Carlo Nangeroni – Sessanta cum laude

Informazioni Evento

Luogo
MAC - MUSEO D'ARTE CONTEMPORANEA
Viale Elisa Ancona, 6 20851, Lissone, Italia
Date
Dal al

mercoledì e venerdì 10-13; giovedì 16-23
sabato e domenica 10-12 / 15-19; lunedì e martedì chiuso.

Vernissage
13/12/2014

ore 18

Biglietti

ingresso libero

Artisti
Carlo Nangeroni
Generi
arte contemporanea, personale
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Consapevole del fatto che dipingere «è trova-re delle possibilità, non degli enunciati», l’ar-tista ha tenuto viva e attuale la propria ricer-ca, che ancor oggi ci appare eterna nella sua continuità e infinita nella sua varietà. L’espo-sizione lissonese è quindi un omaggio a uno dei maestri della pittura astratta italiana, ma è anche un tributo cum laude al decennio degli anni Sessanta, periodo cui risale la “pittoge-nesi” di Nangeroni.

Comunicato stampa

«Parto sempre dal cerchio, e dagli avveni-menti che si producono al suo interno, per poi assumerlo come elemento cellulare, in molti-plicazione, sempre con eventi plastici». Con queste parole Carlo Nangeroni ha inteso defi-nire la sua pittura, che dagli anni Sessanta fino ai nostri giorni si è enucleata in cerchi-cellule che racchiudono il DNA della pittura.
L’approdo non è stato immediato né scontato, in quanto l’artista ha attraversato le istanze dell’arte del secondo dopoguerra. Dopo esse-re transitato attraverso un periodo di “divisio-nismo geometrico”, Nangeroni ha individuato l’ubi consistam della propria pittura in una topografia puntiforme che gli ha permesso di sviluppare cromostrutture dall’inconfondibile cifra stilistica. Assumendo la forma primaria del cerchio a sistema cartesiano (retaggio della geometria euclidea, allora applicata alla pittura astratto concreta), Nangeroni ha inizia-to a scandire le superfici dei suoi quadri con punti-luce che ricorrono a una fredda gamma cromatica. Il risultato finale è quello di uno spazio luminoso che sembra riprodursi e pro-liferare di quadro in quadro, assicurando così una continuità – finanche un’eternità, anziché una mera sopravvivenza – alla prassi pitto-rica.
Malgrado Nangeroni abbia paragonato i suoi cerchi a «elementi cellulari», e nonostante Giovanni Maria Accame avesse fatto ricorso alla terminologia del «patrimonio genetico» per definire le opere dell’artista, il concetto dell’informazione genetica non è mai stato approfondito né tenuto in debita considera-zione. Ammesso e concesso che ogni quadro contenga in ognuna delle sue particelle un “codice genetico”, la mostra antologia orga-nizzata dal MAC di Lissone è incentrata sulle opere degli anni Sessanta, che potremmo considerare come pitture molecolari.
Nell’arco di mezzo secolo, Carlo Nangeroni non ha mai smentito la sua «intelligenza pitto-rica dotata di particolare finezza» di cui parla-va Marco Valsecchi nel lontano 1963. Anno dopo anno l’artista ha continuamente appro-fondito i valori della pittura, creando interfe-renze, variazioni, permutazioni, elementi di-namici e scorrevoli.
Consapevole del fatto che dipingere «è trova-re delle possibilità, non degli enunciati», l’ar-tista ha tenuto viva e attuale la propria ricer-ca, che ancor oggi ci appare eterna nella sua continuità e infinita nella sua varietà. L’espo-sizione lissonese è quindi un omaggio a uno dei maestri della pittura astratta italiana, ma è anche un tributo cum laude al decennio degli anni Sessanta, periodo cui risale la “pittoge-nesi” di Nangeroni.

Carlo Nangeroni nasce a New York il 24 giugno 1922. Dal 1954 al 1957 lavora a una serie di opere quasi monocrome dove ricordi figurali si mescolano a partiture inoggettive. Nel 1958 si stabilisce a Milano per potersi de-dicare esclusivamente alla pittura. Negli anni Sessanta ritiene concluso il suo periodo infor-male e volge la sua pittura verso elementi cir-colari che diventano una costante di base del suo modus pingendi. Nella decade dei Set-tanta individua una "grammatica" che utilizza gamme di grigi su fondi bianchi. Dal 1981, affascinato dalle combinazioni e dalle ambi-guità del colore, sviluppa un cromatismo iri-descente per mezzo di accostamenti di rette verticali e diagonali. Continua poi, negli anni Novanta, questa sua ricerca frammentando le campiture in particelle di colore, ottenendo così una maggiore vibrazione luminosa. Da allora la luce è una preoccupazione costante della sua pittura.