Elisabetta Benassi – It starts with the firing
Concepita specificamente per la Collezione e presentata in occasione del festival di Fotografia Europea, l’esposizione prende avvio dalla polemica nata intorno a un’opera di Carl Andre, intitolata Equivalent VIII, composta da 120 mattoni posizionati su due file sovrapposte a formare un rettangolo.
Comunicato stampa
Concepita specificamente per la Collezione e presentata in occasione del festival di Fotografia Europea, l'esposizione prende avvio dalla polemica nata intorno a un’opera di Carl Andre, intitolata Equivalent VIII, composta da 120 mattoni posizionati su due file sovrapposte a formare un rettangolo. Il lavoro venne acquistato dalla Tate Gallery di Londra nel 1972 per diverse migliaia di sterline. La stampa inglese dell’epoca attaccò l’acquisto, ridicolizzando la decisione del museo con articoli e vignette.
Elisabetta Benassi è tornata sulle tracce di questi materiali, ora conservati nell'Archivio della Tate, per riaprire quella polemica e rimetterla in movimento, estrapolando alcune frasi dai ritagli dei giornali originali, riuniti in un libro d’artista e trasformati nei manifesti affissi a Reggio Emilia.
La mostra inizia dunque fuori, nella città: cinque frasi stampate su manifesti affissi in periferia e sugli autobus che attraversano il centro storico di Reggio. Sono in inglese, parlano di mattoni. Dal fuori al dentro, i manifesti ci accompagnano nello spazio dell’esposizione. Le opere di Benassi mettono in relazione “oggetti”che appartengono alla storia del luogo – la prima fabbrica di Max Mara, ora sede della Collezione – con altre presenze che si legano a una vicenda più ampia, creando una serie di “tappe” in un percorso che può essere liberamente composto dallo spettatore. Ogni stanza presenta un’opera sopravvissuta alla sparizione del contesto che inizialmente la ospitava. L’instabilità, gli enigmi che queste opere propongono non hanno però nulla di vago; puntano invece a qualcosa che ci è sin troppo familiare: la perdita di fiducia nelle promesse della tecnica, il mondo postumo che viene dopo i fallimenti sia delle ideologie che dei loro supposti rimedi, l’abbandono alle forze che disperdono, rinselvatichendole, memorie e comunità.
Cosa ci insegna quella lontana polemica intorno all’opera di Carl Andre conservata alla Tate? Probabilmente che le nostre certezze sulla maggiore lungimiranza e sensibilità del nostro tempo sono in sostanza illusioni, che i “mattoni” della nostra società – come i “valori” in cui essa confida – sono sempre precari, che le strutture sono sempre sul punto di crollare, ma anche capaci di trasformarsi, nelle mani dell’artista, da elementi in qualche modo vincolati a tessere di un mosaico multiforme.
Per maggiori informazioni, la preghiamo di visitare il nostro sito.
A partire dalle ore 19.00 saranno liberamente visitabili anche la collezione permanente e il progetto Postnaturalia di Krištof Kintera.
Nella stessa occasione sarà accessibile, per la prima volta, lo studio dell’Atelier dell’Errore BIG, gruppo dei ragazzi maggiorenni dell’Atelier dell’Errore, che ogni settimana si incontrano per disegnare insieme al terzo piano della Collezione. Oltre a una selezione di disegni emblematici della produzione dei ragazzi – lavori su fondo bianco, perlopiù di formato irregolare, accolti in scrigni lignei – la mostra include le recenti opere su “fondo nero” che propongono una rilettura in chiave entomologica dei vizi capitali. In uno degli ambienti di lavoro saranno inoltre proiettati degli scatti fotografici connessi alle ultime produzioni dell’Atelier, in cui la visione ravvicinata del segno si trasforma in suggestione astratta, offrendo un possibile percorso di lettura e un viaggio all’interno del processo di creazione dei disegni.