Caducità

Informazioni Evento

Luogo
MIDEC - MUSEO INTERNAZIONALE DESIGN CERAMICO
Lungolago Perabò 5, Laveno-Mombello, Italia
Date
Dal al
Vernissage
15/07/2018

ore 11

Curatori
Irene Biolchini
Generi
arte contemporanea, collettiva
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Il frammento come auto-rappresentazione nella ceramica d’arte italiana.

Comunicato stampa

Caducità.
Il frammento come auto-rappresentazione nella ceramica d’arte italiana

Artisti:
Valentina d’Accardi, Vincenzo Cabiati, Silvia Camporesi, Arianna Carossa, Pino Deodato, Loredana Longo, Nero / Alessandro Neretti, Ornaghi Prestinari, Paolo Polloniato,
Laura Pugno, Alessandro Roma, Andrea Salvatori, Marcella Vanzo, Marco Maria Zanin
A cura di: Irene Biolchini

Presso MIDeC – Palazzo Perabò 5, Cerro di Laveno Mombello
dal 15 luglio al 19 agosto 2018
Inaugurazione domenica 15 luglio h. 11

No! è impossibile che tutte queste meraviglie della natura e
dell’arte, che le delizie della nostra sensibilità e del mondo esterno debbano veramente finire nel nulla.
Crederlo sarebbe troppo insensato e troppo nefando. In un modo o nell’altro devono riuscire a
perdurare, sottraendosi ad ogni forza distruttiva.
Ma questa esigenza di eternità è troppo chiaramente un risultato del nostro desiderio per poter
pretendere a un valore di realtà: ciò che è doloroso può pur essere vero. Io non sapevo decidermi a
contestare la caducità del tutto e nemmeno a strappare un’eccezione per ciò che è bello e perfetto.
(Freud, Caducità, 1915)
Accettare la caducità degli oggetti significa accettarne la fine, la distruzione, il dolore. E questo perché, come scrive Freud già nel 1915, molto presto l’essere umano sposta la propria libido dall’Io interiore verso gli oggetti. Ed è solo quando questi oggetti si distruggono, si frantumano, che possiamo vivere il lutto e la perdita ritornando al nostro io, essendo nuovamente liberi: liberi di amare nuovi oggetti.
Vi è dunque nel frammento decomposto la forza del passaggio tra l’oggetto amato e il ritorno al sé: è il frammento, quella porzione rimanente di ciò che è stato a dirci qualcosa di noi, ad aiutarci a definire ciò che saremo, a permetterci di definire la nostra identità sulle macerie di ciò che era. E sono proprio queste considerazioni ad aprire alla mostra di questo oggi, un percorso antologico tra tre diverse generazioni di artisti italiani che lavorano con la ceramica e che dal frammento ripartono nel tentativo di proporre una rappresentazione del sé, una narrazione che passa sempre dalla rimanenza, dalla porzione, per proporre solo visioni parziali. Scorci attraverso i quali arrivare all’interezza della persona.
I lavori presenti in mostra ci parlano di oggetti quotidiani, proprio per questo ancora più perturbanti una volta esposti nella loro frammentarietà. In un processo di auto-ritratto (i resti del calco della mano esplosa di Loredana Longo o nella ‘testa’ di Deodato e nei corpi di Nero / Alessandro Neretti), di ritorno alle origini antropologiche e familiari (i frammenti degli strumenti agricoli proposti da Marco Maria Zanin, nei servizi decomposti di Polloniato), di ri-definizione dei sensi (nelle forme geometriche reinterpretate tramite il solo tatto di Laura Pugno), di archeologia del quotidiano (come nel caso di Ornaghi e Prestinari), di ricostruzione di gesti arcaici e simboli (nella scala parziale di Silvia Camporesi, nella principessa di Cabiati, nei tessuti rimaneggiati di Marcella Vanzo). Il rapporto con la natura - dopo tutto è proprio la visione di un meraviglioso campo fiorito a suggerire a Freud le riflessioni sulla caducità – si inserisce in questa riflessione dando vita ad una serie di lavori in cui i temi vegetali diventano il controcanto dell’Io dell’artista (come nel caso di Alessandro Roma o di Valentina d’Accardi).
Questo percorso si snoda all’interno degli splendidi spazi del museo di Laveno Mombello, che ha nella forza della sua storia proprio la produzione di straordinari oggetti per l’arredo domestico e l’uso quotidiano. Da quella storia, dai frammenti di una quotidianità, parte la mostra di oggi che, come tutti i viaggi all’interno della psiche non permette di trarre conclusioni certe o bilanci, ma solo una maggiore consapevolezza rispetto a chi eravamo. Nella speranza di amare ancora nuovi oggetti, sapendo che ogni caducità porta ad una rigenerazione e a nuovi desideri.