De Pisis. La poesia dell’attimo

Informazioni Evento

Luogo
PAC - PALAZZO MASSARI
Corso Porta Mare 5, Ferrara, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

da martedì a domenica 9.30 13.00 / 15.00 18.00

Vernissage
21/12/2018

su invito

Biglietti

intero € 4,00 ridotto € 2,00 (giovani dai 18 ai 30 anni titolari della Youngercard, over 65 anni, studenti universitari, gruppi di almeno 15 persone, possessori del biglietto delle mostre di Palazzo dei Diamanti, categorie convenzionate, insegnanti di primo e secondo grado con tesserino) gratuito minori di 18 anni, gruppi scolastici, diversamente abili e loro accompagnatori, guide turistiche e giornalisti con tesserino, categorie convenzionate Per ragioni di sicurezza la mostra è solo parzialmente accessibile ai diversamente abili

Patrocini

Organizzatori
Fondazione Ferrara Arte e Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara

Artisti
Filippo De Pisis
Curatori
Lorenza Roversi
Uffici stampa
STUDIO ESSECI
Generi
personale, arte moderna

Negli spazi del Padiglione d’Arte Contemporanea verrà esposto un ricco corpus di opere del Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Filippo de Pisis”, per ripercorrere le fasi salienti della parabola creativa dell’artista.

Comunicato stampa

In concomitanza con i lavori di riqualificazione architettonica di Palazzo Massari e la contestuale chiusura dei musei lì ospitati, la Fondazione Ferrara Arte e le Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea organizzano una rassegna che intende restituire alla fruizione del pubblico le opere di Filippo de Pisis. Negli spazi del Padiglione d’Arte Contemporanea verrà esposto un ricco corpus di opere del Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Filippo de Pisis”, per ripercorrere le fasi salienti della parabola creativa dell’artista.
A seguito delle ricerche condotte sull’Archivio Raimondi conservato presso l’Università di Bologna, la mostra presenterà una selezione di lettere, cartoline e testi autografi che dagli anni Venti ai Cinquanta De Pisis invia a un amico fraterno, lo scrittore e critico bolognese Giuseppe Raimondi. Una documentazione privata e affascinante, che offre un contesto inedito alla ricostruzione cronologica della carriera del pittore.
L’abilità di De Pisis nell’esprimere l’anima della natura, degli oggetti, delle persone, dei luoghi – in primis Ferrara come lontano incanto metafisico – trova fondamento nella letteratura, il mezzo prediletto durante la sua giovinezza per filtrare la realtà circostante. Una modalità espressiva connaturata al suo immaginario che non si esaurisce neppure quando si compie, tra l’apprendistato romano e il trasferimento a Parigi nella primavera del 1925, il passaggio definitivo alla pittura. Esemplare di questo nesso è la Natura morta con il martin pescatore (1925), dove è mirabilmente raffigurato il tema pascoliano del ricordo. Mentre nelle atmosfere misteriose e sospese delle Cipolle di Socrate e delle “nature morte marine”, realizzate tra il 1927 e il 1932, il poeta-pittore riconsidera il personale rapporto con la metafisica di De Chirico, conosciuto a Ferrara nel 1915.
Negli anni della maturità, per De Pisis diventa preponderante trascrivere sulla tela le pure emozioni di fronte all’oggetto della rappresentazione. Ecco che le suggestioni figurative catturate tra gli angoli della metropoli francese diventano vedute urbane (La Coupole, 1928) o nature morte di originale concezione (I pesci marci, 1928). Ma vanno ricordate anche opere meditate nella tranquillità dello studio come il Gladiolo fulminato (1930) e dal toccante lirismo come La lepre (1933).
Nel percorso cronologico si intersecano due sezioni tematiche. La prima ruota attorno alla bellezza efebica, tema incessantemente trasposto con matite o pennelli sui fogli di un ricchissimo “diario per immagini”. Nell’altra è invece proposto un inedito dialogo tra alcune bellissime nature morte di De Pisis e quelle, rare, realizzate da Giovanni Boldini: un simbolico passaggio di testimone tra due generazioni e tra due visioni lontane del fare pittura.
L’attività artistica di De Pisis si chiude con le opere scabre e pallide risalenti al ricovero nella clinica di Villa Fiorita (La rosa nella bottiglia, 1950; Le pere – Villa Fiorita, 1953), ambiente idealmente suggerito nello spazio chiuso e bianco dell’ultima saletta al piano superiore per sottolineare la dimensione appartata e malinconica dell’ultimo tratto di vita.