Asta Da Canova a Manet

Informazioni Evento

Luogo
GIOIELLI DI CARTA - CASA D'ASTE BONINO
Via Filippo Civinini 21, Roma, Italia
Date
Il
Vernissage
28/12/2022

ore 18

Generi
asta
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Bonino inaugura le aste d’inverno con un primo appuntamento che riunisce tre opere. L’accostamento di due opere eccezionali – una simbolica del neoclassicismo e l’altra dell’impressionismo ai suoi albori – vuole anticipare la varietà di aste che si terrà nei seguenti mesi.

Comunicato stampa

> La prima opera - la più importante scultura di Canova in asta in Italia nell’anno canoviano - è Amore e Psiche stanti, eseguita nella bottega di Antonio Canova (1757-1822) probabilmente da Vincenzo Malpieri e Giuseppe Torrenti, i suoi più famosi gessini: così erano chiamati gli aiutanti del maestro responsabili per la predisposizione dei gessi preparatori per i marmi e dei gessi invece derivati dai marmi stessi. Si tratta di un gesso di 148x68x65cm proprietà di Veneto Banca SpA in LCA, gruppo bancario ora in liquidazione coatta amministrativa che, pur non avendo mai formato una collezione (a differenza dell’altro grande istituto veneto, la Banca Popolare di Vicenza, che invece costituì un vero e proprio museo in Palazzo Thiene a Vicenza supportato da una strutturata attività di ricerca, espositiva ed editoriale), ha nel tempo, in modo piuttosto randomico, acquisito alcune opere d’arte di differenti temi e qualità, per arredare le proprie sedi o anche a seguito di fusioni e procedure di recupero del credito. L’opera in marmo – da cui questo gesso è tratto – fu realizzata da Canova nel 1796-1797 ed in seguito venne acquistata da Gioacchino Murat, per entrare nelle collezioni del Louvre. Canova chiamava questo tipo di gessi “da forma buona” ossia cavati dal marmo, e li faceva realizzare appositamente a scopo promozionale, per diffondere con la loro circolazione la propria fama, ma anche per poter essere riutilizzati, con modifiche, come modello per nuovi marmi. Il calco in gesso di proprietà di Veneto Banca è citato, negli antichi archivi canoviani, tra le opere trasportate dallo studio romano di Canova a Possagno dopo la sua morte, nel 1829. L’opera è stata oggetto di numerose esposizioni tra cui Canova. Eterna Bellezza (Roma, Palazzo Braschi 2019-2020), Canova. Gloria Trevigiana (Treviso, Museo Bailo, maggio-settembre 2022: opera immagine in tutta la comunicazione) ed è attualmente esposta nella mostra Io, Canova. Genio europeo (Bassano del Grappa, 15 ottobre 2022 – 26 febbraio 2023). Tale la fama di questo gesso, vincolato nel 2022 come bene di straordinario valore storico artistico dal Ministero per i Beni e le attività culturali - che nel 2021 è stato richiesto dal Comune di Venezia per celebrare i milleseicento anni della Serenissima (421-2021).
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> L’opera è offerta in prima fase d’asta con un prezzo di partenza di € 400.000.
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> La seconda opera è attribuita dalla specialista Maria Teresa Benedetti a Edouard Manet (1832-1883): una tela di grandi dimensioni (155,5 x 58 cm), in cui il padre dell’arte moderna si misura con l’artista antico che più di tutti ha ispirato gli impressionisti, Diego Velázquez (1599 - 1660). Manet si confronta qui con una Veduta di Saragozza, conservata al Prado, realizzata da Juan Bautista Del Mazo (1611-1667), genero di Velázquez ma a lungo creduta del Maestro. L’attribuzione è chiaramente una bomba per gli studi di storia dell’arte: nessuna opera di Manet tanto rilevante è stata scoperta in Italia negli ultimi cento anni. Autrice della scoperta, Maria Teresa Benedetti, ora curatrice della mostra di Van Gogh a Roma (Palazzo Bonaparte, 8 ottobre 2022 – 23 marzo 2023), e massima studiosa italiana dell’impressionismo e del post-impressionismo (autrice di studi fondamentali sul tema e curatrice di mostre capitali per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, il Palazzo delle Esposizioni a Roma, il Palazzo Reale e il Palazzo della Permanente di Milano, nonché della retrospettiva al Vittoriano su Cézanne e gli artisti italiani del ’900 e della mostra monografica su Toulouse-Lautrec a Palazzo Blu di Pisa del 2015). Serrato il ragionamento attributivo, che trova immediata conferma documentale in una lettera di Manet al pittore Henry Fantin-Latour del 3 settembre 1865 dove l’artista descrive il suo incontro con il modello velazqueziano al Prado: “c’è qui un quadro enorme, pieno di piccole figure, come quelle che si trovano nel quadro del Louvre intitolato I cavalieri, ma queste figure di donne e di uomini sono superiori, forse, e soprattutto esenti da restauro. Lo sfondo, il paesaggio, è di un allievo di Velázquez.” L’attenzione del pittore francese, nel copiare la tela spagnola, si concentra infatti sulla metà inferiore, ossia proprio sull’area popolata dalle figure, tra le quali spicca un possibile autoritratto di Velázquez. La studiosa analizza poi i riscontri stilistici con le altre – numerose – opere dello spagnolo copiate o reinterpretate da Manet. Opere tutte databili tra il 1859 e il 1872.
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> Nel paragone con il più vasto catalogo manettiano, la studiosa identifica nella Veduta di Saragozza il sicuro modello compositivo, per l’Esposizione Universale, opera eseguita da Manet nel 1867 “che risulta una vera e propria trascrizione moderna di quel dipinto. L’artista ne ricalca l’impianto, con il panorama della città sullo sfondo, il modo naturalistico di realizzare le figure, traducendo felicemente l’idea di un incontro casuale fra gruppi di persone, dimostrando un preciso interesse nel cogliere il fluire della vita”. Il procedimento è lo stesso della Musica alle Tuileries (1862), “affollata immagine della società parigina del II impero” in cui Manet pone se stesso e l’amico pittore Alfred de Balleroy nella stessa posizione assunta da Velázquez e da Murillo nella cosiddetta Riunione di tredici personaggi, un dipinto della cerchia del maestro di Siviglia, conservato al Louvre. Il tema della tela in asta – l’unica che riscontra precisamente con la Veduta di Saragozza in tutta la produzione nota di Manet – è riutilizzato dal pittore in numerose altre opere “dalle tre versioni dei Combattimenti di tori (1865- e 1865-66) a Corse a Longchamps (1865-1872), che evocano, nella ampia apertura orizzontale su paesaggi panoramici, nella resa rapida delle figure, la grande tela del Prado”. La tela in asta – databile intorno al 1865 – è un monumento della stagione dell’impressionismo.
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> L’opera è visibile presso la sede Bonino di Vicenza (Via Vecchia Ferriera 70).
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> Il prezzo di partenza è di € 160.000.
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> L a terza opera – recensita per la prima volta nel celebre repertorio di Egidio Martini su La pittura del Settecento Veneto – è un omaggio alla diffusione internazionale della cultura veneta, un dipinto del pittore svedese barocco Johan Richter (1665-1745), la cui maturità coincide con l’esordio di Canaletto. Olio su tela 132x109 cm., rappresenta una Barca in fiamme sul Canal grande, icona del convivere tra natura e teatro nel paesaggio veneziano di primo settecento.
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> Anche questa opera è visibile presso Bonino, Vicenza, e parte da un prezzo di € 28.000.
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> L’asta si svolge in sette fasi, secondo il seguente calendario: 28 dicembre 2022 (con base d’asta al 200% della stima minima); 12 gennaio 2023 (con base d’asta al 150% della stima minima); 26 gennaio (con base d’asta al 100%), 9 febbraio (con base d’asta al 75%), 23 febbraio (con base d’asta al 50%), 9 marzo (con base d’asta al 33%), 23 marzo (con base d’asta ad offerta libera).
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> Seguirà una seconda vendita di pittura del Secondo novecento, in particolare veneta, con oltre 150 dipinti, di cui il catalogo sarà pubblico il 16 dicembre.