Contessa di Castiglione / Maimouna Guerresi / Maggi Hambling / Alessandro Roma

Informazioni Evento

Luogo
MEF - MUSEO ETTORE FICO
Via Francesco Cigna 114 10155 , Torino , Italia
Date
Dal al

dal giovedì alla domenica dalle 14,30 alle 19,30.

Vernissage
28/09/2023
Artisti
Alessandro Roma, Maïmouna Guerresi, Maggi Hambling, Pierre-Louis Pierson
Curatori
Andrea Busto
Generi
fotografia, arte contemporanea
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Quattro nuove mostre: Contessa di Castiglione – Fotografie di Pierre-Louis Pierson; Maimouna Guerresi – A spiritual and political journey; Maggi Hambling – On the Edge; Alessandro Roma.

Comunicato stampa

Contessa di Castiglione

Fotografie di Pierre-Louis Pierson

Virginia Elisabetta Luisa Carlotta Antonietta Teresa Maria Oldoini, coniugata Verasis Asinari e storiograficamente nota come Contessa di Castiglione (Firenze, 23 marzo 1837 – Parigi, 28 novembre 1899), è stata una nobildonna e agente segreta italiana.
Cugina di Camillo Benso, conte di Cavour, fu considerata tra le donne più belle e affascinanti della sua epoca. La sua attività di spionaggio e diplomazia si sviluppò nel contesto di importanti avvenimenti
dell’epoca: il Congresso di Parigi del 1856, la seconda guerra d’indipendenza e le trattative di pace della guerra franco- prussiana. Per questa attività e per la sua indole anticonformista ebbe fra gli uomini
importanti dell’epoca numerosi amanti, fra cui l’imperatore di Francia Napoleone III.
Il Museo Ettore Fico è lieto di presentare la prima mostra italiana di una delle più grandi figure della storia della fotografia: la Contessa di Castiglione. Questa importante mostra personale comprende oltre cinquanta rari ritratti della contessa dal 1850 al 1890. Diretti e messi in scena dalla stessa Contessa e realizzati in collaborazione con il fotografo di studio Pierre-Louis Pierson, questi “autoritratti” sono alcune delle immagini più straordinarie della storia della fotografia, precursori della fotografia di moda e dell’autoritratto performativo. Oggi viviamo in un mondo di selfie e social media: un mondo Instagram di identità costruite, performance e travestimenti.
Ma prima di tutto questo, prima delle supermodelle e degli influencer – 150 anni fa – una delle figure più radicali del XIX secolo ha aperto la strada a nuove forme di fotografia di moda e concettuale: l’autofiction. In centinaia di ritratti prodotti in un periodo di decenni, la Contessa ha messo in scena scenari e interpretato ruoli diversi, per presentare personaggi e personalità diverse e per riflettere identità multiple, fluide e non fisse. Nonostante decenni di attività, le fotografie della Contessa sono incredibilmente rare in quanto sono state realizzate pochissime stampe che, in vita, aveva scelto di non divulgare.In effetti, le principali mostre del suo lavoro si sono svolte solo alla fine del XX secolo al Musée d’Orsay di Parigi nel 1999 e poi al Metropolitan Museum di New York nel 2000. La maggior parte
del suo lavoro è ora nella collezione del Metropolitan Museum di New York. La mostra presenta alcune delle immagini più famose della contessa, nonché una sua squisita fotografia dipinta, di recente scoperta, che sarà esposta per la prima volta.

La mostra comprende stampe d’epoca e stampe appositamente realizzate nel 1900 per il suo grande
ammiratore, il poeta simbolista Robert de Montesquiou, amico/nemico di Proust, e primo dandy della storia, che ha trascorso tredici anni della sua vita a scrivere la sua biografia della Contessa e pubblicata come La Divine Comtesse nel 1913. Questa è una mostra che ricollega la figura della Contessa alla città di Torino in cui ha vissuto molti anni, della sua vita come stretta collaboratrice del cugino il conte di Cavour e del re Vittorio Emanuele II per promuovere l’unita d’Italia in Francia. Divenuta l’amante di Napoleone III la Contessa oltre a essere stata una delle donne più desiderate del suo secolo, è stata anche un importantissimo “ingranaggio” per la riunificazione risorgimentale del nostro Paese. Pierre-
Louis Pierson è probabilmente il più “contemporaneo” di tutti i fotografi del diciannovesimo secolo in quanto “strumento” della volontà della Contessa al pari di altri al servizio di grandi artisti contemporanei come Armin Linke per Vanessa Beecroft. Egli si inserisce a pieno titolo nel novero degli artisti fotografi e pionieri della fotografia contemporanea come William Henry Fox Talbot, Roger Fenton, Julia Margaret Cameron, Charles Negre e Gustave le Gray, ma nessuno è stato più influente o rilevante, per i fotografi di oggi, come la Contessa di Castiglione. La Contessa è senza dubbio il fotografo più radicale e contemporaneo del diciannovesimo secolo. Oggi, la sua rilevanza è ovunque. Si trova all’inizio di una linea di autoritrattisti concettuali, performativi e inventivi come Claude Cahun, Francesca Woodman, Hannah Wilkie, Jo Spence, Sophie Calle, Gillian Wearing, Cindy Sherman e Tracey Emin, ed è fonte d’ispirazione per numerosi giovani artisti, tra cui Zanele Muholi e Heather Agyepong. L’opera è incredibilmente rara, il che rende questa un’importante opportunità espositiva tale da essere un evento imperdibile per Torino, per gli appassionati di fotografia storica e contemporanea e per gli amanti della moda e del costume. I ritratti provengono da tre periodi principali: 1856–57, 1861–67 e 1893–95 e
la mostra ci accompagna in un viaggio che va dalla Contessa nel fiore degli anni – vestita e feticizzata come la donna più bella della sua età, attraverso immagini in cui ha tentato di rivendicare i trionfi precedenti – a immagini tardive cariche di emozione che suggeriscono, non solo lo sbiadimento della sua bellezza, ma anche il trauma psicologico di non essere più desiderabile e ricercata. Dopo le maschere glamour delle sue prime fotografie, queste strazianti immagini tardive e successive forniscono un ritratto devastante della perdita della bellezza e dell’inaccettabile invecchiamento di una “diva” ante-litteram.

MAGGI HAMBLING

On the Edge

Nel 1980 è stata invitata alla National Gallery di Londra come artista contemporaneo in residenza. La sue opere più conosciute sono i suoi Autoritratti e ritratti di figure note del suo tempo, tra cui il suo mentore, l’artista Lett Haines che morì nel 1978 e Francis Bacon. I ritratti vengono eseguiti con rapidi segni condensati, gestuali e stesi su uno sfondo bianco. All’interno di queste “turbolente” formazioni pittoriche, immagini più sciolte e astratte emanano una sincerità emotiva che scaturisce dal continuo impegno dell’artista con l’attualità della vita che trasmettono ambigui stati d’animo fra umorismo e dubbio, rabbia e gioia, vitalità e mortalità.

I più recenti dipinti (Edge), realizzati su tele verticali, ricordano la pittura cinese e i rotoli di carta dipinti a inchiostro, essi raffigurano montagne e distese polari attraverso audaci accumuli di indaco e bianco che suggeriscono contemporaneamente un deserto interiorepsicologico e un’ambientazione paesaggistica. Fra i suoi lavori più conosciuti ricordiamo la realizzazione del memoriale ad Oscar Wilde dal titolo A Conversation with Oscar Wilde che si trova a Londra a Trafalgar Square e The Scallop una scultura di oltre 4 metri dedicata a Benjamin Britten che si può osservare sulla spiaggia di Aldeburgh.

Nel 2020 desta polemiche la scultura dedicata alla “madre del femminismo” Mary Wollstonecraft, definita dalle femministe come una «decorazione di Natale da sito porno»; le femministe si sono inoltre chieste: «Si è mai vista una statua di Dickens con le palle di fuori?». Bee Rwolatt, la presidente della società promotrice della campagna per restituire «la presenza di Mary in forma fisica», ha cercato di difendere l’opera, ma con scarsi risultati: Emily Cockn ha commentato: «Finalmente un riconoscimento pubblico che le donne nel Diciottesimo secolo erano completamente nude ed estremamente piccole»; mentre Jojo Moyes ha ironizzato con «sarebbe stato carino commemorare Mary Wollstonecraft con i vestiti addosso: non si vedono molte statue di politici maschi senza mutande». La Hambling si è difesa sostenendo che «deve essere nuda perché i vestiti definiscono le persone. Per quanto mi riguarda, ha più o meno la forma che tutte vorremmo avere».

Maïmouna Guerresi

A Spiritual and Political Journey

Maïmouna Guerresi (Vicenza, 1951) è un’artista multimediale italo-senegalese, che opera con la fotografia, la scultura, il video e le installazioni. Nel suo percorso artistico ha sviluppato una visione affascinante e introspettiva sulle molteplici prospettive della sua vita all’interno di due culture: europea e africana. Ha letteralmente collegato questi mondi e il suo impegno per la spiritualità sufi. Usando un linguaggio visivo ibrido, Maïmouna Guerresi comunica la bellezza della diversità culturale, mentre contempla le molte questioni relative alla vita contemporanea di una società multietnica. L’arte e la letteratura islamica forniscono una fonte inesauribile di ispirazione per il suo lavoro, con le loro rivelazioni mistiche, metafore, intuizioni, versetti sacri e poteri taumaturgici. Le sue opere riaffermano un’energia femminile universalmente riconoscibile che si traduce in evoluzione spirituale, mentre allo stesso tempo decontestualizza e decolonizza le varie idee stereotipate delle donne nel mondo islamico.

Le sue creazioni scultoree, quasi architettoniche, combinano i volti e i corpi dei soggetti con lo spazio circostante. Alcuni sembrano fluttuare, privi di corpo, mentre i loro veli celano un antro profondo e oscuro, come una rappresentazione simbolica del mistero. Guerresi presenta una prospettiva intima sulla spiritualità umana in relazione al misticismo, gettando una nuova luce sulla comunità e sull’anima, fortemente influenzata dalle tradizioni sufi in Senegal, Sudan e Marocco. Metafore ricorrenti come il latte, la luce, l’hijab e la natura creano una consapevolezza delle vitali qualità unificanti della spiritualità islamica. Le immagini sono narrazioni delicate con sequenze fluide, un apprezzamento dell’umanità condivisa oltre i confini: psicologici, culturali e politici. Il suo lavoro è rappresentato dalla galleria Mariane Ibrahim.

Alessandro Roma

Se si cerca l’infinito basta chiudere gli occhi

Alessandro Roma ha attivato un meccanismo compositivo ed estetico scevro da legami temporali. Le sue opere fluttuano in una dimensione in cui le date di realizzazione non sono di capitale importanza e appaiono sempre in bilico tra scultura, pittura e design, ammiccando a possibilita di molteplici appartenenze. Eppure, la loro collocazione può esistere solo nell’abito scultoreo e pittorico in quanto il loro utilizzo, nella quotidianità, risulterebbe impossibile.

Altrettante le esperienze e le estetiche a cui attinge senza però “saldarsi” a nessuna, trovando una collocazione autonoma nella storia dell’arte contemporanea. Soprattutto le ceramiche trovano un loro spazio preciso nel vastissimo panorama attuale dove è fra i pochi a determinare una propria estetica autonoma e riconoscibile. I suoi “vasi, soprattutto, si presentano ambiguamente e formalmente come oggetti destinati a un utilizzo domestico per poi risultare impossibili a ospitare altre forme viventi in quanto già stracolmi di vita interna. Questa sorta di ventre dell’oggetto, offerto allo sguardo dello spettatore risulta come un “antro” in cui gli organi pulsanti della vita appaiono in tutta la loro fulgida vitalità. Rami e foglie si intrecciano ad altre forme dai colori smaglianti e l’armonia dell’opera fa da eco a quella della natura vera.