“Sognando” di Don Backy diventa fiaba illustrata. L’intervista

La canzone nata nel 1971, e a lungo accantonata, diventa oggi una fiaba illustrata e un audiolibro con 17 brani. Ci racconta della genesi del progetto, il rapporto tra parola, immagine e musica, il valore della fantasia per i giovani e la sua idea di autenticità nella canzone

La felicità che provo scrivendo, disegnando, componendo è il mio antidoto al tempo. Passo da un linguaggio all’altro senza fatica, perché è lì che trovo la mia misura, nel fluire della creatività che non si lascia imprigionare”, si racconta così Aldo Caponi, dietro il nome d’arte Don Backy, artista di molte vite: la musica, il cinema, la scrittura, il disegno. Ha firmato canzoni come L’immensità, Poesia, Pregherò che appartengono alla memoria di intere generazioni, senza mai restare fermo in un solo ruolo. Oggi torna a Sognando, brano nato nel 1971 che ha trasformato in favola illustrata e audiolibro per Lavinia Dickinson Edizioni, in uscita entro la fine di settembre.

L’intervista all’artista Don Backy

Che strada ha fatto questa canzone che diventa fumetto?
Nel 1974 Sognando era un brano rifiutato, persino da Sanremo. Stavo per lasciarlo andare, quando, chiuso un progetto con la RCA, comprai in una cartoleria fogli e inchiostri e, senza saper disegnare, mi misi a copiare le pose di Hugo Pratt. Così la canzone entrò in una fiaba che divenne fumetto e oggi, ridisegnata con nuove tavole, trova finalmente la sua forma compiuta.

Una fiaba per immaginare un mondo che non esiste più?
E che forse non esisterà mai, ed è proprio questa la bellezza. Ho scritto questa storia per i più giovani, ma il messaggio – speranza e coraggio – riguarda tutti. Chi non ha bisogno di sognare?

Qual è il filo che unisce racconto, tavole e canzoni?
La storia è nata prima delle immagini, seguite dai brani che si sono intrecciati naturalmente con la trama. In quattro anni di lavoro ho trovato un equilibrio spontaneo tra parola, disegno e musica, senza soffrire la solitudine che il progetto richiedeva.

Il nuovo progetto di Don Backy

Ha detto che qualunque cosa stimoli la sua creatività è occasione di crescita: cosa le ha dato lavorare a questo progetto?
Che il mio essere cantautore non appartiene al passato: sono ancora pienamente attivo. Ho imparato, almeno nelle basi, a disegnare. Sul piano umano ho riscoperto l’amore per la natura e un nuovo slancio inventivo, più propositivo e vitale.

Con 17 composizioni accessibili via QR code, molte inedite, “Sognando” è un album narrativo. Possiamo dire autobiografico?
Non lo è, però riflette bene il mio modo di pensare e il mio legame profondo con la natura. È una novità assoluta: non conosco altri esperimenti simili. Amo aprire strade nuove. Del resto, come canto nel mio Autoritratto, sono “narcisista, un po’ anarchico, idealista”…

Nel fumetto immagina un mondo senza tecnologia, dove i bambini giocano liberi: critica la modernità o invita a recuperare quello che abbiamo perduto?
Decisamente la seconda. Non rinnego il progresso – c’è persino un brano intitolato Il progresso – ma queste non sono canzonette per bambini: sono sorgenti a cui abbeverarsi per capire che la Terra è una sola e merita rispetto. E chi meglio dei ragazzi può recepire concetti semplici ma intelligenti?

sognando “Sognando” di Don Backy diventa fiaba illustrata. L’intervista
Sognando

La nuova avventura grafica “Sognando”

È nato bravo a disegnare o ha seguito dei corsi?
Non ho studiato nemmeno da autodidatta: ho affrontato il problema di petto. “Chi non risica, non rosica”: questa è la mia filosofia. Ben vengano algoritmi e intelligenza artificiale, ma l’artigiano che è in me preferisce “mettere le mani in pasta” e ricavarne pane croccante. Vuole mettere?

Pensa a una versione teatrale o audiovisiva di questo fumetto?
Certo. Ma servono capitali importanti, che non ho. Se trovassi chi investe, se ne potrebbe riparlare. Negli Stati Uniti un progetto simile sarebbe stato realizzato in animazione già nel 1978.

Che ruolo ha la creatività nella crescita dei ragazzi?
Stimolare la fantasia è la loro salvezza. Ieri ho visto un ragazzotto urlare oscenità su un palco, acclamato da centinaia di adolescenti. Credono di essere moderni, ma si consegnano a un linguaggio che li degrada. Sognando potrebbe strapparli da quell’incubo e risvegliare il senso autentico della vita, prima che sia troppo tardi.

Immagino non si riconosca nella musica italiana di oggi…
No, per nulla. Si svuota sempre più. Vedo stadi pieni per testi che non significano nulla. La vera canzone, quella che emoziona, dov’è?

Cosa dà autenticità a una canzone?
La capacità di arrivare dritta al cuore. Brani come L’immensità, La prima cosa bella, Poesia avevano un’anima. È innegabile.

Temeva la censura?
No, anzi mi stimolava. Sognando fu bocciata a Sanremo perché parlava di disagio mentale. Mina la trasformò in un capolavoro. Non ho mai scritto per compiacere, ma per dire quello che sentivo.

La prima volta a Sanremo?
Paralizzato. Avevo chiesto al direttore d’orchestra, Mariano Detto, di aspettare un mio occhiolino prima di iniziare. Senza quell’accordo sarei rimasto immobile.

Cosa dice ai giovani?
Non abbiate paura di sbagliare, di rischiare, di cambiare strada. La vera arte nasce nella libertà. Io ho iniziato con tre accordi e un sogno. La musica, come la vita, non è una competizione: è un viaggio.

Ginevra Barbetti

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Ginevra Barbetti

Ginevra Barbetti

Nata a Firenze, si occupa di giornalismo e comunicazione, materie che insegna all’università. Collabora con diverse testate in ambito arte, design e cinema, per le quali realizza soprattutto interviste. Che “senza scrittura non sarebbe vita” lo ripete spesso, così come…

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