Eugenio Giliberti – Bisbigli nelle stanze di Aurelia

Informazioni Evento

Luogo
PALAZZO DUCALE
Piazza Roma , Martina Franca, Italia
Date
Dal al

dalle 18:00 alle 20:00 tutti i giorni
dalle 17:00 alle 19:00 il 14, 18, 22, 27, 29, 31 luglio e 2 agosto

Vernissage
16/07/2012

ore 18

Biglietti

ingresso libero

Patrocini

promossa dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia e dalla Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici della Puglia, e realizzata con un finanziamento erogato dalla Regione Puglia-Assessorato al Mediterraneo, alla Cultura e al Turismo nell'ambito del PO FESR 2007/2013 Asse IV.3.2.

Artisti
Eugenio Giliberti
Curatori
Fabrizio Vona, Angela Tecce
Generi
arte contemporanea, personale
Loading…

Il titolo della mostra è un omaggio ad Aurelia Imperiali, sposa e presto vedova di Petracone V, dai costumi morigerati e dall’intenso sentimento religioso, che abitò il palazzo fino a 92 anni (1678-1770).

Comunicato stampa

Domenica 15 luglio 2012 alle ore 18.00 nel Palazzo Ducale di Martina Franca si inaugura la mostra “Bisbigli nelle stanze di Aurelia”, Eugenio Giliberti, promossa dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia e dalla Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici della Puglia, e realizzata con un finanziamento erogato dalla Regione Puglia-Assessorato al Mediterraneo, alla Cultura e al Turismo nell'ambito del PO FESR 2007/2013 Asse IV.3.2. Alla manifestazione hanno dato la propria collaborazione il Comune di Martina Franca, il Centro artistico musicale Paolo Grassi di Martina Franca (TA) e la Banca Popolare di Bari. La manifestazione di arte contemporanea organizzata in concomitanza con il Festival Musicale della Valle d'Itria, giunto alla 38° edizione, è a cura di Fabrizio Vona e Angela Tecce.
Il titolo della mostra è un omaggio ad Aurelia Imperiali, sposa e presto vedova di Petracone V, dai costumi morigerati e dall’intenso sentimento religioso, che abitò il palazzo fino a 92 anni (1678-1770). Rispondendo al tema dell’edizione 2012 del Festival della Valle d’Itria, dedicato ai contrasti - a cui rimanda il verso di Torquato Tasso in esergo al Festival, nelle sale del Palazzo, tenute in penombra - come si suole per combattere la calura estiva e mantenere in buono stato dipinti e arredi di una casa padronale - l’installazione di Giliberti trae ispirazione da una delle “operette morali” di Giacomo Leopardi. Nella prima sala, in un ambiente oscurato, piccole sculture in cera, fissate a un disco rotante, raffigurano un omino ripreso in 48 diverse posizioni della corsa, del salto e del volo (Volo di un omino giallo - 2010) -. La luce intermittente, sincronizzata con il passaggio in un punto delle figurine, crea l’illusione del movimento come in un cartone
PO FESR 2007/2013
Investiamo nel vostro futuro
animato tridimensionale. Il lavoro ispirato all’Elogio degli uccelli di Leopardi - qui allude alla necessità per
l’arte di assumere un atteggiamento di estraneità ai conflitti per coglierne il senso. Essi vanno guardati
dall’alto, non prendendone parte: una posizione di alterità, destinata a trovare verifiche e conferme solo nel
futuro e non nel presente dello scontro.
Sull’ambiente successivo, sorta di anticamera della sala più grande detta “dell’Arcadia” si aprono le porte
della piccola cappella privata dei duchi di Martina. Al centro, in posizione frontale rispetto all’altare della
cappella, l’artista, sempre interessato e attratto dalle tracce del vissuto dei luoghi dove è chiamato a mostrare
il proprio lavoro, con il semplice gesto di spostare l’inginocchiatoio dalla cappella (cui peraltro non è
coerente per qualità e dimensione) evoca la vita vissuta nella grande residenza dalla duchessa Aurelia. Per
sua dichiarazione l’inginocchiatoio non è “opera” come gli altri elementi della mostra, ma contribuisce alla
realizzazione della sua atmosfera.
Nella terza sala (dell’Arcadia) tre oggetti, drammatizzati dai fasci di luce che contrastano con la penombra
della sala, declinano ulteriormente il tema: da un arredo liturgico proveniente dalla chiesa di San Nicola dei
Greci, un Confessionale (2012), settecentesco – arredo liturgico già presente nel palazzo ma ricollocato in
altro luogo e ripulito della vernici stratificate per concorrere alle nuove esigenze installative dell’artista - ha
origine un bisbiglio sonoro che recita una lettera di scuse del poeta marchigiano allo zio Carlo Antici per
aver falsificato la sua firma in calce a una “tratta”, fatto che, scoperto, gli aveva causato un solenne
rimprovero e provocato notevole disagio nelle relazioni familiari. Affrontato a questo lavoro è Senza titolo,
2012, uno zoccolo di legno di noce di uguale ingombro orizzontale del confessionale e alto cm 15, su cui è
collocata una riproduzione in plastilina bianca del Palazzo Ducale. Dello stesso materiale è realizzato anche
Senza titolo, 2012, il paio di scarpe femminili, dal disegno “barocco” , poste in contrasto con la fascia scura
che decora il pavimento in marmo chiaro della sala e che potremmo immaginare essere le scarpe della
vedova giovane ma rinviano idealmente a quelle calzature mai indossate dalle figure scalze dei dipinti di
Caravaggio quanto a quelle dei musulmani lasciate fuori la moschea.
La mostra finisce così per essere un gioco di rimandi e parentele: da Tasso a Leopardi (si può ricordare a
questo proposito il Dialogo di Torquato Tasso e del suo Genio Familiare); dal fedele mussulmano alla
fervente duchessa Aurelia, dal superbo contenitore alla sua riduzione a “contenuto” un coacervo di rimandi e
contrasti cui l’artista risponde con gli occhi della meraviglia del gioco, l’omino che vola, e col disincanto
della triste storia di debiti e sotterfugi cui il nostro maggior poeta e pensatore del XIX secolo fu costretto.