Architettura – Spazialità – Artefatto
La Galleria Fumagalli presenta la prima mostra del ciclo MY30YEARS – Coherency in Diversity, un programma ideato e curato dal critico ungherese di fama internazionale Lóránd Hegyi che intende celebrare i 30 anni di carriera di Annamaria Maggi, alla guida della galleria dal 1991.
Comunicato stampa
Il progetto nasce dalla volontà di offrire uno spaccato sull’orientamento estetico e curatoriale perseguito dalla Galleria Fumagalli nel corso degli ultimi tre decenni, esaltandone la coerenza, ma anche con l’intento di stimolare nuove prospettive sull’interpretazione dell’opera di grandi maestri in dialogo con artisti più giovani. Ognuna delle otto mostre del ciclo MY30YEARS – Coherency in Diversity prevede, infatti, l’esposizione congiunta dell’opera di tre artisti seguiti e rappresentati dalla Galleria, appartenenti a diverse generazioni e gruppi, provenienti da città e paesi differenti, che rappresentano posizioni e strategie metodologiche diverse, eppure riconducibili ad alcune idee estetiche di base convergenti.
Come specificato dal curatore Lóránd Hegyi nel testo critico che accompagna l’esposizione, «è intenzione di questa serie di mostre presentare le opere selezionate nel contesto di una reinterpretazione costante, imparziale, rigenerante, come effettivamente accade nel processo storico-culturale reale di rivalutazione e reinterpretazione radicale delle opere d'arte. Si tratta di un processo – storicamente legittimo, inevitabile o addirittura necessario – in cui le giovani generazioni di artisti proiettano la propria comprensione dell'arte sulla situazione storico-culturale e recepiscono queste condizioni attraverso un legittimo arbitrio storico, selezionando per se stesse [e perseguendo] una radicale revisione e rivalutazione di sistemi dati, ereditati, convenzionali, ma anche – nonostante l'apparente discontinuità e critica – una continuità e permanenza di certe idee di base, o la durabilità di varie componenti dei loro sistemi di valori, che possono sopravvivere molto dopo la loro creazione, molto dopo lo scioglimento dei loro contesti concettuali originari e che possono essere inclusi nelle nuove realtà mentali.»
La prima mostra Architettura – Spazialità – Artefatto presenta congiuntamente le opere di Anne & Patrick Poirier, Marco Tirelli, Giuseppe Uncini consentendo una lettura plausibile e poeticamente efficace di certi loro orientamenti tematici senza voler suggerire alcuna forzata uniformità. I termini architettura, spazialità, artefatto, infatti, si concretizzano nelle loro opere in modi diversi, coniugando però connotazioni architettoniche, ricerca della presenza spaziale e significato metaforico dell’artefatto.
Mentre l’opera di Anne & Patrick Poirier combina forme architettoniche archetipiche a significati ed esperienze umane attuali, restituendo una continua reinterpretazione metaforica e un aggiornamento dell’eredità storico-culturale, collettiva e convenzionale, la ricerca plastica di Giuseppe Uncini si traduce in opere che si dispiegano immediatamente nello spazio come concrete, tangibili, eppure fondamentalmente mai mimetiche bensì astratte, che trasmettono una situazione spaziale stimolante, dinamica e un senso di nobile semplicità. A chiudere la triade, nell’opera di Marco Tirelli si palesano forme architettoniche volutamente enigmatiche, recanti poetiche allusioni a ricordi personali, spunti immaginari e associazioni mentali avulsi da qualsiasi contesto comprensibile, di fronte a cui lo spettatore diventa partecipe di un evento indefinito e spirituale che si svolge in uno spazio metaforico.