Mario Giacomelli e il suo tempo. Una mostra a Senigallia

Una mostra a Senigallia celebra il grande fotografo Mario Giacomelli a 20 anni dalla scomparsa. Mettendolo a confronto con i suoi contemporanei, i compagni dell’Associazione Misa e i grandi maestri della fotografia del Novecento.

Io non faccio il fotografo, non so farlo… sono uno che cerca dei godimenti, ma non solo per me stesso, perché in ogni caso rendo consapevoli anche gli altri e in specie con le ultime serie delle poesie ho bisogno degli altri perché voglio che l’immagine non finisca con me, ma continui a vivere con gli altri. Io sono uno che pensa che non si muoia mai davvero e questo è l’esempio dell’immagine… se gli altri collaborano tutto può accadere. Una volta fatte le foto anche io divento spettatore”. Queste le parole di Mario Giacomelli (Senigallia, 1925-2000), uno dei più importanti fotografi italiani, riportate a introduzione del catalogo della mostra con cui la sua città lo celebra a vent’anni dalla morte.

LA MOSTRA A SENIGALLIA

Curata da Ono Arte Contemporanea e e dagli Eredi Giacomelli per il Comune marchigiano, Sguardi di Novecento. Mario Giacomelli e il suo tempo confronta il lavoro del fotografo con quello dei suoi contemporanei, in due sezioni: al Palazzetto Baviera quelli del suo territorio, in particolare il gruppo Misa fondato da Giuseppe Cavalli, che riunì intorno a sé dei giovani che sperimentassero un tipo di fotografia lirica, anche in netto contrasto con altre poetiche che negli Anni Cinquanta dividevano l’Italia delle sperimentazioni e del realismo più documentaristico dei diversi linguaggi artistici. E quelli del panorama internazionale, al Palazzo del Duca, oggi considerati i grandi maestri della fotografia del Novecento, come Richard Avedon, Brassaï, Henri Cartier-Bresson, Robert Doisneau, Walker Evans e molti altri, tra i quali il tipografo viene incluso a partire dal 1964, anno della mostra The Photographer’s Eye curata da John Szarkowski al MoMA di New York.

Mario Giacomelli, Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, 1964 68, Gelatin Silver Print. Courtesy Collezione Civica Senigallia © Archivio Eredi Mario Giacomelli

Mario Giacomelli, Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, 1964 68, Gelatin Silver Print. Courtesy Collezione Civica Senigallia © Archivio Eredi Mario Giacomelli

LA MARCIA IN PIÙ DI MARIO GIACOMELLI

Nel XX secolo la fotografia si afferma infatti come mezzo capace di inventare un proprio linguaggio e supera la sua innata funzione descrittiva, diventando un nuovo spazio di ricerca formale. Nel secondo dopoguerra il realismo è lo stile che prevale nella maggior parte delle arti, dopo la libertà poetica e stilistica delle avanguardie. La città è uno spazio di condivisione ed è alle strade che i fotografi rivolgono il loro obiettivo per cogliere storie da narrare.
Mario Giacomelli non è però un osservatore della realtà ma dell’interiorità, e, “come una freccia viva scagliata” – immagine del poeta Khalil Gibran che conservava appesa nel suo laboratorio – si differenzia dagli altri: forte di una qualità compositiva appresa attraverso il lavoro in tipografia, con riferimenti pittorici inconsci o manifesti legati anche alla ricerca Informale (è amico di Alberto Burri), uno stile metaforico traslato dalla tanto amata poesia, può tralasciare l’esattezza del racconto per abbandonarsi alla tragedia di ciò che osserva. In questo modo Giacomelli trasforma la fotografia in piena forma d’arte, concedendole il privilegio di trasmettere sensazioni e stati d’animo in cui autore e spettatore ancora oggi si incontrano.

– Annalisa Filonzi

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Annalisa Filonzi

Annalisa Filonzi

Laurea in Lettere classiche a Bologna, torno nelle Marche dove mi occupo di comunicazione ed entro in contatto con il mondo dell'arte contemporanea, all'inizio come operatrice didattica e poi come assistente alla cura di numerose mostre per enti pubblici e…

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