Fabio Mauri – The end
Installazioni, oggetti, performance, opere, emozioni e visioni dell’artista che ha fatto dell’ideologia un materiale dell’arte. La retrospettiva, a cura di Francesca Alfano Miglietti, si concentra sui ‘classici’ del lessico di Mauri, opere in cui si evidenzia la sua propensione per l’esposizione come momento di coinvolgimento dello spettatore attraverso oggetti e immagini presi in prestito dalla storia, personale e collettiva, e introdotti nel contesto artistico.
Comunicato stampa
Dal 19 giugno al 23 settembre 2012 Palazzo Reale ospita in esclusiva nelle sue sale uno straordinario progetto espositivo: Fabio Mauri. The end. La mostra, - curata da Francesca Alfano Miglietti e prodotta dal Comune di Milano – Cultura Moda Design, raccoglie per la prima volta le opere più importanti di FABIO MAURI: installazioni, oggetti, performance, opere, emozioni e visioni dell’artista che ha fatto dell’ideologia un materiale dell’arte.
Il progetto, nelle suggestioni di un edificio altamente simbolico della città, si muove su diversi registri espositivi che insieme costituiscono un itinerario unitario e coerente: un primo percorso, più intimo, per l’esposizione di una raccolta inedita di disegni, un secondo percorso, inaspettato e palese, delle più importanti installazioni di Fabio Mauri, e un ultimo che raccoglie una ricca selezione di ‘Schermi’, le prime opere monocrome dell’artista realizzate alla fine degli anni Cinquanta che contengono già il riferimento al cinema e alla civiltà contemporanea dell'immagine.
Artista e drammaturgo, fondatore di due riviste critiche e protagonista dell'avanguardia italiana a partire dagli anni Cinquanta, Fabio Mauri intreccia storia e destino individuale nella sua poetica, che si struttura nei suoi primi diciotto anni di vita: la guerra, la conversione, la follia, il dramma degli amici ebrei mai più tornati, la scoperta del fascismo reale.
Questa prima grande retrospettiva istituzionale milanese si concentra sui “classici” del lessico artistico di MAURI, opere in cui si evidenzia la sua propensione per l’esposizione come momento di coinvolgimento dello spettatore attraverso oggetti e immagini presi in prestito dalla storia, personale e collettiva, e risignificati nel contesto artistico.
“Lo sguardo che richiedono le opere di Fabio Mauri” scrive Francesca Alfano Miglietti in catalogo “è uno sguardo en voyeur (inevitabile controfaccia della pietas). Ci chiedono di osservare dunque. Di identificarci e, nel contempo, di mantenere la distanza. E’ forte il disagio di un’assenza fuori dal luogo.
C’è una stretta somiglianza, nella lingua tedesca, tra i verbi vorfuhren (“mostrare”, “proiettare”) e ver-fuhren (“sedurre”): ed hanno in comune fuhren, che vuol dire “guidare”. L’opera si eclissa progressivamente. Il “vedere” e il “far vedere”, sono elementi costanti nella poetica di Fabio Mauri, così come il bisogno di realizzare un’opera fruibile in tutte le sue parti, la possibilità, cioè, di mettere lo spettatore in grado di svolgere le attività di riflessione o di ricordo o, comunque, di partecipazione emotiva”.
Nel suo complesso, la mostra di Fabio Mauri a Milano propone quello che da sempre è il tema centrale della poetica dell’artista: una riflessione sull’arte declinata con i toni, a lui più congeniali, della tensione ideologica, come allusione alla condizione drammatica dell’uomo nella dialettica tra struttura e materia, tra forma, immagine e storia. A Palazzo Reale sarà possibile vedere alcune delle opere più rigorose e importanti di Fabio Mauri.
La tensione tra espressività artistica e macabra realtà evocata in Ebrea (1971), installazione abitata da oggetti-sculture che simulano una provenienza umana - pelle, denti, ossa, capelli di ebrei morti nei campi di sterminio nazisti – emoziona lo spettatore e lo accompagna in una diretta esperienza del male. Uno stato d’animo simile alla progressiva inquietudine generata dai contrasti di Che cosa è il fascismo (1971), ricostruzione simulata di una cerimonia di “ludi juveniles” d'epoca fascista, costruita tra l'apparente normalità degli eventi e la presenza di segnali negativi. La denuncia diventa invece sottile e a tratti ironica in Manipolazione di cultura (1976), analisi critica dell'ideologia attraverso le immagini da essa prodotte e propagandate, in cui le fotografie icone dell’epoca fascista e nazista sono accompagnate da zone d’ombra in forma di monocromi neri e didascalie spesso tautologiche, paradossali, descrittive.
All’interno del percorso la monumentale installazione Il Muro Occidentale o del Pianto, (1993), una parete costruita con vecchie valigie di cuoio, di varie forme e dimensioni, alta 4 metri e originariamente parte dell’allestimento di “Ebrea” in occasione della 45° Biennale di Venezia. Il muro è un esplicito riferimento al Muro del Pianto di Gerusalemme, simbolo della divisione del mondo, dell'esilio, della fuga forzata.
I materiali e le risorse formali di The end sono sobri, diretti e generano facilmente evocazioni del sacro. Le sue opere sono una riflessione sull’arte e sull’uomo, testimonianza delle riflessioni poetiche da sempre al centro del suo affascinante lavoro. Installazioni, video, documenti e fotografie degli ultimi trent’anni saranno esposte nelle sale di Palazzo Reale in un percorso dedicato ad un artista considerato maestro per le giovani generazioni: un autore fortemente contemporaneo, capace di agire e sperimentare molteplici linguaggi espressivi senza mai nessuna concessione al consenso. Un percorso potente e poetico in cui la parola ‘memoria’ non è rivolta al passato, ma diviene un allarme per le possibili vicende future.
A Kassel, in occasione di dOCUMENTA (13), con pochi giorni di anticipo sull'apertura della mostra di Milano, è stata presentata la performance Che cosa è la filosofia. Heidegger e la questione tedesca. Concerto da tavolo. Un altro grande tributo a Fabio Mauri, da parte di una delle rassegne di arte contemporanea più prestigiose al mondo.