Benedetto Luti. L’ultimo maestro

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La monografia di Rodolfo Maffeis, la prima dedicata al pittore, si compone di un approfondito saggio storico e biografico diviso in due parti (una dedicata all’attività toscana, l’altra alla vita e alle opere nella capitale), una sezione di 42 tavole a colori, un catalogo ragionato di tutti i dipinti, i pastelli e i disegni (110 schede scientifiche e 340 immagini in bianco e nero).

Comunicato stampa

Vissuto in un secolo di ambizioni enciclopediche e attraversato da movimenti internazionali, Benedetto Luti fu nel suo tempo un pittore importante e celebre. Per tutto il Settecento parlano di lui le opere compilative di biografie d’artisti, sia di parte romana sia di parte fiorentina, così come la letteratura artistica francese e inglese.
È costante la sua collocazione a sigillo della scuola fiorentina e, come ultimo grande di quella tradizione travasata a Roma, in stretto contatto e continuità con Carlo Maratti.
Nato a Firenze nel 1666, visse l’ultima stagione della committenza medicea come allievo di Anton Domenico Gabbiani; nel 1691, all’età di 25 anni, fu inviato a Roma sotto la protezione del granduca Cosimo III, che gli concesse di abitare e di tenere bottega in Palazzo Medici in Campomarzio, dove risiedette per tutta la vita con la moglie e i quattro figli. Frequentò attivamente l’Accademia di San Luca, di cui divenne Principe nel 1720, e la Congregazione dei Virtuosi del Pantheon, di cui fu Reggente nel 1708 e 1709.
Pittore riflessivo, rigoroso, perfezionista, autore di uno stile inimitabile (Lanzi) per lo studio estremo in cui lo raffinò, dipinse poco per le chiese di Roma ma divenne celebre per i dipinti di soggetto mitologico, ricercati dai maggiori mecenati del tempo, da Pietro Ottoboni a Clemente XI Albani, dall’elettore palatino Johann Wilhelm a Lothar Franz von Schönborn, per interessamento del quale ricevette nel 1715 la croce di Cavaliere del Sacro Romano Impero.
Il suo stile è la quintessenza dell’ideale d’Arcadia, che all’inizio del Settecento impresse la sua azione riformatrice contro gli eccessi del tardo barocco per un ritorno a forme pure, semplici, di ispirazione classica, nella linea maggiore dell’arte italiana che da Raffaello conduce fino a Canova. In particolare la posizione di Luti nella pittura romana a cavallo del secolo lo identifica come trait d’union fra il classicismo barocco di Carlo Maratti e il rococò cristallino di Pompeo Batoni: in una parola, fra Sei e Settecento.
La monografia di Rodolfo Maffeis, la prima dedicata al pittore, si compone di un approfondito saggio storico e biografico diviso in due parti (una dedicata all’attività toscana, l’altra alla vita e alle opere nella capitale), una sezione di 42 tavole a colori, un catalogo ragionato di tutti i dipinti, i pastelli e i disegni (110 schede scientifiche e 340 immagini in bianco e nero). Al catalogo completo delle opere segue un regesto dei documenti d’archivio riguardanti il pittore e un’appendice con ulteriori contenuti documentari.