Enzo Gagliardino / Ferdi Giardini

Informazioni Evento

Luogo
RICCARDO COSTANTINI CONTEMPORARY
via Goito, 8 - 10125 , Torino , Italia
Date
Dal al

da mar. a sab. 11:00 - 13:00 | 15:00 - 19:30

Vernissage
12/07/2022

ore 18

Artisti
Enzo Gagliardino
Curatori
Virginia Fungo
Generi
arte contemporanea
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Enzo Gagliardino “In limine” + (project room) Ferdi Giardini “Dammi ancora colori per vivere”.

Comunicato stampa

Enzo Gagliardino

In limine
a cura di Virginia Fungo

12 luglio | 10 settembre 2022

Ferdi Giardini

dammi ancora colori per vivere

12 luglio | 10 settembre 2022

Martedì 12 luglio alle ore 18 presso gli spazi della galleria Riccardo Costantini Contemporary in via Goito, 8 a Torino, doppia inaugurazione delle mostre di Enzo Gagliardino "In limine" e, nella project room, di Ferdi Giardini "Dammi ancora colori per vivere"

Enzo Gagliardino presenta una serie di lavori pittorici inediti e alcune opere degli anni Ottanta. Qui di seguito il testo di Virginia Fungo:

In limine apre la raccolta Ossi di seppia, soglia della raccolta ma anche tema ricorrente dell’opera montaliana come confine tra prigionia esistenziale e libertà. Quest’ultima inseguita dall’essere umano nelle maniere più differenti, adattandosi a vivere in diversi contesti, in cui trascorrere un’esistenza caratterizzata dalla ricerca di un luogo da trasformare nella propria ‘zona di libertà’. Ad oggi, la maggior parte degli uomini vive in un contesto urbano, nella città con tutti gli edifici che ne sono parte: case, uffici, ospedali, carceri, piazze, campetti. Nel corso del tempo, si instaura uno scambio reciproco tra uomo, città e architettura: il contesto urbano influenza le abitudini dell’uomo, il quale poi modifica il luogo in cui vive, nell’intento di trovare un equilibrio tra il senso di costrizione legato al vivere in un determinato tipo di società e la libertà individuale.

In questa ricerca del proprio luogo ideale, ciascuno di noi cambia abitazione, ne vive in maniera personale l’interno, anche in base alle proprie possibilità economiche e sociali. Spesso da bambini succedeva (almeno a me) di passare per strade e vie, percorrere tratti in auto o in treno e guardare le facciate e le finestre di case, uffici, ospedali, immaginandosi le vite delle persone che si trovavano al loro interno. Passando da case sfarzose a case popolari, figurandosi anche le differenti abitudini e stati d’animo degli abitanti in base alla tipologia di casa.

La stessa sensazione si prova guardando gli edifici oggetto della ricerca artistica di Enzo Gagliardino, che ne dipinge le facciate, le finestre, gli elementi costitutivi, ma in un modo che porta a interrogarsi su ciò che è oltre al visibile, su chi e ciò che sta dietro alla facciata, le vite dietro al muro di mattoni. Trovandosi così sulla soglia tra l’esterno di palazzi dipinti e le situazioni dietro di essi, che spetta a noi immaginare; la presenza umana è assente, ma è proprio in questa assenza che ne possiamo fantasticare invece l’esistenza al di là delle finestre e delle pareti. I muri degli edifici legati alla periferia, che spaziano da case popolari a scuole, campi da calcio, fabbriche, carceri sono rappresentati in modo geometrico ed essenziale diventando anonimi e difficilmente riconoscibili: elemento che divide l’interno dall’esterno, che protegge e allo stesso tempo limita.

Nei lavori di Gagliardino si ripetono griglie, prospettive e spazi sempre simili, tanti estratti dell’atmosfera delle città di mattoni e cemento in cui viviamo, di quei luoghi anonimi e talvolta stranianti in cui abbiamo abitudini indotte e consuetudini che mettono in forse la personalità individuale. In un modo che, talvolta, può diventare inquietante: nell’omologazione al luogo e allo stile di vita, nel sentirsi indissolubilmente legati alla propria condizione, a una ricerca del proprio posto nel mondo e della felicità che viene costantemente interrotta, mai raggiunta. Ma, allo stesso tempo, questi sono i luoghi in cui possiamo costruire il nostro io e cercare la libertà: nella socialità di una partita a calcio in un campetto di periferia come nelle personali abitudini domestiche. Ecco allora che quei muri, quelle facciate di mattoni, oltre a essere protezione o limite e un confine, sono anche terra di mezzo tra consuetudini e costruzione del sé, soglia in cui si snoda il continuo intreccio tra senso di prigionia e slancio verso la libertà, con l’azione che entrambi esercitano sull’altro.

Virginia Fungo

Ferdi Giardini presenta nella project room una opera installativa di alluminio, trasformato con la consueta sapienza alchemica dell'artista torinese, e led. Si tratta di un'opera di rara bellezza formale che offre continuità alla ricerca dell'artista nell'applicazione della luce a opere scultoreo/installative.