Il grande murale di JR a Napoli: specchio di una città o cartolina per il mondo?
Un mosaico di volti campeggia sulla facciata del Duomo di Napoli, è “Chi sei, Napoli?”, il nuovo intervento dell’artista francese JR. Un racconto collettivo costruito con oltre seicento ritratti. Ma è davvero possibile rappresentare una città tanto complessa attraverso un murale?

Volti di ogni età e condizione – pizzaioli, vigili del fuoco, sacerdoti, studenti, turisti, musicisti, scrittori, nonne e anche il sindaco – compongono il grande affresco umano che l’artista JR (Parigi, 1983) ha costruito per la città. Chi sei, Napoli? prende forma in una settimana di set fotografici disseminati in sette quartieri della città partenopea, in cui i partecipanti hanno potuto decidere come farsi ritrarre, raccontando la propria storia, in italiano o in napoletano. Il risultato è un’opera corale, un mosaico di identità che, attraverso una luce neutra e una composizione uniforme, intende restituire pari dignità a ciascun individuo e un’immagine sfaccettata della città.
Jr a Napoli un intervento affascinante ma anche controverso
Eppure, c’è qualcosa di profondamente divisorio, forse proprio per questo affascinante, nell’imponente opera che JR ha collocato sulla facciata del Duomo di Napoli, ottavo capitolo del progetto Chronicles, che arriva in Italia sotto l’egida delle Gallerie d’Italia e con il patrocinio del Comune. L’intento dichiarato è quello di restituire un’immagine plurale e partecipata della città, attraverso i volti dei 606 cittadini immortalati. Ma proprio nel tentativo di restituire un’identità corale, qualcosa si perde. O forse si rivela.
Il volto di Napoli, proiettato su uno dei suoi luoghi simbolici più carichi di storia e spiritualità, sembra oggi rispondere a una domanda che non viene dalla città stessa, ma dall’esterno: chi sei? — e, più precisamente, chi vuoi che il mondo creda tu sia? Si può davvero rispondere a questa domanda con un murale fotografico, per quanto monumentale? Oppure l’ennesima narrazione visiva destinata a fare il giro del mondo riduce Napoli, ancora una volta, a scenografia?







L’opera di Jr sulla facciata del duomo in bilico tra l’ammirazione e lo stereotipo
La scelta del Duomo come supporto non è neutrale. È un gesto potente, simbolico, che si vorrebbe inclusivo. Ma può un’opera pubblica essere realmente tale, se la città che la ospita resta in gran parte esclusa dai circuiti artistici, se l’arte contemporanea continua a essere una prerogativa di pochi, se le istituzioni investono più nel riflesso estetico che nella sostanza? Napoli ha bisogno di essere vista, certo, ma non solo guardata.
Nel comunicato stampa si legge che JR ha scelto Napoli per la sua “energia ineguagliabile”, per una vitalità che lo stesso artista descrive con parole che oscillano tra l’ammirazione e lo stereotipo: “On the road for instance no one respects traffic law but everyone cares about each other”. Una frase che sembra voler cogliere una sorta di anarchia affettiva, ma che finisce per consolidare un’immagine romantica e disfunzionale. Davvero questa è la cifra di cui Napoli ha bisogno per ripensarsi?
“Chi sei, Napoli?” Un murale scenografico che colpisce rimanendo in superficie
L’opera, emotivamente coinvolgente, offre senza dubbio una possibilità di riconoscimento a chi vi si ritrova rappresentato. Ma ciò che inquieta è il contesto: l’operazione si inserisce in un circuito museale prestigioso, sponsorizzato da una banca, presentato dalle istituzioni con orgoglio. Un progetto che celebra l’inclusione mentre la città fatica ad accedere agli spazi della cultura in maniera sistemica, strutturale, quotidiana. È il paradosso dell’arte pubblica contemporanea: arrivare ovunque, ma restare in superficie.
Una domanda che sfiora il problema senza affrontarlo veramente
Certo, JR pone domande: Come vuoi essere ricordato? È una domanda potente, ma anche potenzialmente insidiosa. Perché presuppone la possibilità di scegliere l’immagine di sé in un contesto in cui la scelta, spesso, è un lusso. Non tutti a Napoli possono decidere come essere visti. E forse l’arte dovrebbe partire da qui: non tanto dall’iconizzare la città, ma dall’interrogarla senza pretendere di darle una voce univoca o, peggio, una vetrina.
E dunque, chi sei, Napoli? Forse una città stanca di essere raccontata dagli altri. Forse una città che, più che specchiarsi in un’opera, vorrebbe finalmente essere ascoltata.
Diana Cava
Libri consigliati:
(Grazie all’affiliazione Amazon riconosce una piccola percentuale ad Artribune sui vostri acquisti)
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati