Be Water My Friend

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA ALBERTA PANE
Dorsoduro 2403/H, Calle dei Guardiani, 30123, Venezia, Italia
Date
Dal al

da martedi a sabato, dalle 10.30 alle 18.30

Vernissage
08/10/2022

ore 15

Curatori
Chiara Vecchiarelli
Generi
arte contemporanea, collettiva
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Mostra collettiva.

Comunicato stampa

La Galleria Alberta Pane è lieta di presentare l’esposizione collettiva Be Water, My Friend nel suo
spazio veneziano. A cura di Chiara Vecchiarelli, la mostra riunisce il lavoro di sei artisti
internazionali, Luciana Lamothe, David Horvitz, Jojo Gronostay, Eva L’Hoest, Nicola Pecoraro ed
Enrique Ramírez, la relazione tra i quali è retta dalla tensione operativa che ne abita le opere scelte.
Nell’opera Plan di Luciana Lamothe è la dinamica delle fibre di legno di un’impalcatura
inusualmente appesa a parete, flesse sotto l’azione della forza di gravità, a farsi sensibile nel
momento in cui ci pieghiamo a nostra volta nel tentativo di decifrare un progetto (plan) già sempre
indeterminato, che non cela altro che un potenziale.
Sospese attraverso lo spazio come gocce d’acqua, ampolle di vetro di duchampiana memoria,
realizzate da David Horvitz, hanno sorvolato l’oceano per arrivare sino a Venezia e portarvi l’aria di
Los Angeles (Air de L.A.), in cui particelle nere stanno in sospensione come un inframince, un
“infrasottile” tra il legno e il fuoco dell’incendio che le ha immesse nell’aria.
Nel film Pareidolia di Eva L’Hoest, lo sguardo della macchina da presa si espande e contrae su una
soglia mobile, tesa tra l’acqua e il paesaggio roccioso, minerale e inorganico di un’isola deserta
composta di materiale vulcanico e granito rosa. Figure appaiono come immagini senza esserlo, e un
senso si crea contingentemente, senza nulla che lo preceda.
Un’ambiguità della materia e del peso caratterizza le sculture di Nicola Pecoraro, la cui sostanza
pare un metallo sconosciuto venuto da uno spazio lontano, un pianeta o il suo rovescio, in cui ogni
materia è più densa, senza nome.
È un’ambivalenza visiva e semantica a caratterizzare la cosmicità poetica e politica de La Gravedad
di Enrique Ramírez, in cui entità fluttuano come corpi gettati e idee vaganti, che avanzano e
recedono non diversamente dalle immagini delle litografie di Blanchiment, nel gioco tra l’immagine,
la pietra, l’acqua e la sabbia.
Le sculture di Jojo Gronostay (Kreaturen. V Forest), create a partire da bottiglie di profumo,
abitano un tale cosmo come shifters o creature di mezzo — come una fluttuazione di senso tra la
rappresentazione dell’alterità e una forma appena inventata.
Tensioni relazionali, le opere esposte sono come l’acqua, che è senza forma sino a che non
comprende, e diventa, la relazione verso cui tende.