
Il soggetto non è più l’uomo. Finalmente! È “Tutto”, è espansione nei territori del non-umano, è ascolto, sfumatura, forma e sussurro. È la scoperta di una natura frustrata e rigogliosa, ancora lì verde e azzurra, che inghiotte le case matte. “No island is just an island” sussurra l’isola Vallisaari, a dieci chilometri da Helsinki, ex avamposto militare rimasto “incontaminato”, se così si può dire, o meglio disabitato per anni e ora sede della terza edizione dell’Helsinki Biennial intitolata. Il primo testo in catalogo è un immaginario monologo dell’isola che racconta se stessa.
La Biennale di Helsinki
“Le strutture militari costruite dagli uomini mi hanno designata come luogo di difesa contro gli attacchi dei vicini ostili. Ho sempre sentito le persone parlare di me come di un luogo di protezione e rifugio, ma la mia idea di rifugio è molto lontana da ciò che mi hanno fatto sopportare. Il rifugio, per me, è un confine confortevole tra distopia e utopia, uno spazio di calma e riparazione”. Organizzata dall’HAM, Helsinki Art Museum, e dalla direttrice Arja Miller e curata da Blanca de la Torre e Kati Kivinen, la Biennale è un dispositivo di ricerca che coinvolge biologia, chimica e suono, portando il visitatore, sbarcato con il traghetto, in un habitat soprattutto non-umano dove le poche strutture costruite non sono funzionali all’arte ma sono ex edifici militari convertiti temporaneamente a luogo espositivo.
Biennale di Helsinki: le opere in mostra
La maggior parte delle opere sono a cielo aperto, alle volte appena percepibili come l’installazione di Saskia Calderòn, Jungle Choir e Sonnet for Vallisaari, che invita il pubblico a sedere su panche di legno e ascoltare una musica dettata dagli spiriti Sionas, Cofànes e Secoyas, entità che, secondo la visione ecuadoriana, abitano le foreste e sono la voce delle piante, degli animali e di altri esseri immateriali. Il vuoto, la percezione della vita vegetale e l’ascolto, portano a una dimensione sospesa tra la coscienza individuale e la coscienza del pianeta. La prima installazione nella quale ci si imbatte, è una sorta di billboard gigante di Pia Sirén, un paesaggio pseudo-naturale, con abeti, cielo e montagne, realizzati con sacchi di materiale industriale: un ossimoro del rapporto natura artificio. Anche i delfini di Sara Bjarland fusi in bronzo, presi a modello dai gonfiabili di plastica abbandonati spesso sulle spiagge o nel mare, sono mimetizzati lungo scogli piatti come immagini della persistenza della plastica, dell’artificio, del danno ambientale e dello spiaggiamento dei cetacei. L’opera di Nomeda & Gediminas Urbonas è un assemblaggio di tubi di drenaggio azzurri di PVC, un’installazione di forte impatto per consentire, attraverso il suono, una comunicazione interspecie. I sensori collocati all’interno monitorano le variazioni dell’inquinamento del suolo e i suoni delle larve di Hydropsyche.

Il concept della Biennale di Helsinki
La fusione tra storia, sentieri interrotti, laghi, mare aperto e arte, costringe a ripensare al rapporto umano in relazione a narrazioni extraumane: dall’enorme volatile all’uncinetto di Ernesto Neto, SaariBird, che attraversiamo come fossimo nel suo corpo, alle cortecce dello yanchama amazzonico, con le delicate incisioni interne di Ana Teresa Barboza che raccontano storie di foresta. Tania Candiani lavora sul suono, sull’amplificazione dei rumori della natura e sulle radici delle piante. Ciò che non vediamo, perché sotterraneo e costituisce la straordinaria rete di sopravvivenza vegetale, è evidenziato in una magica installazione dentro un bunker. Le piante sporgono da strutture di vetro rettangolari sospese. La terra nella quale affondano le loro radici forma bellissimi disegni e non è che l’inizio. Per visitare la Biennale e scoprire le opere, discrete e rispettose dell’ambiente, occorre una giornata intera.
L’orizzonte nell’opera di Olafur Eliasson
Un grande caleidoscopio di Olafur Eliasson cattura l’orizzonte marino e lo moltiplica facendo riverberare l’immagine in infinite sfaccettature interne. È una sorta di diamante concavo che pacifica l’anima. È un luogo ultra-umano che indica nuovi punti di vista, forse quelli degli insetti. L’avventura non finisce qui. La Biennale di Helsinki, organismo che include nell’arte tutta la sfera ambientale, propone tante altre opere dislocate anche all’Esplanade park e nella sede dell’HAM. A Vallisaari, dove un tempo si faceva la guerra, è possibile un laboratorio per una nuova extra-umanità.
Manuela Gandini
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