Amalia De Bernardis – The dreams of the others

Informazioni Evento

Luogo
MUSEO CIVICO MARIO MORELLI
Via Roma 14 , San Marco Argentano, Italia
Date
Dal al

ORARI APERTURA GIORNI SUCCESSIVI 9.30 - 12.30 / 17.00 - 20.00

Vernissage
26/07/2021

ore 19 su invito

Contatti
Email: amalia.debernardis@gmail.com
Generi
performance - happening
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Progetto Performativo di Amalia De Bernardis.

Comunicato stampa

THE DREAMS OF THE OTHERS
censimento di sogni e calligrafie dei luoghi - AZIONE PERFORMATIVA DI AMALIA DE BERNARDIS

SAN MARCO ARGENTANO, 16 LUGLIO 2021

Amalia De Bernardis riparte dal Sud.
L’artista , torna dopo tre anni di assenza consapevole e voluta con un lavoro performativo che la vede agire, insieme al pubblico sui sogni.
Questa è la prima della serie di tappe vedranno il progetto approdare per 12 mesi non consecutivi in vari spazi d’Italia.

Ai cittadini di San Marco Argentano , 15 Luglio 2021

Carissimi
scrivervi una lettera è difficile.
Potrei non dirvelo, oppure iniziare in maniera differente, ma so che è importante non avere timore.
Voi mi siete sconosciuti, ed io lo sono a voi.
Mi chiamo Amalia De Bernardis e sono un artista…

(Estratto della lettera consegnata ai cittadini del paese calabrese)

L’APERTURA E’ PREVISTA PER GIORNO 26 LUGLIO ALLE ORE 19.00
CON LA PERFORMANCE N.1 ALLA QUALE SI ACCEDE SOLO SU INVITO
ED ALLE ORE 20.00 INGRESSO LIBERO A TUTTI
MUSEO CIVICO MARIO MORELLI _ SAN MARCO ARGENTANO (CS)
Via Roma 14
26 LUGLIO 2021 - 9 AGOSTO 2021
ORARI APERTURA GIORNI SUCCESSIVI 9.30 - 12.30 / 17.00 - 20.00
INGRESSO LIBERO

note all’azione_

La stanza bianca
La scala d’oro
Le federe dei cuscini
Le penne ad inchiostro
Il metronomo
Il rettangolo
le lettere spedite

Una notte ho fatto un sogno: mi trovavo, molto vecchia e molto smarrita, su un colle. A predita d’occhio un paesaggio di pietre, sabbia e qualche cespuglio. Aldilà, fuori dalla possibilità del mio sguardo di scorgerlo, il mare.
Era l’ora del tramonto. Stavo seduta su un gigantesco trono di pietra, con le dita sfioravo i braccioli, ruvidi e antichi. Avevo paura. Nel rendermi conto della mia condizione di “ospite” del luogo, alzai la testa, ero in un recinto di massi enormi, accanto a me altri troni che si chiudevano in cerchio, proseguendo alla mia destra e alla mia sinistra, per raggiungere un punto di saldatura : una specie di titanica porta nella cui base era scavata una piccolissima entrata che pareva la serratura.
Un buco nero, l’apertura di un tunnel, l’ingresso del labirinto.
Istintivamente provai ad alzarmi, ma una mano vicino a me mi trattenne, ero io ora, alla mia età. Farfugliando, con voce appena udibile, la frase “questo è il limite”, io indicai a me stessa gli altri. Le sedute non erano più vuote. Amici a me cari e persone sconosciute occupavano gli altri posti. Mi rasserenai; ovviamente. Tutti dialogavano serenamente, poi tenendosi la mano si misero a cantare, per ore e ore, fino a quando di colpo presero sonno.
Un sonno indisturbabile.
La notte trascorse così. Guardai gli altri dormire. Qualcuno, senza svegliarsi compiva gesti, altri parlavano, altri ancora ridevano forte o piangevano. I miei tentativi di andarmene risultarono tutti vani.
Poi l’alba con una luce grigia, umida, scorretta per un altura marina. Di colpo, senza preavviso, tutto mutò. I miei vicini si destarono all’improvviso ed uno ad uno con foga ed ansia, entrarono nella serratura, con movimenti scomposti o coreografici.
Una danza. Non so perché decisi di seguirli. La porta era talmente stretta che sentii le ossa quasi fracassarsi, dovevo mutare di forma per poter entrare. Un profumo incredibile di bucato appena steso mi accoglieva. Oltrepassata la porta un lenzuolo copriva il proseguo : “convocare l’assemblea”, così vi era scritto. Scostai il lenzuolo, davanti a me interminabili spazi simili a corrodi, in ognuno di loro stava una delle persone che avevo guardato dormire. Mi avvicinai ad Ele e chiesi : “Ele dove siamo? Cosa state facendo?”.Non rispose.La stessa domanda al altri. Nessuno mi rispondeva. Arrivai all’ultimo dei presenti e mi disse : “Certe volte sei proprio sciocca, sei nel tuo letto stai dormendo, e noi tra poco incideremo i nostri sogni sui muri. Lo facciamo tutti i giorni.” Rimasi senza fiato.

Mi svegliai, ero nel mio letto, appuntai tutto il sogno. Mentre scrivevo, confusa tra qui e li, ebbi un sussulto: non li avevo guardati dormire, li avevo guardati sognare. Questo particolare, irrilevante all’inizio, fu la chiave di volta dell’intero progetto.

Successivamente feci molte ricerche. Due, per me, sorprendenti: in Sardegna, tra il 1300 a.C. e il 900 a.C., viene realizzata la Tomba dei giganti a Dorgali. Un semicerchio con all’esterno alcuni sedili in pietra sui quali i parenti dei sepolti dormivano per comunicare con loro attraverso i sogni. Questa era chiamata la pratica dell’incubazione.
La tomba somiglia ad una specie di “titanica porta nella cui base è scavata una piccolissima entrata”.
Non sono mai stata in quei luoghi in Sardegna, e non avevo mai sentito parlare in vita mia della Tomba dei Giganti.
Per i Greci esistevano “sogni piccoli” che riguardano la vita privata di chi sogna e “sogni grandi” che rimandavano alla trasmissione di informazioni necessarie o addirittura fondamentali per la comunità intera, questi ultimi dovevano essere discussi in Assemblee Pubbliche.
“Convocare l’Assemblea” ecco la citazione sul lenzuolo. Non sapevo neanche questo.

THE DREAMS OF THE OTHERS nasce dalla traduzione simbolica e visiva del mondo onirico, ad esso parla e da esso è parlata.
E’ un’opera spontanea, un’azione relazionale , che chiede di assorbire l’altra parte della comunità, prova a dirigere l’atto performativo verso un naturale processo sociale che scava nel segreto e nell’ animico , riconsiderando il concetto di Limite dell’arte contemporanea.
Limite spaziale : tentativo di annullamento del disagio suscitato dallo spazio deputato, ricontestualizzazione.
Limite personale : tentativo di annullamento delle paure personali strette spesso al non saper fare, al non riuscire a comprendere, al non essere capaci di leggere un’opera, al non essere adatti a partecipare. Valorizzazione del singolo, accoglimento, cura.
Limite sociale : tentativo di unione capillare di tutte le parti della comunità, assegnazione di eguale forza ed importanza per ogni persona facente parte di essa.
Limite poetico: tentativo di oltrepassare la barricata feroce che ci tiene solo davanti a questi tempi di catastrofe.
Limite oggettivo: tentativo di superamento del segreto dei sogni. Avanzamento.
Limite soggettivo : tentativo di annullamento dell’IO costruttore in favore del NOI creatori. Metamorfosi.

L’azione non corrompe la passività del soggetto invitandolo a reggere un seducente messaggio ma lo sollecita attraverso una chiamata ad accettare una proposta.
Legare il se più intimo all’intimo degli altri per una mappatura poetica, permanente, catartica, significativa che costruisce un’opera di memoria più prossima alla sostanza che alla forma, che non tralascia un punto complesso : imprimere senza filtri il proprio non detto sul cuscino di qualcun altro per farne opera senza possesso.

Un censimento dunque, come il corsivo del titolo non tralascia, dei sogni degli altri.
Nelle sale espositive ospitanti, via via scelte secondo criteri architettonici e di significante, saranno esposte a muro un numero sempre differente di federe da cuscino bianche ed intatte, al centro dello spazio sarà posta una scala d’oro metafora imprescindibile del legame tra i poli ed i mondi, un metronomo scandirà il battere ed il levare di un tempo posto al confine allegoria della musica delle sfere, lettere imbucate di notte mentre le persone appunto sognano, inviteranno tutta la comunità a recarsi, ogniqualvolta lo vorranno, a narrare , i propri sogni notturni o ricorrenti , trascrivendoli sulle federe.
Vien da se affermare che censite saranno anche le calligrafie.
Coloro che si porteranno negli spazi, ogni giorno, non solo saranno esecutori dell’opera, ma accudiranno vedendoli e leggendoli, i sogni degli altri che prima di loro hanno agito.
L’artista sarà presente solo il giorno di apertura e quello di chiusura.
Nel primo prenderà parte alla performance n.1 (sopra), nel secondo inizierà ad archiviare il materiale fino alla mostra finale.

Il sogno, territorio non neutro , esperienza di confine tra conosciuto e sconosciuto, porta magica del tutto possibile, dilata le facoltà umane incastrate nella materia, rendendo alla vera coscienza una cara, violenta, allucinata, profetica, poetica capacità di manifestazione. Nel corso dei secoli, prima di giungere alle tecniche psicoanalitiche e psicologiche di interpretazione, il piano onirico è strettamente saldato alla sfera spirituale, religiosa e misterica della specie umana. Se non è un collegamento diretto con il Dio è il mezzo per eccellenza che permette previsioni sul futuro, contatto diretto con i defunti, allungamento visionario dell’atto creativo, contenitore di messaggi e di simboli, traghettatore delle anime, suggeritore/svelatore delle ermetiche verità inviolabili, genitore di stupende immagini poetiche.
La qualità e la quantità dei sogni è, ancora oggi, per alcune comunità e tribù, il metro di misura del proprio benessere, della propria purezza, del proprio egoismo; strumento di conoscenza imprescindibile per altre.

Diventa, pertanto, necessario in un doloroso tempo di sfilacciamento, riconnotare un volto lasciato troppo spesso nell’ombra, partire dall’in - visibile dell’altro per riallacciare un legame precedente al linguaggio, scostarsi dal consueto scambio tra arte e vita, arte e pubblico, arte ed antropologia, arte e documento trascinandosi in un tentativo di riappropriazione del ruolo civico dell’azione artistica perfrormativa. Ovviamente senza abbandonare la struggente condizione estetica e comunitaria propria del rito che precede il fare del singolo.
Nella lettera consegnata si dice senza timore ai cittadini: senza di voi quest’opera è un concetto.
Così è. E così questo lavoro si permette di muovere verso tre mosse, non ultima quella dell’indagine, ormai uno dei cardini del mio lavoro della definizione teorica di atto performativo.

note alla performance n.1 _

La farina
Le scope
La sedia

Un’ora prima dell’apertura ufficiale dell’azione THE DREAMS OF THE OTHERS, l’artista attende davanti ad una scritta : LIMITE.
Questa è stata creata da lei stessa all’alba, utilizzando una farina bianchissima che solitamente serve per fare gli impasti per pane e pasta da consumare con i propri cari durante il pranzo della domenica.
Ai quattro lati, insieme a lei, inerti quattro scope.
All’arrivo dei partecipanti, lei si alza, impugna la scopa ed inizia a spazzare la scritta per distruggere il limite e trasformarlo in una forma geometrica, il cerchio.
Dalla parola al segno. Dal limite all’apertura. Dalla paura all’azione. Dall’assistere all’agire.

Se nessuno accoglie l’invito delle altre tre scope rimaste a terra, l’artista si ferma. Nessun inizio è possibile.