Armin Linke – Prelevamenti

Mostra fotografica di uno dei due artisti vincitori del premio La Nuova Scelta Italiana – edizione 2025, un’iniziativa che ogni anno seleziona i fotografi italiani più promettenti, ritenuti da BDC potenziali eredi dei grandi Maestri della fotografia italiana.
Comunicato stampa
Giovedì 9 ottobre inauguriamo la mostra fotografica di uno dei due artisti vincitori del premio La Nuova Scelta Italiana - edizione 2025 - istituito per individuare ogni anno due fotografi affermati che BDC - Bonanni Del Rio Catalog ritiene possano essere o diventare gli eredi dei grandi Maestri della fotografia italiana. Il premio, che si avvale di una prestigiosa advisory board di esperti, è stato quest’anno assegnato ad Armin Linke e Luisa Lambri.
Prelevamenti
“Il paradosso è che la fotografia in senso classico non è in grado di raccontare la complessità, e dunque va messa in dubbio, incalzata, interrogata. In che modo? Affiancando alle immagini fotografiche altre e diverse forme di rappresentazione e creando sequenze in cui ogni oggetto-immagine entra in risonanza simbolica con gli altri.” (Armin Linke)
Le immagini che sono qui raccolte sono quindi piccoli “prelevamenti” dal suo archivio sconfinato e includono esempi di progetti e anche di linguaggi estetici diversi; guardano a grandi infrastrutture e opere pubbliche, ad architetture sinuose e accattivanti come quelle di Carlo Mollino, ma anche a paesaggi sublimi; e ancora, alle stanze del potere della politica italiana, a catene di produzione, a mostre d’arte, e attingono dai suoi viaggi. Sempre attraverso i dettagli più banali per negare ogni volontà celebrativa.
L’immagine più vera di quella che guardiamo.
Armin Linke e la fotografia come indagine.
(Estratto dal testo critico di Luca Cerizza per il catalogo della mostra)
[...] Questo lavoro – ormai quasi trentennale – basato su una ricerca e analisi costante di soggetti, sulla produzione e presentazione dell’immagine fotografica, è ovviamente legato alla costruzione, definizione, interpretazione e gestione che Linke fa del tema dell’archivio. Fin dall’inizio – e in tempi piuttosto pioneristici – il suo lavoro si è avvalso del supporto del computer per la conservazione e gestione delle immagini. Tramite l’archiviazione digitale, ha potuto raccogliere e ordinare quella vastità di informazioni che la sua costante ricerca ha prodotto negli anni. Come si sarà già capito, la sua pratica è costruita – in modi progressivamente più evidenti – di lunghi e articolati progetti che contemplano diverse fasi di ricerca, fatta di studio, incontri, dialoghi, viaggi, esplorazioni sul campo e momenti espositivi. La sua fotografia è la conseguenza della curiosità dell’antropologo, dello studioso di scienze umane, che si sostanzia anche di osservazioni, collaborazioni e dialoghi con studiosi di campi diversi. Una pratica di questo genere farebbe pensare alla progressiva costituzione di un percorso ordinato, costruito su un archivio in continua, ordinata evoluzione. In verità, nonostante il rigore scientifico della sua ricerca, mi sembra che quello di Armin sia un archivio basato su un “accumulo” più che una tassonomia. O, meglio – come lui stesso sostiene – il suo rapporto con l’archivio è stato caratterizzato fin dall’inizio da una sequenza di progetti aperti per investigare, in modi più o meno consapevoli e diretti, possibili connessioni tra vari progetti di ricerca, anche a distanza di anni. Nonostante il suo lavoro si concretizzi anche in una lunga serie di immagini esteticamente risolte, la vera cifra del lavoro intellettuale di Linke è questa continua volontà di investigazione e ricerca. Volontà che sembra non potersi fermare unicamente nello scatto “perfetto”, pensato e studiato nei dettagli più minuti, ma si alimenta del continuo accumulo di prove e dettagli su varie linee di ricerca. Per questo motivo, l’archivio e le opere fotografiche ed editoriali di Linke tendono non tanto alla chiusura in un sistema ordinatore, ma nella continua apertura di potenzialità.
Così – e non potrebbe essere altrimenti – le immagini che sono qui raccolte insieme, sono un minimo carotaggio di un archivio sconfinato e includono esempi di progetti, di soggetti e tempi diversi, come anche differenti approcci linguistici ed estetici al mezzo fotografico. Coprono più di vent’anni di viaggi e ricerche che guardano a grandi infrastrutture e opere pubbliche con affaccio al sublime paesaggistico, indagando soprattutto il soggetto delle Alpi, cui Armin ha dedicato anche il suo (fin ora) unico film (2011). Testimoniano architetture sinuose e accattivanti come quelle di Carlo Mollino (altro protagonista di una ricerca e di una serie fotografica tra il 2009 e il 2011), nelle espressioni più scintillanti e sensuali, come nei dettagli catturati con un flash senza pietà. Guardano ad archivi, catene di produzione, mostre d’arte, sempre attraverso i dettagli più banali per negare ogni volontà celebrativa. Attraversano le stanze del potere e della politica italiana presente (Montecitorio, Palazzo Chigi, CNR), dove il rispetto istituzionale non esclude uno sguardo dietro le quinte, e sicuramente uno alla nostra storia coloniale in Etiopia (altro soggetto di un lungo progetto tra il 2012 e il 2013). Sempre in quel Paese due scatti sembrano, poi, condensare alcuni dei temi ricorrenti in questi quasi trent’anni di viaggi e ricerche e immagini. Una foto notturna nelle strade di Harar, incontra un cartellone luminoso che aggiorna delle fluttuazioni del prezzo del caffè, come una pratica di pubblico servizio, una sala della borsa valori open air. La pagina successiva guarda a un vasto paesaggio in pieno giorno. Ogni idillica visione paesaggistica è smentita dalla presenza di un uomo e dal sapere che in quella porzione di natura vediamo, in verità, un’altra fonte di economia: il sale.
Per Armin Linke c’è sempre un’immagine più vera dietro l’immagine che guardiamo.
Biografia di Armin Linke
Armin Linke è nato a Milano nel 1966. È un artista che lavora con la fotografia e la cinematografia, ideando processi che mettono in discussione il mezzo, le sue tecnologie, le strutture narrative e la sua complicità all’interno di strutture socio-politiche più ampie. La sua opera funziona come una raccolta di strumenti atti a demistificare diversi linguaggi e strategie concettuali. In un approccio collettivo con altri interlocutori – creativi, ricercatori e scienziati – le narrazioni delle sue opere si espandono sul piano di molteplici discorsi, mettendo al centro i temi dell’installazione e dell’esposizione. Le opere di Linke sono state esposte in vari paesi, la sua installazione “Alpi” ha vinto il premio speciale alla Biennale Architettura di Venezia del
2004, e “Image Capital” ha vinto il Kubus Sparda Art Prize nel 2019.
Già artist in residence al KHI di Firenze, e guest artist al CERN di Ginevra, è attualmente guest professor all'ISIA di Urbino e professore alla Akademie der Bildenden Künste a Monaco.
Tra le mostre personali più recenti: “Instruments of Vision” curata da Monica Bello presso Igrexa da Universidade di Santiago de Compostela nel 2024, “Armin Linke. Carlo Mollino. Paesaggi Inclinati” al Forte di Bard di Aosta nel 2023, “Capital Image New Technologies and Economies of Photography, Estelle Blaschke and Armin Linke” al Centre Pompidou di Parigi nel 2023, “Image Capital” (con Estelle Blaschke) al MAST di Bologna e al Museum Folkwang di Essen “Earth Indices nel 2022, Processing the Anthropocene” (con Giulia Bruno) all’HKW di Berlino nel 2022, “Blind Sensorium” al Matadero di Madrid nel 2021 e nel 2019 al Museo Archeologico Nazionale Domenico Ridola, in occasione di Matera Capitale Europea della Cultura.
BDC - Bonanni Del Rio Catalog
È il progetto di Lucia Bonanni e Mauro Del Rio dedicato all’arte contemporanea.
Inaugurato ad Artefiera a Bologna nel gennaio 2016, riunisce l’insieme delle attività e delle produzioni organizzate dalla coppia relative all’arte contemporanea: una serie in divenire di eventi, oggetti, luoghi ognuno identificato da un numero progressivo.
Il quartiere generale di BDC è Colonne28, chiesa sconsacrata nel centro storico di Parma, a due passi dalla suggestiva Piazza Duomo, dove si sviluppa la più lunga ed elegante via porticata della città.
La struttura ha avuto per centinaia di anni un ruolo centrale nella vita della città di Parma e dei suoi cittadini, subendo stravolgimenti e trasformazioni in seguito alle diverse realtà storico-politiche susseguitesi. Questi elementi di fascino sono stati determinanti nella ricerca di una nuova fruizione di questa spettacolare location, che rappresenta un inevitabile legame tra antichità e modernità.
Qui nel Seicento una confraternita legata alla Chiesa di San Benedetto fondò l’oratorio di Santa Maria della Pace; agli inizi del Novecento l’istituto religioso fu sconsacrato, quindi riconvertito a officina meccanica, e in seguito a garage, finché nel 2015 è stato recuperato e riaperto alla città di Parma con il progetto BDC.
Oggi è un centro dedicato all’arte contemporanea: fotografia, disegno, musica live, performance, spettacoli teatrali, incontri.