Nell’Emirato di Sharjah la fotografia è al centro di nuove mostre e nuovi spazi 

La Sharjah Art Foundation è una protagonista della scena culturale contemporanea degli Emirati Arabi Uniti e ha recentemente inaugurato tre nuovi progetti espositivi. Qui, tra tradizione e modernità, la fotografia è al centro dell’interesse, ma non mancano pittura e installazioni

Tre nuove mostre sono state recentemente inaugurate dalla Sharjah Art Foundation, testimonianza del dinamismo culturale espresso dalla fondazione dell’Emirato di Sharjah, la cui presidente è Hoor Al Qasimi, curatrice della Triennale di Aichi ancora in corso, intitolata “A Time Between, Ashes and Roses”, e della prossima Biennale di Sidney dal titolo “Rememory”. Tre mostre in spazi espositivi a loro modo simbolici: la nuova Photography Gallery in Al Manakh, Sharjah City, e la Kalba Ice Factory, spazio utilizzato normalmente in occasione della Biennale di Sharjah. Emblematica è, infatti, la scelta di inaugurare un nuovo centro espositivo interamente dedicato alla fotografia, in un momento in cui questa disciplina artistica certamente non gode di particolare salute, consapevole di doversi rigenerare e forse anche rinominare, a prescindere dalla doverosa distinzione fra immagini e fotografie (e dalla loro natura oltre che utilizzo). 

Le opere della Sharjah Art Foundation nella mostra “Image Keepers” 

Tuttavia, nel sud del mondo la fotografia sembra essere uno dei mezzi privilegiati dagli artisti “non solo per documentare la realtà, ma per sfidarla, reimmaginarla e dare spazio a storie che altrimenti potrebbero scomparire”, come recita l’introduzione alla mostra Image Keepers, dove sono proposte oltre 50 opere di 17 artisti e collettivi, dai ritratti in studio a installazioni multimediali, tutte appartenenti alle collezioni della Sharjah Art Foundation. In essa si analizza il terreno sociopolitico degli ultimi sessant’anni nel contesto dei complicati processi di modernizzazione e decolonizzazione dei Paesi compresi fra il sud del Mediterraneo, il margine nord centroafricano e, attraverso il Medioriente, sino all’Asia meridionale. Definizione di un’identità postcoloniale, memoria individuale e collettiva, flussi migratori e diaspore, dislocamenti forzati, relazioni con i luoghi che mutano, sono i temi di cui parlano le opere di Amina Zoubir, Bani Abidi, Basma Al Sharif, Fehras Publishing Practices, Hrair Sarkissian, Kader Attia, Khadija Saye, Latif Al Ani, Mame-Diarra Niang, Mohammed Kazem, Rashid Mahdi, Rika Noguchi, Rula Halawani, Rushdi Anwar, Susan Hefuna, Zineb Sedira. 

Basma Al Sharif, The Story of Milk and Honey, 2011. Sharjah Art Foundation Collection. Photo: Shanavas Jamalauddin
Basma Al Sharif, The Story of Milk and Honey, 2011. Sharjah Art Foundation Collection. Photo: Shanavas Jamalauddin

L’esposizione permanente nella nuova Photography Gallery 

Altrettanto significativo l’aver voluto installare nella nuova Photography Gallery l’esposizione permanente Photographic Encounters along the Golf Coasts, una raccolta di 165 fotografie storiche e documenti di archivio di proprietà dello Sceicco Mohammed Al Qasimi, sovrano di Sharjah. Reperti che risalgono al periodo a cavallo fra Ottocento e Novecento (soprattutto diapositive su vetro), raffiguranti luoghi e attività commerciali e artigianali, in gran parte anonimi. Oggetti che negli anni hanno avuto diversi proprietari, piccole lastre di vetro che ricomposte, oggi, narrano della trasformazione della regione del Golfo Persico, indagando e analizzando modelli coloniali e postcoloniali di produzione e divulgazione della conoscenza. Una collezione che aiuta a comprendere il presente e che sottolinea l’importanza della fotografia come sedimento di tradizione e memoria. 

Le opere della Sharjah Art Foundation 

A Kalba, nella ex Ice Factory oggi trasformata in spazio espositivo e residenze per artisti, in prossimità della Khor Kalba Mangrove Reserve sulla costa est dell’Emirato di Sharjah (l’unico dei sette emirati che si affaccia sul Golfo Persico e sul Mare Arabico), è in corso la mostra Of Land and Water, con importanti opere di 9 artisti dalle collezioni della Sharjah Art Foundation. Il titolo della mostra è declinato dalla parola malese tanah air (patria), una combinazione delle parole tanah (terra) e air (acqua), espressione utilizzata anche durante la guerra d’indipendenza dell’Indonesia (1945-1949) per chiarire il concetto di “nazione unita” e al contempo discriminare quanti non si conformavano al progetto di stato-nazione. Terra e mare e i confini che separano l’una dall’altro divengono allora terreni di scontro ideologico, luoghi di divisione e conflitto fra quanti li abitano e si muovono in essi, con le loro idee politiche, tradizioni e origini etniche.  

Video, pittura e installazioni nella mostra “Of Land and Water” 

Il video di Babak Afrassiabi e Nasrin Tabatabai, Plate It with Silver, investiga la supposta capacità degli spiriti di transitare liberamente lungo le rive dello Stretto di Hormuz: attraverso un footage originale e dialoghi registrati live il film si propone come la rappresentazione non autorizzata di persone e merci che circolano sull’acqua; in Beroana (Shell money) IV di Taloi Havini viene replicata la tradizionale valuta delle conchiglie di Bougainville in Papua Nuova Guinea, utilizzate non solo per il commercio ma anche come ornamento cerimoniale, conservando una valenza culturale nonostante l’accentramento statale delle valute nazionali. I dipinti di Nabil El Makhluofi raccontano dell’alienazione di quanti sono coinvolti nei complessi scenari di migrazione e conseguente ibridazione culturale; Extended Sea è una ripresa fotografica ripetuta per 12 ore dell’artista Nesrine Khodr che nuota all’interno di una piscina sullo sfondo del Mar Mediterraneo, come fosse costretta in uno spazio fisico e concettuale al medesimo tempo. Nelle opere di Walid Siti e del collettivo GCC è l’dea di patria a essere messa in discussione: uno spazio fragile e precario condizionato dalle inquietudini geopolitiche per il primo, il rapporto fra stato e cittadino visto attraverso l’assistenza sanitaria per il collettivo. 

Ieri e oggi nella mostra “Of Land and Water” 

Due installazioni chiudono il percorso mostra: Jompet Kuswidananto ricrea la “Societeit Concordia”, un social club d’élite di Bandung conosciuto per la sua caratteristica segregazione razziale ma che doveva la sua fama alla musica multiculturale; e il film a tre canali di John Akomfrah che amalgama filmati di archivio con scenografie staged per accostare narrazioni diverse del mare come le migrazioni, la caccia alle balene, il cedimento ambientale, il dramma dei rifugiati. Fotografie storiche e fotografia contemporanea, immagini recuperate e rielaborate, video installazioni e film: una narrazione della realtà che è anche analisi, critica, consapevolezza. 

Filippo Maggia 

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