La bellezza (della fotografia) salverà il mondo. Intervista a Francesca Pompei

Le sue fotografie l’avete viste sull’ultimo numero di Artribune Magazine, lo speciale estivo. Nel nostro consueto reportage, infatti, raccontiamo i luoghi più affascinanti del Brasile proprio durante le giornate concitate dei Mondiali di calcio, tramite gli scatti di Francesca Pompei, giovane fotografa romana. L’abbiamo intervistata per farci raccontare i suoi progetti, passati e futuri.

Come e quando nasce la tua passione per la fotografia?
Direi che non c’è un momento preciso, è piuttosto il risultato di una necessità di comunicare e di una certa sensibilità estetica nutrita da sempre attraverso tutte le forme di arti visive. Sono fermamente convinta che la bellezza ci salverà…

Scorrendo il tuo portfolio si nota una predilezione per l’elemento architettonico e per l’ambiente urbano. Ce ne parli?
L’architettura mi affascina come espressione di uno spazio comune, condiviso nelle sue declinazioni più diverse, nella consapevolezza che sia pensata per essere costruita e poi vissuta. E per il suo essere manifestazione del tempo, inteso come dimensione plasmante dei luoghi e delle loro identità attraverso una memoria comune.

Guardando alla storia della fotografia, passata e recente, c’è qualche autore a cui sei particolarmente affezionata? Quali sono state le tue fonti di ispirazione?
Ci sono tanti autori che hanno segnato il mio percorso fotografico e altrettanti che continuano a farlo. Sarebbero troppi per poterli citare tutti, da Ghirri a Klein, passando per Francesca Woodman e William Eggleston. Però, determinante per indirizzare il mio orientamento fotografico, è stato l’incontro con le opere di Gabriele Basilico su Beirut all’indomani della guerra civile. La dimostrazione che l’immagine d’architettura poteva essere un’espressione non solo formale ma anche una sintesi di contenuti e concetti.

Qual è il progetto a cui sei maggiormente legata tra quelli che hai realizzato e perché?
Sono legata a tutti i miei progetti, ma forse quello che mi ha segnata di più è stato Borromini e la scoperta della luce perché l’ho elaborato e concepito in un momento particolare della mia vita e mi è servito come strumento d’interferenza e di ricerca per me stessa.

Francesca Pompei

Francesca Pompei

Sul numero estivo di Artribune Magazine abbiamo pubblicato un tuo reportage dal Brasile: ci puoi raccontare qualcosa di quel viaggio e delle suggestioni che ti ha offerto?
Il Brasile l’ho iniziato ad amare con i libri di Jorge Amado, con la percezione di quel languore sensuale e pieno di profumi tipico di Bahia. Poi, a Brasilia c’è stato l’impatto con Oscar Niemeyer e le sue architetture pure, nitide ed isolate, dove la visione consueta diventa improvvisamente inusuale e cristallina. E ancora il confronto con la vitalità di Rio e dei suoi luoghi, anche quelli che paiono indegni di essere guardati, carichi di contraddizioni e abitati da segni sconnessi e orfani.

A cosa stai lavorando in questo momento?
Con l’appoggio dell’azienda sanitaria locale negli ultimi mesi ho lavorato insieme ad un altro fotografo, Gianluca De Simone, ad un progetto sull’’ex manicomio provinciale Santa Maria della Pietà di Roma. Ne sta uscendo un bel lavoro che speriamo di promuovere a breve.

Valentina Tanni 

http://www.francescapompei.it

 

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Valentina Tanni

Valentina Tanni

Valentina Tanni è storica dell’arte, curatrice e docente; la sua ricerca è incentrata sul rapporto tra arte e tecnologia, con particolare attenzione alle culture del web. Insegna Digital Art al Politecnico di Milano e Culture Digitali alla Naba – Nuova…

Scopri di più