Fantagraphic. Parola (e matita) ad Alice Socal

La nostra rubrica dedicata ai fumetti cede la parola a un'altra protagonista della scena italiana. Si tratta di Alice Socal, autrice del fumetto inedito pubblicato sul numero 44 di Artribune Magazine.

Prosegue l’esplorazione di Artribune all’interno del fumetto italiano contemporaneo. Abbiamo incontrato Alice Socal (Mestre, 1986), fumettista di base a Berlino, autrice dell’ultimo Cry me a river (Coconino Press, 2017). Per “Fantagraphic” ha disegnato Soli insieme, dolce bestiario di animali affamati di affetto.

Alice Socal per Artribune Magazine

Alice Socal per Artribune Magazine

L’INTERVISTA

Cosa significa per te essere fumettista?
Disegnare fumetti è un’occasione per ritornare a casa, fare ordine e ritrovare le mie cose. Con il fumetto elaboro insicurezze, domande esistenziali, disagio, dinamiche affettive tramite sintesi, astrazione, ironia e sdrammatizzazione. Uno strumento in più per stare bene al mondo.

Hai quattro fumetti all’attivo, l’ultimo Cry me a River (Coconino, 2017). Oggi sembri molto attiva sul web, con striscette giocose e minimali, che pubblichi settimanalmente sulla tua pagina Facebook. Sono esercizi di stile, prove tecniche o l’inizio di un nuovo progetto?
Sono esperimenti e disimpegno per mantenermi attiva. In realtà mi piacerebbe iniziare un progetto lungo ma al momento ne ho timore, e mi manca la concentrazione necessaria. Nel frattempo mi diverto con Wood & Stone, i disegni di cui parli: si tratta di una striscia minimalista un po’ zen che pubblico con cadenza settimanale su Instagram (@woodandstoned). Potrebbe essere interessante far diventare questo esercizio quotidiano un progettino più concreto. 

Una costante, in queste striscette come nei lavori precedenti, è la presenza degli animali, o se non altro di elementi naturali…
La natura può essere fonte di immediato conforto. Con gli animali capita di avere la sensazione di entrare in un profondo contatto emotivo, tra umani è più difficile o meno immediato. La natura poi, banalmente, ci porta a ritrovare noi stessi. La striscetta disegnata per Artribune, ad esempio, è un assemblaggio di piccole scene che ho disegnato per consolarmi in un periodo triste. Ho esagerato volutamente con la cuteness e nel rappresentare un’insaziabile fame di affetto e attenzioni.

Il tuo stile negli anni è cambiato, passando dai chiaroscuri e dalle matite al tratto sempre più sintetico e immediato.
Disegnare a matita mi consente di cercare profondità e volume ed è una tecnica che amo e mi ha dato moltissimo, mi porta dentro gli oggetti attraverso un lento processo meditativo. Non funziona con l’inquietudine e l’emergenza che ho avuto in altri periodi ‒ e forse ancora ho. La uso soprattutto per le illustrazioni ma non escludo di tornarci con i fumetti. Al momento mi piace l’idea di uno stile di sintesi, veloce, essenziale e senza fronzoli. 

Con che tecniche stai lavorando adesso e quali saresti curiosa di sperimentare in futuro?
Ultimamente, come molti altri colleghi, mi sono attrezzata per disegnare in digitale. Mi trovo bene, è divertente, pratico. Ho intenzione di continuare a disegnare fumetti con penna e pennello, ma nella costruzione di storyboard e nella colorazione il lavoro in digitale è di grande aiuto. 

C’è qualcosa di nuovo che stai esplorando e che vorresti indagare col disegno?
Vorrei tornare a disegnare per il piacere di farlo. Fare senza obbiettivi disegni liberi che nel migliore dei casi sorprendano facendo uscire idee nuove. È un processo che credo non si possa forzare, come non ci si può obbligare a essere spontanei. Al momento sono abbastanza presa da un progetto impegnativo a tema storico, basato su una biografia. Quando ci saranno le condizioni giuste tornerò a cercare cose nuove. 

Vivi da anni in Germania, prima ad Amburgo e da poco a Berlino. In cosa ti senti ispirata dalla scena tedesca?
Nomino sempre Anke Feuchtenberger perché insieme a Stefano Ricci è stata una dei miei più grandi maestri. Dalla scena tedesca mi sento ispirata dalla pizza con il cappuccino (magari con latte di avena) e da una certa liberà di espressione a partire appunto dalle abitudini culinarie, dove noi italiani siamo forse bloccati su certi dogmi indiscutibili. 

E in cosa ti senti, invece, “italianissima”?
Ho bisogno di ritmare la mia giornata con colazione, pranzo e cena e non colazione-pranzo, pranzo-pomeridiano/cena-anticipata, pane-e-cose-x giusto-per-non-arrivare-alla-mattina-super-affamati. Inoltre: mi lamento del freddo e la pioggia. Uso prevalentemente l’olio di oliva per cucinare, anche se non discrimino quello di colza, di semi e di cocco.

Qualche tempo fa hai detto “Nel fumetto investi spesso tanto tempo e guadagni poco”. Cosa ti fa essere così testarda da continuare a disegnare?
Disegnare fumetti mi fa stare bene e sapere che i miei fumetti vengono letti e provocano nel migliore dei casi una qualche reazione fa bene al mio ego. Viverci sarebbe fantastico, ma punto prossimamente a riprovarci con l’illustrazione; l’importante è non perdere troppo tempo a lamentarsi di non guadagnare abbastanza e restare positivi verso il futuro.

Alex Urso

www.alicesocal.de

Versione integrale dell’articolo pubblicato su Artribune Magazine #44

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Alex Urso

Alex Urso

Artista e curatore. Diplomato in Pittura (Accademia di Belle Arti di Brera). Laureato in Lettere Moderne (Università di Macerata, Università di Bologna). Corsi di perfezionamento in Arts and Heritage Management (Università Bocconi) e Arts and Culture Strategy (Università della Pennsylvania).…

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