Cyrill Lachauer

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA MARIO IANNELLI
Via Flaminia 380 00196 , Roma, Italia
Date
Dal al

Martedì - Venerdì dalle 15 alle 19

Vernissage
07/02/2019

ore 18

Artisti
Cyrill Lachauer
Generi
arte contemporanea, personale
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Una mostra personale di Cyrill Lachauer dal titolo “When you smell the smoke on your skin, the fire’s long gone”.

Comunicato stampa

Galleria Mario Iannelli è lieta di presentare una mostra personale di Cyrill Lachauer dal titolo “When you smell the smoke on your skin, the fire’s long gone” dal 7 febbraio al 12 aprile 2019.

L’insieme delle opere in mostra unisce in un inedito display le immagini con cui l’artista dal 2012 ad oggi ha definito la sua idea di “narrative landscapes”. I due cicli di lavoro sono stati realizzati durante lo stesso periodo mentre ha usato anche fumogeni per creare paesaggi.

Antropologo, mountain climber, fotografo, film-maker, editore di saggi sul proprio lavoro, Cyrill Lachauer è un artista eclettico che guarda all’arte e all’antropologia come terreni di reciproca influenza.

L’arte e l’antropologia hanno vissuto momenti di crisi paralleli nel Novecento.
Entrambe mettono in discussione le stesse cose, quali il rapporto tra centro e periferia e studiano la cultura visiva in modi simili. In antropologia, i paradigmi dell’esperienza e dell’interpretazione hanno ceduto il passo ai paradigmi discorsivi del dialogo e della polifonia. Polifonico è lo sguardo che sa guardare, riconoscere e interpretare i codici e i molti soggetti presenti nella stessa inquadratura, anche quelli invisibili. (1)

Nel suo lavoro Lachauer compie un parziale ribaltamento della storica concezione dell’antropologia come studio dell’uomo attraverso l’ incontro con “l’altro”, il nativo, in base ad una ricerca sul campo, come teorizzato da Malinowski. L’altro per Lachauer è l’uomo occidentale, bianco, viaggiatore dall’Europa. Il suo approccio soggettivo verso il paesaggio, il luogo e lo spazio è sempre legato alla messa in discussione di questa posizione.
Nei suoi estesi viaggi in America, di cui ha documentato dei magnifici ritratti capaci di andare oltre il tempo, ne analizza soprattutto la condizione da un punto di vista esterno e critico.

"What do you want here” (“Cosa ci fai qui”), il titolo che l'artista ha scelto infatti per la sua mostra personale alla Berlinische Galerie di Berlino nel 2017-18 - in cui ha presentato la serie di fotografie - The Adventures of a White Middle Class Man (From Black Hawk to Mother Leafy Anderson) - ed il film - Dodging Raindrops – A Separate Reality realizzati nella sua seconda lunga permanenza negli US - varia parzialmente la stessa domanda che Chatwin pose a se stesso nel libro delle sue memorie e fece dire a Rimbaud a casa dall'Etiopia nelle “Vie dei Canti” (Songlines), "Cosa ci faccio qui?" (What Am I doing here?).
What Am I doing here? è anche il titolo della mostra inaugurata nel 2009 a Palazzo Ducale di Genova delle fotografie di Chatwin. Sappiamo che Chatwin faceva fotografie per scopi prevalentemente di memoria e non connessi alla propria indagine antropologica.
Tra le fotografie di Chatwin in Patagonia e quelle di Cyrill Lachauer in America si possono notare varie similitudini nei soggetti ritratti, come per esempio, foto di esterni di case, binari di treni, vagoni, stazioni, croci nel paesaggio, “Il Dodge” in bianco e nero di Chatwin e il pick-up rosso di Lachauer.

Nel paesaggio Lachauer cerca quella che potrebbe essere definita una dimensione tacita delle storie. Non si può ricostruire il passato se non dai frammenti. Per mezzo di una differenza, un elemento estraneo, marginale e quasi invisibile, che appare poi familiare e che riconduce a considerare l’intera visione, le sue fotografie indagano sul concetto di traccia come parte visibile di un invisibile passato e si configurano come delle immagini dialettiche fra passato e presente, fra Natura e Storia.

Appaiono essere qualcosa che poi non sono. Sembrano denunce di spazi sociali altamente controversi, luoghi di utopie ormai esaurite come “Learning from Las Vegas”, ma sono invece tracce silenti di storie iscritte nel paesaggio, dove il sacro muta in sacrificale. Colpiscono per un senso di decadenza e abbandono, ma riflettono un concetto di libertà e parlano della capacità dell'uomo di vedere e conoscere. Ad un senso romantico aggiungono un senso di pericolo. Sono sospese tra movimento e pausa, interno ed esterno, reale e immaginario, incanto e disincanto.

Un’altra caratteristica fondamentale del lavoro di Cyrill Lachauer consiste nell’elevato livello di coinvolgimento con l’osservatore perché è richiesta la lettura di una traccia, la riattivazione della presenza di un assenza. La mancanza è condizione del pensiero e dell’esperienza. Questo processo è favorito dalla sensazione fisica di essere presente che l’opera stessa esprime.
Si potrebbe parlare di metafisica della pura presenza.
Allo spettatore è estesa, per così dire, l’“osservazione partecipante” di Malinowski.

“L’“osservazione partecipante” esprime sinteticamente un collegamento continuo fra l’“interno” e l’”esterno” degli avvenimenti: da un lato, afferrando ed enfatizzando il senso di specifici fatti e comportamenti e, dall’altro, tornando a situare questi significati in contesti più ampi.” (2)
La fondamentale attitudine del leggere una traccia è rintracciabile nella pratica dei nomadi, dei cacciatori e di molti altri soggetti che sono guidati da una conoscenza selvaggia, come “i padri del deserto, i pellegrini irlandesi, i fachiri, i santi girovaghi dell’India, o intelletti come il poeta Li Po che viaggiava per scoprire la “grande calma””(3).
E’ una conoscenza che lo stesso Lachauer pratica nel mountain-climbing, in cui è particolarmente importante la capacità di leggere le possibili linee.

Anche nei suoi film, appartenenti al quel genere di cinema sintetico che si caratterizza per attraversare trasversalmente vari generi, autore-attore-spettatore sono tutti allo stesso modo osservatori e osservati.
Nel cinema sintetico si assiste alla resurrezione di forme auratiche, poetiche e mitiche e di processi di significazione e risignificazione (Canevacci, ibid). In Dodging Raindrops – A Separate Reality, sono mischiati bio documentario, video clip, road movie, cinema veritè in un ritmo ripetitivo e caotico che frammenta la percezione. Vi sono echi di “Easy Rider” di Hopper, il road movie che ha evidenziato i violenti e dolorosi conflitti dell’uomo bianco americano all’interno della propria cultura.

Nei lavori più concettuali in mostra in cui ha scattato delle fotografie a dei fumogeni accesi Lachauer si appropria letteralmente del paesaggio.
Sono esposte le due serie fotografiche realizzate in Arizona e in Germania.
Le prime sono in bianco e nero e sono state realizzate nella natura ed al confine tra U.S. e Messico (1954 Miles – From Border Field State Park to Boca Chica, 2018).
Le seconde riproducono singolarmente i cinque colori dello spettro visibile. Prendono i titoli dai punti topografici in cui sono stati eseguiti, dal punto più basso sotto al mare al suo punto più alto (32 m.ü.NHN. - 114,7 m.ü.NHN, 2012). Il colori rimandano ad un sensazione di pericolo ma anche di seducente bellezza. Gli sfondi non sono riconoscibili o solo a volte parzialmente, quel che basta per definirli dei calibrati esperimenti, una sorta di appropriazione del territorio come nelle dimostrazioni pubbliche o nella cartografia, in cui la misurazione della suddivisione delle aree geografiche è realizzata attraverso i colori.
Per il carattere effimero messo in relazione ad una coordinata spaziale ricordano le fotografie di nuvole realizzate presso Denning's point sul fiume Hudson dal suo maestro Lothar Baumgarten, che ha approfondito intensamente la cultura dei Nativi Americani, e che ha definito il proprio lavoro come “una pratica estetica applicata a condizioni sociali e politiche in cui il contenuto dialettico dà vita a una piattaforma di dialogo”. (4)
Un’ampia traiettoria di modi di vedere si innesta nella riflessione sui modi di usare le immagini in senso antropologico e artistico.
La sensazione di estraneità che diventa familiare che pervade il lavoro sincretico di Lachauer è in questi lavori definita in termini astratti e trova il suo culmine nel film “32 m.ü.NHN. – 114,7 m.ü.NHN. (II)” nel movimento rapido e contemporaneamente lento del fumo pari a “un’esplosione silenziosa che si espande fino a circondare in una nebbia dove si entra e si percepisce a livello molecolare”. Così è descritto uno dei modi di “vedere” che Don Juan insegna a Carlos Castaneda in “Una realtà separata”. (5)
Realtà separata è definita anche la condizione di vuoto che il mountain climber sperimenta durante la performance.
Più volte Lachauer si rifà all’opera di Castaneda, come in “Further Conversations with Don Juan” (2014) in cui un alone azzurro è serigrafato sulla foto di uno sciamano nascondendone il viso, e precedentemente in “Trickster” (2011) in cui ha realizzato delle serigrafie di disegni di coyote su riproduzioni di fotografie di Nativi.
Ora nell’era della new age, sono gli occidentali che, dopo aver preso tutta la terra e le risorse, pretendono di essere sciamani.

In altri lavori fotografici realizzati in Germania, che fanno parte del progetto “The Coming Insurrection” (2012 - ongoing), una particolare crudezza e luminosità delle immagini rivela un paesaggio ancora più frammentato di quello americano, vasto e a tratti ancora mitico.
Nei paesaggi americani, come nei ritratti, si respira la proiezione verso un luogo a cui si sente di appartenere in senso archetipico.
Molto spesso inoltre i titoli dei lavori di Lachauer sono individuati dai punti di partenza e di arrivo su cui egli stesso proietta significati simbolici.
Le due serie fotografiche scattate negli U.S. - “Full service. From Walker River to Wounded Knee” (2012-2014) e “The Adventures of a White Middle Class Man. From Black Hawk to Mother Leafy Anderson” (2016/2017) - fanno parte di un ongoing project di cui sarà prossima una trilogia americana.

Di queste sono esposte in mostra i ritratti persone e quelle che più attengono al paesaggio in senso stretto. In altre fotografie, che colgono dettagli più da vicino, sono presenti trasparenze, riflessioni e rifrazioni capaci di narrare storie multiple e di far vedere al di là e al di qua della camera.
La natura di queste immagini visualizzata in questa mostra dal titolo allusivo e poetico con i paesaggi astratti ci parla della capacità di viaggiare e narrare un’esperienza, dello svanire delle storie e di una loro possibile riscoperta e della rinegoziazione del rapporto dell’uomo, oltre che con la sua memoria, con l’ambiente naturale e sociale in cui vive.

(1) Massimo Canevacci, Antropologia della comunicazione visuale, 1995
(2) James Clifford, “I frutti puri impazziscono”, 1988
(3) Bruce Chatwin, Anatomia dell’irrequietezza, 1996
(4) Lothar Baumgarten “Seven Sounds Seven Circles”, 2009.
(5) Carlos Castaneda, Una realtà separata, 1971

Bibliografia:
Cyrill Lachauer, Full Service, Ricochet #9, Kerber Ed., 2015.
Cyrill Lachauer, What do you want here, Distanz Ed., 2018
Cyrill Lachauer, “Seenotizen” (1-5), Flipping The Coin Ed.

CYRILL LACHAUER
1979, Rosenheim. Vive e lavora a Berlino.

Cyrill Lachauer ha studiato regia, etnologia e arte a Monaco e Berlino. Ha completato i suoi studi all'Università delle Arti di Berlino nel 2010. Nel 2011 ha fondato insieme ad altri colleghi l’etichetta Flipping the Coin con cui pubblica saggi sul proprio lavoro nella raccolta "Seenotizen". Ha ricevuto il 3sat Young Talent Award al Festival Internazionale del Cortometraggio di Oberhausen nel 2008, l'IBB Photography Award nel 2010, borse di studio Konrad-Adenauer-Stiftung nel 2014 e Villa Aurora a Los Angeles nel 2015.
Sue opere sono incluse nella Collezione Goetz di Monaco e nella collezione della Berlinische Galerie di Berlino. Recenti mostre personali sono state organizzate dal Museum Villa Stuck di Monaco, l'Artothek - Raum für junge Kunst di Colonia e la Galleria Thomas Fischer di Berlino.