Donne possedute ma libere

Informazioni Evento

Luogo
MUSEO D'ARTE CINESE ED ETNOGRAFICO
Viale S. Martino 8, Parma, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

da martedì a sabato dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19. La domenica dalle 15 alle 19

Biglietti

La visita alla mostra è compresa nel costo del biglietto di ingresso al Museo: € 5 standard - € 2 minorenni. Gratis: disabili, giornalisti con tesserino, insegnanti in accompagnamento di gruppi scuola. Il museo osserverà la chiusura estiva nel mese di agosto.

Generi
archeologia

Le donne Moussey del Ciad tra possessione sacra e liberazione sociale: la nuova mostra condurrà i visitatori nel cuore di una delle pratiche rituali più affascinanti e complesse dell’Africa subsahariana.

Comunicato stampa

Il Museo d’Arte Cinese ed Etnografico di Parma ha in programma una nuova mostra dal titolo “Donne possedute ma libere” dalle 9.00 di martedì 15 luglio a domenica 28 settembre 2025. L’esposizione temporanea propone un viaggio tra una delle più antiche pratiche rituali, che accomuna molteplici popolazioni del Camerun settentrionale e del Ciad.
Quando la sofferenza diventa rinascita

Tra i Moussey del Ciad, la possessione femminile non è solo un fenomeno spirituale, ma una vera e propria rivoluzione sociale. Le donne anziane, liberate dagli obblighi domestici, intraprendono un percorso di trasformazione che le porta a diventare "su fulina" – spiriti incarnati – assumendo un ruolo centrale nella comunità che trascende i confini familiari e del villaggio.

Ogni donna, nella vita precedente, ha vissuto un'esperienza di profonda sofferenza fisica o mentale, interpretata dalla società come segno tangibile dell'interesse di uno spirito protettore. È attraverso sogni rivelatori o manifestazioni naturali – animali, fiori, fenomeni atmosferici – che lo spirito svela alla prescelta la sua nuova identità da accogliere e celebrare.

Un viaggio attraverso oggetti e simboli

La mostra presenta una preziosa collezione di monili, utensili rituali e fotografie d'epoca che testimoniano questa antica tradizione. Collane di perle, braccialetti e cavigliere, asce rituali, campanelli, pipe e cinture, raccontano l'universo simbolico delle donne possedute, insieme ai colori sacri – rosso e bianco, spalmati sul corpo – che dipendono dal genio che le abita.

Un percorso che riporta principalmente alla metà del XX secolo, offrendo uno sguardo autentico su una pratica che pone la donna al centro di una ritualità essenziale e vigorosa, testimonianza di un legame arcaico con il soprannaturale proprio della cultura africana.

L’esposizione è stata sviluppata da padre Antonino Melis, saveriano, linguista e antropologo, che svolge la sua attività tra Ciad e Camerun, una terra di confine: “La mostra - precisa - non è solo occasione di scoperta di manufatti, espressione di un’artigianalità antica, ma chiara manifestazione di come la donna possa porsi al centro di vitali dinamiche sociali e culturali, trasformando il proprio status e le consuetudini di un intero popolo”.

Un patrimonio da preservare

L'esposizione è resa possibile grazie alle grandi collezioni etnografiche iniziate nel 1901 da San Guido Maria Conforti, fondatore della congregazione dei Missionari Saveriani e del Museo Cinese.