Andrea Salvatori – Gli specchi dovrebbero pensare più a lungo prima di riflettere

Informazioni Evento

Luogo
MUSEO CIVICO D'ARTE INDUSTRIALE E GALLERIA DAVIA BARGELLINI
Strada Maggiore 44, Bologna, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

Orari di apertura ART CITY Bologna: venerdì 29 gennaio h 9.00 - 20.00
sabato 30 gennaio h 9.00 - 24.00
domenica 31 gennaio h 9.00 - 20.00

Orari di apertura ordinari: martedì - sabato h 9.00 - 14.00
domenica e festivi infrasettimanali h 9.00 - 13.00

Vernissage
21/01/2016

ore 18

Biglietti

ingresso libero

Patrocini

Promossa da: Istituzione Bologna Musei

Nell'ambito di: ART CITY Bologna 2016
promosso da Comune di Bologna in collaborazione con BolognaFiere
con il coordinamente curatoriale di Laura Carlini Fanfogna

Artisti
Andrea Salvatori
Curatori
Sabrina Samorì, Silvia Battistini
Generi
arte contemporanea, personale

E’ una trama di spiazzanti tensioni e paradossali equilibri visivi quella che sostiene Gli specchi dovrebbero pensare più a lungo prima di riflettere, il progetto espositivo concepito da Andrea Salvatori in dialogo con l’eclettico patrimonio del Museo Davia Bargellini di Bologna.

Comunicato stampa

E' una trama di spiazzanti tensioni e paradossali equilibri visivi quella che sostiene Gli specchi dovrebbero pensare più a lungo prima di riflettere, il progetto espositivo concepito da Andrea Salvatori in dialogo con l'eclettico patrimonio del Museo Davia Bargellini di Bologna, visibile dal 22 gennaio al 10 aprile 2016.

La mostra, a cura di Sabrina Samorì e Silvia Battistini, è uno degli eventi speciali promossi dall'Istituzione Bologna Musei per la quarta edizione di ART CITY Bologna 2016 (29 - 31 gennaio). Il programma di iniziative istituzionali promosso dal Comune di Bologna in collaborazione con BolognaFiere in occasione di Arte Fiera, con il coordinamento curatoriale della Direttrice Istituzione Bologna Musei Laura Carlini Fanfogna, si propone di offrire nuove prospettive di visita al patrimonio storico-artistico attraverso interventi di artisti contemporanei invitati a confrontarsi con luoghi significativi della città. L'esposizione nasce, infatti, da una stretta collaborazione fra due delle sei aree disciplinari in cui si articola l'Istituzione Bologna Musei - l'area Arte Moderna e Contemporanea e l'area Arte Antica - per sottolineare l'intenzione di integrare le singole specificità museali secondo un modello di sistema culturale policentrico e fortemente raccordato nelle sue capacità progettuali.

Formatosi nel campo della scultura, Andrea Salvatori si appropria delle antiche vocazioni oggettuali del classico mezzo ceramico per dare vita a invenzioni plastiche e formali intrise di ironia e visionaria surrealtà. Gioca e si diverte a reinventare la materia, costruendo opere di senso narrativo straniante che nascono dall’assemblaggio di oggetti comuni recuperati dal passato e decontestualizzati dalla loro funzione d’uso originaria, spesso di estetica kitsch, con anomali elementi scultorei da lui creati con abile perizia tecnica.

Con la stessa attitudine giocosa, l'artista faentino si confronta con i due nuclei che compongono le eterogenee collezioni del Museo Davia Bargellini - le raccolte di arti applicate e la quadreria senatoria della famiglia Bargellini -, per la prima volta coinvolte nel circuito di ART CITY Bologna, traducendo sul piano della strategia espositiva i meccanismi cardinali della sua pratica: la manipolazione di elementi distanti tra loro e lo scarto percettivo generato dalla loro collisione semantica e formale.

L'intervento appare tanto più riuscito in quanto molti dei lavori nascono con una vocazione domestica per i contenuti figurativi e le dimensioni materiali, tali da essere stati definiti “opere da tavolino”. In un allestimento che interessa direttamente gli arredi originali del museo bolognese, fondato negli anni Venti del XX secolo con l'intento di riprodurre un appartamento nobiliare del Settecento con mobili e suppellettili di pregio, essi sembrano infatti trovare una cornice di ambientazione ideale per enfatizzarne la natura mimetica e ingannevole. L'operazione di mise en scène si risolve con esiti mutevoli, ma ugualmente fertili, secondo un approccio a volte didascalico per il rivelarsi immediato di affinità tematiche, altre sottilmente perturbante per gli audaci accostamenti proposti. In ogni caso, una sfida per le consuetudini visive degli spettatori invitati a rintracciare sorprendenti intersezioni con il patrimonio del museo.

La mostra, il cui titolo si ispira a una celebre frase di Jean Cocteau, attraversa le sette sale del percorso espositivo del museo con una selezione di 67 opere, di cui circa la metà realizzate appositamente per questa occasione, che documentano le fasi più recenti della ricerca di Salvatori in cui il gusto provocatorio per lo spiazzamento originato da accostamenti dissacranti si attenua per lasciare spazio a composizioni più complesse e meditate in cui prevalgono forme geometriche pure.

Nel primo ambiente l'opera La Vispa Teresa esemplifica un procedimento tipico dell'artista in cui alcuni personaggi sopportano il peso di soverchianti forme geometriche creando una scena inaspettata che sovverte ogni retorica rappresentativa. In questo caso, è una leziosa statuina in porcellana che riproduce la protagonista della celebre filastrocca a subire il destino di essere schiacciata dal volume astratto di una figura poliedrica mentre è chinata nell'atto di raccogliere fiori.

Nella seconda sala l'artista sfrutta abilmente l'elemento architettonico di una scalinata per schierare scenograficamente un'installazione composta da oltre 40 vasi in ceramica e porcellana, appartenenti alle serie TuttiTappi. L'identità formale di questi oggetti, provenienti dalla vasta collezione privata dell'artista, viene reinventata con la creazione di nuovi tappi che costituiscono un catalogo generale di icone archetipiche del suo vocabolario formale - tra le quali sfere, poliedri, massi ed elefanti.

Proseguendo, nella sala ricavata da un'ex cappella votiva si trova l'opera Tiè, uno scheletro adagiato su una lastra di marmo bianco, sbeffeggiato dall'impertinente personaggio “La Linea” di Osvaldo Cavandoli. La scultura segna una nuova direzione nella produzione dell'artista per l'affinazione di un registro espressivo più tagliente e riflessivo, e per la scelta di un monocromatismo bianco dagli effetti più poetici che non rinuncia alla trattazione estetizzante di un tema come la morte. La realizzazione materica curata con virtuosismo tecnico testimonia inoltre una raggiunta maturità nell'utilizzo del linguaggio ceramico e delle sue potenzialità espressive, di cui Salvatori rappresenta uno dei più originali interpreti nell'attuale panorama artistico contemporaneo.

La creazione di cortocircuiti narrativi che stravolgono i tradizionali paradigmi visivi continua nella quarta sala dove altri personaggi immaginari si trovano a dialogare in modo inaspettato con i materiali del museo: è il caso di un clavicembalo la cui superficie si offre come supporto ideale per ospitare Headache, una piccola statuina che raffigura Wolfgang Amadeus Mozart schiacciato da un masso come dal peso del suo genio musicale.

Si connota invece nel segno di un sorprendente ribaltamento iconografico l'intervento nell'ambiente successivo, in cui l'artista allestisce Testone, una nuova scultura che riproduce la celebre testa di David nelle stesse dimensioni del modello michelangiolesco, al cui interno si intravede una piccola figura femminile simbolo di seduzione. La collocazione dell'opera davanti a una scultura settecentesca in terracotta policroma, che ritrae l'eroe in trono, e con lo sguardo rivolto verso la testa di Oloferne esibita da Giuditta come drammatico trofeo in un quadro di Lavina Fontana, stabilisce in questo caso un doppio richiamo iconografico con le vicende dei due personaggi biblici che Salvatori rilegge in chiave personale.

Anche la sesta sala è interamente allestita con lavori nuovi di diversa tipologia formale: 10 opere della serie Ottomano, create dalla combinazione di vasi differenti per colore e dimensioni impreziositi da manici con elementi baroccheggianti; Il caso di Pandora, uno sciame vorticoso formato da decine di stelle che avvolgono il corpo di una ballerina, e Amore...ma che succede?, una carrozza trainata da cavalli su cui siedono una dama e un cavaliere in amorosi atteggiamenti, compressi da un masso dorato, che Salvatori ha ideato in omaggio alla splendida berlina di gala tardo-settecentesco esposta al centro dell'ambiente.

Il percorso espositivo si conclude nella settima sala dove sono conservate le collezioni di piccole ceramiche e un raro teatrino settecentesco animato da raffinate marionette. Facendo convivere le proprie opere a diretto contatto con questi oggetti decorativi del museo, l'artista dispone all'interno di due vetrine una piccola galleria di personaggi in pose graziose su cui rovescia dispettosamente in testa vasi che ne occultano completamente le fattezze, e quindi l'identità. Un invito finale rivolto ai visitatori per interrogarsi se la realtà sia davvero ciò che appare. Come dovrebbero pensare a lungo gli specchi prima di riflettere.

La mostra è accompagnata da una brochure bilingue italiano e inglese.
In occasione dell'inaugurazione, giovedì 21 gennaio, la mostra è visitabile dalle ore 18.00 alle 20.00.

L'Istituzione Bologna Musei è sostenuta da:
Regione Emilia - Romagna, Città Metropolitana di Bologna, Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna.