e 31 agosto
Miguel Calderón, México vs Brasil (2004 - 90’)
In México vs Brasil, Miguel Calderón costruisce un falso documentario che simula una storica — e completamente immaginaria — vittoria del Messico sul Brasile per 17 a 0. Attraverso un sapiente montaggio di immagini d’archivio, telecronache e scene ricreate, l’artista mette in scena una sorta di desiderio collettivo: la rivincita sportiva e simbolica di una nazione spesso relegata ai margini del potere calcistico internazionale. Ironico, provocatorio e poetico, il video gioca con la passione viscerale del pubblico messicano per il calcio, trasformando la finzione in verità emotiva. L’opera riflette sul ruolo dei media, sulla costruzione dell’identità nazionale e sul confine sottile tra realtà e immaginazione. Calderón non celebra solo il calcio, ma ne rivela il potenziale come narrazione mitologica e sogno condiviso.
5 e 10 agosto | 9 e 14 settembre
Sam Taylor-Johnson, David (2004 - 90’)
In un singolo, prolungato piano sequenza David Beckham riposa in un hotel di Madrid dopo l’allenamento. Con questa scelta, Taylor-Johnson rompe con l’immagine pubblica e performativa di una delle icone più celebri del calcio, offrendo invece una visione vulnerabile e pacata. L’atleta addormentato, sovverte consapevolmente l’immaginario iper-mediatizzato del calciatore, trasformandolo da figura di potere performativo a soggetto di contemplazione silenziosa. Il lavoro si inserisce in una tradizione iconografica che va dalla scultura rinascimentale alla videoarte concettuale — evocando tanto Michelangelo quanto Andy Warhol — e propone una riflessione sottile sul corpo maschile, sul concetto di celebrità e sulla vulnerabilità come forma alternativa di rappresentazione. Taylor-Johnson non idealizza, ma rallenta il tempo dell’osservazione, rivelando come anche l'immagine pubblica più costruita possa contenere frammenti di intimità e umanità universale.
videogallery | July 15 > September 14, 2025
film screening
OFFSIDE
Artists' gazes on the world of football
Curated by Carolina Latour
"Like any language, football has a purely instrumental moment, governed rigidly and abstractly by a code, and an expressive moment," wrote Pier Paolo Pasolini in an essay published in Il Giorno in 1971, comparing the structure of football to a real linguistic system. As a language - with precise rules yet capable of generating powerful emotional expressions - football has become one of the most widespread, complex, and controversial cultural phenomena of our time, providing artists with fertile ground to narrate and uncover often-hidden aspects of society.
On the occasiono f the exhibition Stadi. Architecture of a myth, this filmscreening retraces over twenty years of artistic exploration, highlighting how football culture has often been reinterpreted by artists to analyze broader social and political dynamics. Borrowing various elements of this language - such as the aesthetics of uniforms, the emotional and identity-driven phenomenon of fandom, the iconicity of the footballer’s role and media exposure, the cult of certain objects, smoke flare colors, and the sacred architecture of stadiums - the works on display become symbolic spaces where issues related to power, the body, gender identity, belonging, and memory emerge.
A recurring approach in the selected works involves altering this language to create logical short circuits and meaning’s shifts, diverging from the conventional flow of a football match to generate new readings. Through the removal of iconic elements - such as the ball - the manipulation of commentary, or the montage of isolated and decontextualized scenes, meaning is unmoored and emptied out, transforming players’ movements into grotesque choreographies or intimate gestures. Often ironic, these works reveal the symbolic constructions based on illusion or the fragility of the system as it is usually portrayed. Intimacy—along with memory, emotional life, and collective identity—emerges as a central thread in many of the featured works; interwoven with a poetic view of the everyday, it finds visual expression in archival photographs, the ritual calm of washing uniforms, the performative involvement of one’s family, or a football commentary that turns into a personal emotional diary.
Though seemingly authentic, football can be manipulated to convey fictitious and identity-driven narratives—but it can also be transformed into an experimental platform for rethinking the relationships between precarity, time, community, and rights. An unstable field, with “imperfect” rules, becomes the space to rediscover the value of play as a tool for self-organization and collective reflection. The goal-scoring moment, as a collective and yet intimate explosion, can be a gesture charged with eroticism, ritual, and belonging, highlighting the ambiguous and layered nature of mass sporting events.
Through multiple viewpoints and diverse approaches, artists explore the myths, rituals, and contradictions of football, offering a complex and layered vision in which power and fragility, spectacle and intimacy, belonging and conflict coexist. In this way, football—like art—proves to be a powerful tool for generating new narratives, subverting entrenched logics, and stimulating a critical and poetic perspective on the world around us.
From Wednesday to Saturday – screening of works by:
Giancarlo Neri, Paola Di Bello, Enzo Umbaca, Stephen Dean, Matteo Peterlini, Cristian Chironi, Santo Tolone, Emma Ciceri, Antoni Muntadas, Giovanni de Cataldo
Every Tuesday and Sunday - solo screenings of works by:
Danilo Correale, Miguel Calderón, Sara Sjölin, Sam Taylor-Johnson
videogallery – free admission | all screenings loop from 11 AM to 7 PM
Works on view from Wednesday to Saturday:
Giancarlo Neri, Il Goal Impossibil (1992 - 6’03”)
"The Impossible Goal" is a classic expression in sports journalism. In this work, Giancarlo Neri explores the tension between desire and failure, between athletic gesture and physical impossibility, transforming the iconic moment of the goal into a paradoxical and visionary act. The piece, suspended between irony and poetry, stages a football action that can never be completed - a goal that will never be scored, yet remains etched in the mind as a symbol of aspiration and limitation. Through a stripped-down and highly evocative language, Neri translates the world of football into a metaphor for the human experience, revealing how the game - and its imagery - can speak of dreams, frustration, momentum, and waiting.
Paola Di Bello, Video-Stadio (1997 - 7’30”)
What’s often hardest to see is what lies right before our eyes - places we forget simply because we’ve seen them too many times. Video-Stadio is a fixed shot of one of the support pillars of the third tier of San Siro Stadium in Milan. At the end of a match, people leave the stadium descending the spiral ramps, and due to a perceptual-visual effect, they seem to set them spinning to the rhythm of a blues soundtrack. Video-Stadio becomes the "stadium" of the video itself - a reflection on the act of taking a point of view. The image completes itself through the gaze of the viewer.
Enzo Umbaca, Ioul never uolc alon (2002 - 4’03”)
In the video, the artist and his wife wear garments embroidered with two halves of a football pitch, standing at the center of the scene surrounded by relatives from both England and Calabria. Together, they form a horizontal chorus singing the Liverpool anthem “You’ll Never Walk Alone”, phonetically Italianized as Ioul never uolc alon. Focusing on intimate relationships, the football field becomes a garment - a tailored outfit, a ceremonial robe. Wearing it means stepping into a role and assuming the specific responsibilities that this uniform/field implies.
Enzo Umbaca, Kick off (2002 - 9’50”)
Set in Piacenza’s football stadium, two children stand on the sidelines holding small flags, composing messages using the international nautical flag code - reinterpreting the expressive, codified language of football fandom through a non-verbal mode. Stripped of visual spectacle, the stadium remains empty, while the projection space is filled with the audio recording of a past match between Piacenza and Inter. The opposing chants of rival fans, translated into the children’s gestures, lose their tribal tone and transform into a surreal kind of play.
Stephen Dean, VOLTA (2003 - 9’)
VOLTA is a video by Franco-American artist Stephen Dean that immerses the viewer in the emotional intensity of a football match - not through the action on the field, but through the eyes of the crowd. Shot inside the iconic Maracanã stadium with a handheld camera, Dean filmed exclusively the fans cheering during various days of the Rio de Janeiro championship, offering a vibrant and chromatically saturated vision of fandom as a ritualistic, collective, and sensorial phenomenon. Dominated by vivid hues and a pulsating visual rhythm, the editing transforms the crowd into a choreographed, almost abstract mass, where every gesture, shout, and movement becomes part of a visual and sonic composition. VOLTA is not a documentary about football, but a poetic, immersive exploration of the social body in a state of collective trance.
Matteo Peterlini, zeroazero (2005 - 9’50”)
zeroazero draws inspiration from the 1982 FIFA World Cup final. Two teams face off on the pitch, the crowd cheers, a goal is scored - but the ball is missing. The object of the game is absent, and with it disappear the meaning, direction, and purpose of the sporting action. The athletic gesture becomes absurd choreography, the fury and strategy a grotesque performance, the stadium a space of collective exaltation. The work explores the symbolic power of football as an identity-forming ritual and a mechanism of national belonging - especially in 1980s Italy, when sport became a shared narrative and a political celebration. What remains on the field, after subtraction, is a hollow collective dance, exposed in its symbolic nakedness: an identity built on the illusion of the game, which, stripped of its core, reveals itself as pure surface of spectacle.
Cristian Chironi, Poster (2006 - 26’51”)
Through the reconstruction and interaction with archival football photographs of his father—an amateur player in Sardinia between the 1960s and 1980s—Cristian Chironi explores the relationship between image, memory, and identity. The artist faithfully wears period uniforms and physically inserts himself into the images, creating a dialogue between the two- and three-dimensional, past and present. Through repeated poses and evocative use of environmental and documentary sounds, the performance reflects on time, cultural transformations, and masculine models, highlighting both collective and personal memory. The slow and methodical process invites the viewer to linger on the image, creating a space for reflection between involvement and detachment, leading to a conclusion that symbolically unites different generations in an intimate family narrative.
Santo Tolone, Italia – Brasile 82’ (2009 - 8’15”)
Santo Tolone draws inspiration from one of the most iconic moments in the history of world football: the 1982 World Cup match between Italy and Brazil, known as the Tragedy of Sarriá. A mountain landscape is filmed by replicating the same camera movements and recreating the same framings of a segment of that game. The rigid visual grammar of a sports broadcast replaces the free movement of the gaze.
Emma Ciceri, Lode (2009 - loop, 11’)
Lode captures the image of a stadium in the silence that follows the end of a match, when the crowd has already left and the event has come to a close. Emma Ciceri compels us to linger a moment longer in the stands and invites us to experience an extremely delicate yet powerful moment: the immediate aftermath. What we expected to see is over, and the narrative has moved elsewhere. On the now-empty curved terraces, only traces and small occurrences remain: remnants of human presence, not yet cleared away, and a multitude of newspaper pages rising and fluttering in the air, stirred by a breath of wind. The work invites us to pause in this liminal space, suggesting the possibility of a peripheral, lateral, poetic gaze—one that lingers on what remains, on the margins, on the minimal presences that continue to silently recount the memory of the event.
Antoni Muntadas, On Translation: Celebracions (2009 - 9’36”)
This work is an essay-video on football as a global language, capable of conveying emotions and meanings beyond all cultural barriers. Part of the On Translation project that Muntadas has pursued since 1995—focusing on cultural, political, and emotional translation processes—the video is a collage of celebrations extracted from match footage and decontextualized: embraces, jubilations, shouts of joy, acts of prayer. The artist invites us to reflect on the power of the sporting gesture and the collective ritual. At the heart of the piece is the ritual energy of celebration: collective phenomena that are spectacular but also intimate, charged with emotion and eroticism. Football, as a true universal language, requires no translation—and Muntadas uses it as a lens to examine dynamics of power, media spectacle, fanaticism, identity ritual, violence, and control through mass emotion.
Giovanni de Cataldo, Microlavadora (2023 - 13’43”)
Microlavadora is a short documentary film that portrays football as both a collective and domestic ritual—a sacred and profane representation, at once pulsating and quiet—through two seemingly distant yet deeply interconnected settings: the fans’ bus (el micro) and the club’s laundry room (la lavadora). The film stages a visual and sonic metaphor for grassroots football: a centrifuge of emotions starting from the street and culminating in the everyday ritual of washing. It weaves together two opposites—movement and rest, outside and inside, shouted passion and hidden labor—to portray football as a collective, historical, and identity-based experience. Microlavadora offers this interweaving of memory and present with a poetic and layered gaze, where each journey to the stadium is also a return home.
Solo screenings – every Tuesday and Sunday
Danilo Correale, The Game (2013 - 70’)
July 15, 20 | August 12, 17 | September 7
The Game is a participatory art project that, through a three-goal football match, challenges the competitive and hierarchical logic typical of both traditional sports and the workplace. Involving employees from three companies based in Siena, the project creates a space for collective experimentation and self-reflection, inspired by Situationist “trialectics” — a model that encourages cooperative dynamics and new forms of relation by moving beyond the rigid opposition of thesis and antithesis. This conceptual approach finds a powerful, tangible translation in the structure of a three-team game. The work explores the political value of play and leisure, presenting them as tools for resistance and the reclaiming of subjectivity within a context of increasing precarity and social fragmentation.
Sara Sjölin, Sportscast (2018 – 111’)
July 22, 27 | August 19, 24 | September 2
Replaying the 2018 FIFA World Cup match between Sweden and Switzerland, Sara Sjölin replaces the original commentary with a new, personal, and intimate narration. The artist’s voice-over recounts autobiographical episodes, emotional reflections, and fragments of childhood memories. The match becomes a “narrative container” in which Sjölin builds a monologue that moves between humor and vulnerability, creating a compelling emotional dissonance. Sportscast is a work that uses the structure and conventions of football as a vehicle to explore personal, emotional, and self-ironic storytelling. Developing a form of poetic and anti-dialectical intensity, Sjölin challenges the boundary between public narrative and intimacy, between collective event and individual story.
Miguel Calderón, México vs Brasil (2004 - 90’)
July 29 | August 3, 26, 31
In México vs Brasil, Miguel Calderón constructs a fake documentary that simulates a historic — and entirely imaginary — 17–0 victory of Mexico over Brazil. Through a skillful montage of archival footage, commentary, and recreated scenes, the artist stages a kind of collective desire: the sporting and symbolic revenge of a nation often relegated to the margins of international football power. Ironic, provocative, and poetic, the video plays with the Mexican public’s visceral passion for football, turning fiction into emotional truth. The work reflects on the role of the media, the construction of national identity, and the thin line between reality and imagination. Calderón doesn’t just celebrate football — he reveals its potential as mythological narrative and shared dream.
Sam Taylor-Johnson, David (2004 - 90’)
August 5, 10 | September 9, 14
In a single, extended long take, David Beckham is seen resting in a Madrid hotel after training. With this choice, Taylor-Johnson breaks away from the public and performative image of one of football’s most iconic figures, instead offering a vulnerable and tranquil portrayal. The sleeping athlete consciously subverts the hyper-mediated image of the footballer, transforming him from a figure of performative power into a subject of quiet contemplation. The work fits within an iconographic tradition ranging from Renaissance sculpture to conceptual video art — evoking both Michelangelo and Andy Warhol — and offers a subtle reflection on the male body, the notion of celebrity, and vulnerability as an alternative form of representation. Taylor-Johnson does not idealize but slows down the act of observation, revealing how even the most carefully constructed public image can contain fragments of intimacy and universal humanity.