Fotografia ’80–’90–2000

Informazioni Evento

Luogo
STUDIO GUENZANI
Via Bartolomeo Eustachi 10, Milano, Italia
Date
Dal al

dal martedì al sabato, dalle 15.00 alle 19.30

Vernissage
24/10/2016
Artisti
Cindy Sherman, Louise Lawler, Hiroshi Sugimoto, Robert Mapplethorpe, Gabriele Basilico, Nobuyoshi Araki, Matteo Rubbi, Luisa Lambri, Catherine Opie, James Welling
Generi
fotografia, collettiva
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Studio Guenzani presenta “Fotografia ’80 – ’90 – 2000”, una selezione di opere di artisti della galleria che hanno utilizzato la fotografia come strumento di espressione artistica, rinnovandone il linguaggio.

Comunicato stampa

Studio Guenzani presenta “Fotografia ’80 – ’90 – 2000”, una selezione di opere di artisti della galleria che hanno utilizzato la fotografia come strumento di espressione artistica, rinnovandone il linguaggio. Le opere in mostra raccontano il periodo che percorre gli anni ’80 e ’90, fino ad arrivare agli anni 2000, attraverso le fotografie di: Nobuyoshi Araki, Gabriele Basilico, Luisa Lambri, Louise Lawler, Robert Mapplethorpe, Catherine Opie, Cindy Sherman, Hiroshi Sugimoto, Matteo Rubbi e James Welling.

Le fotografie di Nobuyoshi Araki, nato nel 1940 a Tokyo, dove tuttora vive e lavora, raccontano momenti di vita nella metropoli giapponese: scene intime, immagini di strada, nudi di donne pervasi di erotismo e malinconia.

Gabriele Basilico (Milano 1944 – 2013) ha scelto la città come terreno delle sue esplorazioni fotografiche: luoghi che il fotografo riprende incessantemente, nelle ore più deserte, inquadrando spazi e architetture urbane noti e meno noti, con rappresentativo rigore tecnico e metodologico.

Il lavoro di Luisa Lambri, nata a Como nel 1969, riguarda un ampio spettro di temi che ruotano attorno alla condizione umana e alle sue relazioni con lo spazio e la luce. Aspetti dell’astrattismo e del minimalismo, così come il femminismo, contribuiscono in modo ugualmente importante alle composizioni dell’artista.

Louise Lawler, nata a Bronxville (New York) nel 1947, indaga l’arte e suoi ruoli fotografando opere d’arte. L’artista vuole mettere in luce le modalità con le quali esse sono scelte e mostrate nei luoghi deputati alla fruizione d’arte, sottolineando l’influenza del contesto sulla nostra percezione dell’oggetto artistico.

Robert Mapplethorpe (1946 – 1989) è stato un artista statunitense che ha realizzato la maggior parte delle fotografie in bianco e nero, in studio. Mappletorphe ha documentato la scena S&M newyorkese, attraverso fotografie di forte impatto per il loro contenuto e notevoli per la maestria tecnica e formale.

Le immagini create da Catherine Opie, nata a Sandusky, Ohio, nel 1961, richiamano i grandi maestri classici del ritratto e del paesaggio. Gli aspetti formali, concettuali e documentari sono compresenti nel lavoro dell’artista americana, che ha saputo raccontare e analizzare luoghi e persone con visioni affascinanti del minimalismo e perfezione tecnica.

Cindy Sherman, nata nel 1954 a Glen Ridge, New Jersey, si serve esclusivamente della macchina fotografica, della propria immagine e di un complesso apparato di oggetti di scena, costumi, trucchi, maschere, protesi artificiali, per creare fantastici scenari in cui interpretare ruoli sempre diversi.

Un aspetto fondamentale della fotografia di Hiroshi Sugimoto, nato a Tokyo nel 1948, è quello del lavoro in serie che, attraverso la comparazione, permette di coglierne il più profondo significato. Nell’opera di Sugimoto la fotografia è come se riportasse a un innocente stato di meraviglia e contemplazione.

Le opere di Matteo Rubbi, nato a Bergamo nel 1980, innescano una riflessione sul ruolo di ciascuno all'interno del proprio contesto, ridefinendo la relazione tra pubblico e opera d’arte. La sua nuova opera è una fotografia nata durante un workshop all'Istituto Calasanzio di Empoli. Pensando al cielo sopra la città, stelle e costellazioni sono state ridisegnate passeggiando per Empoli e giocando con la tecnica del rayogramma nel laboratorio di scienze. La macchina del tempo, qui presentata, è una costellazione inventata mettendo insieme pezzetti di carta, conchiglie, ruote meccaniche e vetrini.

Nel lavoro di James Welling, nato a Hartford nel 1951, l’ambiguità delle immagini sfida il modello di percezione e di apprendimento derivanti dall’osservazione di una fotografia, portando a riflettere su problematiche che vanno al di là delle questioni specifiche a questa modalità di riproduzione del reale.