Fabrizio Prevedello – Verde

Informazioni Evento

Luogo
CARDELLI & FONTANA - ARTE CONTEMPORANEA
Via Torrione Stella Nord 5, Sarzana, Italia
Date
Dal al

martedì - sabato ore 9.30/12.30 - 16.30/19.30
lunedì 16.30/19.30

Vernissage
15/09/2012

ore 18

Catalogo
Catalogo: Edizioni Cardelli & Fontana. Italiano/inglese
Artisti
Fabrizio Prevedello
Curatori
Ilaria Mariotti
Generi
arte contemporanea, personale
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La Galleria Cardelli e Fontana ospita la prima mostra personale di Fabrizio Prevedello, dopo la presentazione del progetto Rendere parole alle parole del 2010, intitolata Verde, a cura di Ilaria Mariotti.

Comunicato stampa

La Galleria Cardelli e Fontana ospita la prima mostra personale di Fabrizio Prevedello, dopo la presentazione del progetto Rendere parole alle parole del 2010, intitolata Verde, a cura di Ilaria Mariotti.
Una serie di sculture, per la maggior parte di nuova produzione, costruiscono un percorso che coglie, visualizza e restituisce in forma di segni grafici elementi che le cose della natura e dell’antropizzazione del paesaggio pongono all’occhio. Focalizzandosi su frammenti, particolari che solo in una visione generale al “paesaggio” rimandano e richiedono al contempo astrazione e ri-contestualizzazione, Prevedello lavora sugli aspetti culturali che emergono dai particolari della natura e dalla loro relazione con l’essere umano.

In questa mostra, sculture realizzate in cemento si alternano a gessi e marmi. La pietra, lavorata, si polverizza, si impasta, si scolpisce, si salda con altri materiali. I cementi, colati in casseri di legno, del legno recano visibili le tracce nelle venature. Una memoria che viene da lontano, quella artigianale, s’innesta su materiali industriali, prodotti del lavoro dell’uomo sulla materia e costruisce forme e strutture il cui processo di lavorazione è spesso lasciato “a vista”.

La trasformazione indica passaggio, oltre che di stato, di tempo. Quel tempo che, come ci insegna l’esperienza, fa sì che il verde primaverile si trasformi progressivamente in giallo e bruno, per poi tornare a essere verde l’anno successivo. Verde non è qui colore soltanto ma una dimensione esperienziale e culturale dello scorrere del tempo, quel tempo che permette la sopravvivenza di tracce di una presenza umana e di vita domestica. I piccoli bassorilievi in marmo presenti in mostra ritraggono piante di noce: tradizionalmente quest’albero veniva piantato dal nonno alla nascita del nipote e quest’ultimo, cresciuto insieme alla pianta, ne avrebbe potuto utilizzare il legno. Gli alberi ritratti sono siti in zone di montagna, di fianco a ruderi di case abbandonate; quell’antico rito di passaggio tra l’uomo e la natura è stato interrotto e gli alberi restano a segnare un passaggio altrimenti invisibile.

Gli edifici, quando si deteriorano, assumono le sembianze di scheletri giganteschi, rimanendo visibili solo le nervature, le strutture portanti. In Un giorno anche a te piacerà il marrone una struttura di cemento armato si ramifica in una forma che ricorda le ossature di certe architetture di Pier Luigi Nervi. Ai suoi piedi un fico d’India cresce, prendendo forse il posto di un progetto rimasto incompiuto, ed entrando in relazione formale con la struttura in cemento. Entrambe, il cemento e la pianta, si configurano quali forme di resistenza, anche fisica, al trascorrere del tempo. Spesso nei processi di Prevedello, pur nella potenza massiccia di alcuni materiali, le tracce visibili della progettualità sono l’evidenza di un equilibrio raggiunto ma instabile, certezza e saldezza di un momento pronte a essere rimesse in discussione un attimo dopo.

Elementi di incertezza, pericolo imminente, la messa in guardia rispetto alla caducità dell’esperienza umana di fronte a ere universali ben più lunghe, sono la punteggiatura di Verde. Dove le sculture, insistendo sulla contrapposizione dei materiali, sulla leggerezza e pesantezza, sulle modalità delle loro lavorazioni, escono dallo spazio a loro destinato. Si configgono nelle pareti della galleria, si relazionano a quest’ultima attraverso una serie di segni e intromissioni, ne usano le pareti quale foglio bianco da cui emergono frammenti, particolari di un tutto, offrendo così spazi di meditazione che punteggiano il percorso e generano nell’osservatore diverse modalità di relazione.

I pieni e i vuoti che caratterizzano questo percorso si concludono nello spazio vuoto lasciato dal calco del monte Sagro, montagna simbolo delle Alpi Apuane. Un ritratto fatto a memoria, calcato con il gesso. Il guscio, diviso in tre pezzi, è affisso sulle pareti tramite agganci e snodi di ferro. Al centro, un vuoto. Quello lasciato dal ritratto della montagna, rimosso. Calcare per conservare memoria di una fisionomia che, col passar del tempo, verrà scavata ancora e di continuo modificata.