L’Odin a Roma. E porta con sé la guerra

Fino al 17 marzo, il Teatro Vascello di Roma ospita l’ultima produzione dell’Odin Teatret fondato da Eugenio Barba. Protagonista è la guerra del 2031. Che colpisce tutti attraverso Paesi e culture. Un omaggio a giornaliste coraggiose.

Letteratura e cinema ci hanno abituato all’intrecciarsi di storie lontane nello spazio ma contemporanee nel tempo, destinate a incrociarsi. Quasi che una sola narrazione non bastasse più a raccontare un mondo unificato sotto il cappello della globalizzazione, ma frammentato in mille rivoli culturali. Basti pensare al film Babel di Iñárritu, per citare uno degli esempi più lampanti.
L’Odin Teatret è approdato a Roma con una lunga serie di appuntamenti e incontri in giro per la città, fino al 17 marzo. La ricerca che conduce da decenni è basata su un intreccio di saperi transculturali da “barattare”, cioè su un’idea di teatro che cresce e assimila nell’incontro con altre realtà teatrali e culturali di Oriente e Occidente. Il loro è un teatro che “ruba” da tante culture per farne una propria.
Fondato in Norvegia da Eugenio Barba nel 1964, l’Odin mescola lingue diverse, potenzia e moltiplica i piani di senso attraverso l’uso di una parola implicata per il suo lato espressivo e sonoro. Musica, movimento corporeo e scenografia hanno un ruolo principe nell’economia dello spettacolo.

Odin Teatret - La vita cronica - photo Rina Skeel

Odin Teatret – La vita cronica – photo Rina Skeel

Lo spettacolo che l’Odin ha portato all’Auditorium di Roma, La vita cronica, mescola storie diverse che si intrecciano senza necessariamente un filo logico. È prima di tutto la forte presenza scenica degli attori a riempire lo stretto palco del Teatro Studio, dove gli spettatori sono disposti non frontalmente, ma ai fianchi della passerella che delimita simbolicamente la scena. Ci si trova così a vedere lo spettacolo di profilo, faccia a faccia con le altre persone del pubblico.
La vita cronica si proietta in un immaginario 2031, anno della Terza Guerra Civile. Protagonisti sono una Madonna Nera, la vedova di un combattente basco, una casalinga rumena, un avvocato danese, un musicista rock delle isole Faroe, un ragazzo colombiano che cerca suo padre, un violinista italiano, due militari. Come in una sorta di meccanismo che si inceppa, ogni personaggio porta avanti le sue azioni in modo circolare, il ragazzo cerca, la casalinga pulisce, la Madonna sembra uno spiritello inquieto ora adorato ora ignorato, il rocker suona la sua chitarra elettrica, l’avvocato zoppica nel suo completo di pelle blu leggendo un taccuino, la vedova pulisce il cadavere del suo uomo e la rifugiata è sballottata nel “paese delle meraviglie”, in Europa, come un calabrone contro una parete vetrata, rimpiangendo il marito morto. La costante che unisce tutti questi destini è la guerra, una guerra di cui non sappiamo niente, se non che è il profondo Dna che sorregge tutta la struttura.

Odin Teatret - La vita cronica - photo Rina Skeel

Odin Teatret – La vita cronica – photo Rina Skeel

Simboli, rimandi, simulacri cadono come depositi non sciolti dal flusso di immagini e codici che viaggiano nel nostro presente. La babele di lingue e culture che si intrecciano si trasforma in superficiale folklore di fronte alla violenza e alla distruzione che appiattisce tutto, che strappa radici, creando una terra desolata costellata di lutti, e chiude le porte al futuro, ridotto a un eterno presente che si ripete. La vita cronica è una malattia, una malattia che donne coraggiose come Anna Politkovskaya e Natalia Estemirova, scrittrici russe assassinate per la loro opposizione al conflitto ceceno, hanno combattuto. E a loro infatti questo spettacolo è dedicato.

Roberta Lombardi

www.auditorium.com

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Roberta Lombardi

Roberta Lombardi

Roberta Lombardi lavora come giornalista e autrice. Ha gestito la pagina culturale del Riformista e lavorato come curatrice e organizzatrice di eventi culturali, collaborando tra l’altro con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Muf Architecture/Art, H+, Cardi Black Box.

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