Il mistero di una grotta inaccessibile del Neolitico fotografata da Domingo Milella in mostra a Bari

Il progetto, non sostenuto da un intento documentario, si addentra in un terreno arcaico, dove danze, metamorfosi e visioni sacre affiorano tra le pareti della grotta come memorie incarnate. E riapre un nuovo spazio nella città di Bari

È un viaggio nel buio delle origini Il Teatro del Tempo, la personale di Domingo Milella (Bari, 1981) ospitata nel rinnovato Polo Bibliotecario dell’ex Caserma Rossani di Bari. Una mostra, curata da Michele Spinelli con la direzione artistica di Giuseppe Teofilo, da attraversare solo di notte per rispettare l’intensità e il mistero delle immagini nate nel ventre della Grotta dei Cervi di Porto Badisco, luogo mitico e inaccessibile del Neolitico, chiuso al pubblico e custodito sotto il livello del mare. Qui, in un tempio preistorico, illustrato da un vasto repertorio di pittogrammi in varianti geometriche alternate a proposte di efficace figurazione, Milella si confronta con pitture rupestri tra le più suggestive d’Europa. Non in modalità reportage ma instaurando un dialogo visivo con il gesto iniziale del dipingere, con la traccia primaria e con l’urgenza ancestrale di segnare una presenza.

La mostra di Domingo Milella a Bari

Il progetto, non sostenuto da un intento documentario, si addentra in un terreno arcaico, dove danze, metamorfosi e visioni sacre affiorano tra le pareti della grotta come memorie incarnate. Tracciate millenni fa con materiali organici, le figure sembrano contenere già un vocabolario emotivo e iconografico che attraversa epoche e culture, come le “formule del pathos” di cui parlava Warburg, per rilevare gli intrecci e le sopravvivenze formali tra passato remoto e immaginari contemporanei. In tale confronto con l’alba della rappresentazione, Milella affina sguardi da artista e non da archeologo per consentire ai dipinti parietali, tracciati con guano di pipistrello migliaia di anni fa, di diventare materia di un’indagine sulla nascita dell’immagine e alla fotografia di funzionare non solo come strumento di riproduzione del reale ma come lente al servizio del pensiero.

Le fotografie di Domingo Milella

A rendere possibile questo approccio, è anche la scelta tecnica: fotografie analogiche scattate con banco ottico, poi elaborate in stampa con interventi digitali minimi, limitati all’inversione del negativo, alla modulazione dei contrasti o, ancora, impreziositi da toni blu, nati quasi per caso in post-produzione e tali da infondere un’atmosfera di artificiale distanza. In questa cornice la manipolazione dell’immagine favorisce una chiave di lettura concettuale: ciò che era oscurità si tramuta in chiarore, ciò che sembrava sparizione si afferma come presenza e ogni scatto si fa sopravvivenza viva di un linguaggio originario.

La Grotta dei Cervi di Porto Badisco

La materia dell’immagine resta densa, imperfetta, tuttavia capace di trasfigurarsi nella visione e nel riflesso di un tempo non lineare ma stratificato. Un modo per tendersi verso quell’umanità remota che, nel buio della pietra, cercava, proprio come noi oggi, un linguaggio per entrare in contatto con l’invisibile e che l’artista intraprende coerentemente con una ricerca iniziata nel 2016 fotografando grotte preistoriche in Italia, Francia e Spagna.  Promossa dalla Fondazione Pascali con il sostegno del Polo Bibliotecario della Regione Puglia, in collaborazione con il Segretariato Regionale del MiC, la Soprintendenza per le province di Lecce e Brindisi, l’ICCD e il Museo della Preistoria di Nardò, la mostra si offre come una soglia: un invito a rallentare lo sguardo e, nel silenzio della notte, a entrare in ascolto del tempo.

Marilena Di Tursi

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Marilena Di Tursi

Marilena Di Tursi

Marilena Di Tursi, giornalista e critico d'arte del Corriere del Mezzogiorno / Corriere della Sera. Collabora con la rivista Segno arte contemporanea. All'interno del sistema dell'arte contemporanea locale e nazionale ha contribuito alla realizzazione di numerosi eventi espositivi, concentrandosi soprattutto…

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