Corrispondenze
Corrispondenze è una mostra che mette a confronto due anime dell’arte con opere dal Novecento fino ai nostri giorni: la figurazione e l’astrazione.
Comunicato stampa
Corrispondenze è una mostra che mette a confronto due anime dell’arte con opere dal Novecento fino ai nostri giorni: la figurazione e l’astrazione. Accostando opere figurative a dipinti astratti, il percorso espositivo invita il visitatore a scoprire risonanze inattese, armonie formali e affinità poetiche tra linguaggi solo in apparenza distanti.
Attraverso queste corrispondenze visive, la mostra di Farsettiarte a Cortina d’Ampezzo rivela come artisti, seppur molto distanti tra loro cronologicamente e formalmente, abbiano condiviso una medesima tensione verso la ricerca, la percezione e il gesto, offrendo nuove chiavi di lettura della storia dell’arte.
All’interno del percorso, otto coppie di opere mostrano dialoghi sorprendenti.
Edicola di Renato Guttuso (1965) è affiancata a Superficie bianca di Enrico Castellani (1998): da un lato la potenza narrativa e corporea della figurazione guttusiana, dall’altro l’essenzialità vibrante delle superfici estroflesse di Castellani. Due modi opposti di intendere la presenza, che tuttavia condividono un’intensità quasi tattile del rapporto con la materia.
La coppia Rhythme de danse à l’Opera di Gino Severini (1950) accostata a Rosa-rosae-rosa di Piero Dorazio (1967) mette invece in relazione la geometria ritmica del Futurismo severiniano con la trama luminosa e musicale delle campiture doraziane. Qui la forma diventa ritmo e la luce si fa struttura, creando una continuità ideale tra le prime ricerche sul dinamismo e le successive esplorazioni cromatiche dell’astrazione.
Nell’incontro tra Giorgio de Chirico e Tancredi la corrispondenza si concentra su due visioni diverse della stessa città: Venezia. Il Ponte di Rialto di de Chirico (metà anni Cinquanta), sospeso tra memoria e metafisica, restituisce una Venezia immobile, simbolica, quasi architettura mentale. In contrasto, Luci di Venezia di Tancredi (1959) vibra di bagliori e riflessi: una città liquida, luminosa, percepita attraverso il gesto rapido e la frammentazione coloristica. È un dialogo tra immobilità e pulsazione, tra sogno e energia.
Infine, tra le altre, la coppia Filippo de Pisis e Mario Ceroli pone in relazione la delicatezza pittorica del primo in Natura morta con maschera (1926), fatta di intime percezioni e atmosfere leggere, con la forza volumetrica e iconica dei canali di metallo con terre colorate di Senza titolo di Ceroli (2010). Un confronto tra fragilità e presenza, tra gesto pittorico e costruzione scultorea, che apre a una riflessione su materia e memoria.
Queste corrispondenze non vogliono offrire risposte definitive, ma aprire spazi di percezione: territori dove l’occhio può riconoscere legami nuovi e dove la storia dell’arte si lascia attraversare da inattese risonanze.