Claire Fontaine – Ma l’amor mio non muore
Ma l’amor mio non muore è in questa esposizione anche il titolo ed il testo di un’insegna al neon che esprime la speranza e la fede in un avvenire di libertà, dal mezzo di un’epoca scoraggiante in cui resistere è difficile e pericoloso.
Comunicato stampa
Per il titolo della sua prima esposizione personale a Roma presso T293 Claire Fontaine s’ispira al libro di vari autori uscito nel 1971 presso la casa editrice Arcana che non fu sequestrato dalle forze dell’ordine solo perché tutte le sue copie erano già esaurite quando l’azione fu lanciata. Ripubblicato in seguito da Castelvecchi, ed oggi da Derive Approdi, il libro racconta ricette per azioni sovversive o per la riappropriazione del proprio corpo ed il controllo della salute. Imbevuto del clima di un’avanguardia già quasi al tramonto il testo multicolore scritto da più mani lambisce anche l’avventura delle droghe e della resistenza attiva agli attacchi delle forze dell’ordine quando il movimento li poteva ancora fronteggiare.
Ma l’amor mio non muore è in questa esposizione anche il titolo ed il testo di un’insegna al neon che esprime la speranza e la fede in un avvenire di libertà, dal mezzo di un’epoca scoraggiante in cui resistere è difficile e pericoloso.
Claire Fontaine scriveva nel 2006 che “le ragioni di un amore che non muore affondano spesso nel passato più che nel presente. Forse perché l’amore non ha, per così dire, il senso della realtà, ma ha il senso del possibile, è parente stretto del non ancora e del non più. Che noi amiamo il comunismo – e che lo amiamo ancora - vuol dire che per noi il futuro esiste e non è soltanto la proprietà privata dei dominanti di oggi o di domani. Vuol dire che l’amore che alimenta il passaggio del tempo, che rende possibili i progetti ed i ricordi, non è possessivo, geloso, indiviso, ma collettivo; che non teme né l’odio né la rabbia, non si rifugia disarmato nelle case, ma percorre le strade ed apre le porte chiuse.”
Il video Situations (2011) che parafrasa un dvd d’istruzioni sulla lotta di strada, è una serie di riproduzioni di gesti che invita lo spettatore a riprodurli una volta ancora. Inseriti in un dispositivo di natura brechtiana, gli attori si interrompono costantemente per rivolgersi al pubblico specificando che i movimenti che ci mostrano sono una simulazione. Allo stesso tempo, attraverso questo procedimento esplicitamente pedagogico, rendono i loro gesti citabili da parte di chiunque, gli amici come i nemici potenziali, ridistribuiscono delle conoscenze tecniche in modo indiscriminato.
Gli attori sono filmati in un white cube, un contesto astratto sia dal punto di vista spaziale che temporale: queste immagini raccontano dunque la storia di corpi che resistono e che attaccano, che potrebbero vivere in qualunque epoca, e che trasformano degli oggetti banali in armi e le loro azioni in un sistema di auto-difesa che non lascia vie di scampo.
Untitled (The invisible hand) (2011) è un ready-made modificato creato a partire da un pendolo di Newton, che è un gadget da ufficio estremamente diffuso, personalizzato da Lehman Brothers. Le sue biglie si trovano ora prigioniere di un campo magnetico che le mantiene in stato di moto perpetuo al di sopra di un campo da tennis di plastica sul quale si trovava già ironicamente inscritta la parola “Networking”. La scultura è al tempo stesso un commento sarcastico sul fallimento del gruppo – divenuto emblematico della crisi in cui ci troviamo ancora immersi – ed una metafora della teoria di Adam Smith secondo la quale una mano invisibile regola il libero mercato. Questo movimento fantasma, che fa ora a meno di qualunque intervento umano, è un messaggio inquietante che ci raggiunge da un momento economico ancora segretamente vivo ed attivo appena al di sotto della nostra attualità.
Il progetto è realizzato in contemporanea alla mostra di Claire Fontaine ’La chiave’ presso la Fondazione Pastificio Cerere, in via degli Ausoni 7 a Roma, visibile dal 16 marzo, giorno dell’inaugurazione, fino al 16 maggio 2012.
Claire Fontaine
Ma l’amor mio non muore
March 17 - May 12 2012
Opening: Saturday March 17, h 16 - 21
T293, Via dei Leutari 32, Roma
T: +39 06 83763242
For the title of her first solo exhibition in Rome at T293, Claire Fontaine takes inspiration from the book written by various authors that was first published in 1971 by Arcana and couldn’t be confiscated by the police only because all the copies were sold out when the action was launched. Later republished by Castelvecchi, and by Derive Approdi today, the book includes recipes for subversive actions as well as for the re-appropriation of one’s body and health. Written by several hands in the climate of an avant-garde already declining, the multi-coloured text brushes the adventure of drugs and the active resistance against the attacks of the police, when the movement could still face them.
Ma l’amor mio non muore (But my love never dies) is in this exhibition also the title and the text of a neon sign that expresses hope and faith in a future of freedom, in a discouraging moment, when resisting has become hard and dangerous.
In 2006, Claire Fontaine wrote that “a love that does not die has its reasons more often rooted in the past than in the present. Certainly this is because love has less a sense of reality than it has a sense of the possible and it is closely related with the future and the un-happened. That we love communism – and that we love it still – means for us that the future exists and is not the private property of today’s or tomorrow’s dominants. This means that the love that allows the passing of time, that makes projects and memories possible, is not possessive, jealous, indivisible, but collective; it means that this love doesn’t fear neither hate nor rage, it does not hide unarmed at home, but runs the streets and opens all closed doors.”
The video Situations (2011) that paraphrases a dvd on street fighting, is a series of reproductions of gestures inviting the spectator to reproduce them once again. Placed within a brechtian device, the actors interrupt themselves constantly in order to address directly the public to explain that the movements that they are showing us are a simulation. At the same time, through this explicitly pedagogic procedure, they make their gestures quotable by anyone, as much by potential friends as by enemies, they redistribute indiscriminately a useful and dangerous knowledge.
The actors have been filmed in a white cube, a context abstracted from space and time: these images in fact tell the story of bodies that resist and attack, that could be living at any historical time, and transforming banal objects into weapons and their actions into a lethal self-defence system.
Untitled (The invisible hand) (2011) is a modified un ready-made made from a Newton’s cradle – which is a common ‘executive toy’ – customized by Lehman Brothers. The oscillating balls are now prisoners of a magnetic field that keeps them in a state of perpetual motion on top of a plastic tennis court where is ironically inscribed the word “Networking”. The sculpture is at the same time a sarcastic comment on the failure of the company – that has become emblematic of the crisis which we are still experiencing – and it is a metaphor of Adam Smith’s theory according to which an invisible hand regulates the free market. This ghost movement, that can now reproduce itself without human intervention, is a disquieting message that reaches us from an economic moment that has now past but that is still secretly alive and active under the skin of our present.
The exhibition will be held simultaneously with the exhibition at Fondazione Pastificio Cerere in Rome, 16 March – 16 May 2012 (opening March 16).