La vocazione letteraria arriva per caso a Teramo, mentre è impegnato come Commissario agli Esami di Stato nella sua terra natale, l’Abruzzo. Da allora, la sua carriera di scrittore, saggista e giornalista lo porta ai vertici della letteratura italiana della seconda metà del Novecento, distinguendosi per una lucidità di analisi storico-politica non comune. Mario Pomilio (1921-1990) nasce ad Orsogna, un piccolo paese dell’entroterra in provincia di Chieti, figlio del maestro elementare socialista Tommaso Pomilio e di Emma di Lorenzo, di profonda fede cattolica.
Chi era Mario Pomilio
Da bambino si trasferisce con la famiglia ad Avezzano, dove compie gli studi classici per poi laurearsi nel 1945 in Lettere alla Scuola Normale di Pisa, con una tesi su Luigi Pirandello. Nel dopoguerra si specializza a Bruxelles e Parigi analizzando il tema del” furor poetico” nella letteratura medievale, mentre aveva già intrapreso la carriera di insegnante in diversi licei di Napoli. Nel suo primo romanzo, L’uccello in gabbia (1954), che ha come protagonista un sacerdote, si ritrovano le caratteristiche della sua produzione letteraria, tutta dominata da dubbi, riflessioni e domande. L’esordio è fulminante, coronato dalla vittoria del Premio Marzotto. Il romanzo successivo Il testimone (1956) è un giallo ambientato a Parigi, mentre il terzo, Il nuovo corso (1959) è una rilettura dei fatti di Ungheria del 1956. Negli stessi anni Pomilio fonda con gli amici Michele Prisco, Luigi Compagnone, Domenico Rea e Luigi Incoronato, la rivista Le ragioni narrative (1960-61), che si posiziona contro le sperimentazioni avanguardiste e “il riposo morale della coscienza”.
I libri di Pomilio e il successo de La compromissione
Nel 1965 esce La compromissione, un romanzo dal forte sapore autobiografico ambientato a Teramo, che analizza le vicende dei giovani della Resistenza del ’45 come Pomilio, attraverso un profondo esame di coscienza dei compromessi intellettuali vissuti in quegli anni difficili. Il libro, apprezzato sia a destra che a sinistra, vince il premio Campiello e apre a Pomilio la strada del successo, anche se, di fronte all’avanzata delle neoavanguardie letterarie, Mario si definisce “scrittore in crisi” attraverso il saggio Contestazioni, uscito nel 1967. “Pomilio fu vero testimone dell’arte novecentesca”, ha scritto di lui Silvana Cirillo, “espressione del dubbio metodico, dell’interrogazione incontentabile sulle ragioni del mondo: i suoi romanzi sono confessioni a cielo aperto, piene di tracce della sua stessa biografia spirituale”. Nel 1975 pubblica un altro testo importante, Il quinto evangelio, un insieme tra saggio, racconto, documenti, lettere, versetti, sulle tracce di un antico e inedito «quinto evangelio», prima di assumere il posto di redattore della pagina culturale de Il Mattino (1977-79) e la cattedra di letteratura moderna e contemporanea presso l’Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli (1980-85).
Il premio Strega
Nel 1983 vince il premio Strega con Il Natale del 1833, un romanzo-saggio dedicato al giorno della morte di Enrichetta Blondel, la moglie di Alessandro Manzoni. Colpito da artrite reumatoide, le sue condizioni di salute peggiorano rapidamente e gli rendono sempre più difficile scrivere. Nel 1991, ad un anno dalla morte, esce Una lapide in via del Babuino, con la prefazione di Giancarlo Vigorelli. L’archivio Pomilio è conservato presso il Centro per gli studi sulla tradizione manoscritta di autori moderni e contemporanei dell’Università di Pavia.
Ludovico Pratesi
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