In Toscana una mostra diffusa ispirata alla mitica Arcadia
Il pittore e incisore Sigmund Lipinsky e un gruppo di artisti definiti gli "ultimi tedeschi-romani" sono i protagonisti di una mostra diffusa tra Sesto Fiorentino, Colonnata e i Colli Alti

È una nuova immersione la tredicesima mostra del progetto “Alto/Basso” che si snoda tra il Centro Antonio Berti di Sesto Fiorentino, La Soffitta Spazio delle Arti di Colonnata e il Rifugio Gualdo sulla strada panoramica dei Colli Alti, quest’ultima a incorniciare idealmente quell’Arcadia citata nel titolo dell’esposizione. Sogni d’Arcadia. Sigmund Lipinsky e gli ultimi tedeschi-romani, magistralmente curata da Emanuele Bardazzi, conferma la forza della scelta curatoriale, con un focus omogeneo e la capacità di circondare l’artista protagonista di una atmosfera e di un sentimento comune nato attorno ai cosiddetti Deutsche-Römer.

Chi sono gli ultimi tedeschi romani
Esposte complessivamente 230 opere tra dipinti, disegni e incisioni, a comporre, sul tema, la mostra più esaustiva finora realizzata in Europa: Bardazzi, con l’entourage che da anni segue le sue vicende espositive, costruisce una architettura solida, capace da un lato di restituire le tappe decisive del percorso di Lipinsky, di cui si ha un affresco vasto e non privo di momenti di riflessione: dai disegni preparatori, quasi tutti per la prima volta qui esposti, ai quadri e alle incisioni, accompagnati da un catalogo che indaga nel profondo le vicende umane e artistiche dell’incisore tedesco, e dall’altro circonda il cuore del progetto con altrettanti esempi senza i quali sarebbe impossibile contestualizzare e comprendere il percorso di talune personalità del Novecento, insieme al messaggio che contribuirono a lasciare al mondo. Gli artisti che lo accompagnarono e ispirarono, e che lo spinsero a incidere, come Max Klinger, Otto Greiner e Max Roeder, anch’essi tedeschi-romani di ultima generazione, sono rappresentati in una ricca selezione di 25 personalità di area mitteleuropea, diverse tra loro, ma accomunate dall’amore per il nostro paese, dove trascorsero periodi più o meno lunghi.

Chi era Sigmund Lipinsky
Lo Spazio Berti ospita disegni e dipinti, impressionanti gli studi per la grande composizione Die Weinlese zu Terracina (La vendemmia di Terracina), a cui Lipinsky lavorò tra il 1912 e il 1913. Il lavoro non sarà mai terminato a causa dello scoppiò della guerra, ma di esso restano un bozzetto e i disegni a matita e pastelli colorati, a mostrare quanto fosse complesso l’impianto visivo e la capacità di ritrarre le persone negli atteggiamenti e nei costumi tipici delle “terellane”, affrontando ogni fisionomia e sfumatura.
Anche se l’artista iniziò tardi a incidere, eccelse in questa tecnica: nello spazio de La Soffitta sono protagoniste le sue calcografie e una rara xilografia, tra cui il capolavoro del 1912, Calma marina, ove appare – come scrive Bardazzi – “una scena ambientata sul litorale di Terracina con sullo sfondo il monte Circeo dove cinque figure femminili nude variamente atteggiate in gestualità gentili e armoniose, con i corpi accarezzati dalla leggera brezza del mare che gonfia il loro velo, rivelano l’amore struggente dell’artista per la bellezza latina, incontaminata dal tempo, insieme corporea e spirituale”.

Le opere in mostra
Iconica e ammonitrice anche per il periodo storico che oggi viviamo, è Inter alma silent musae: durante la guerra che infuria alle loro spalle, le muse tacciono, le arti non riescono a esprimere la pienezza della vita, e restano in triste attesa della conclusione di una delle più atroci follie generate dall’essere umano. A La Soffitta, dunque, è raccolta l’opera incisa dell’artista in modo pressoché completo – inclusa la celebre serie dedicata all’Odissea di Omero, e i raffinatissimi ex libris – affiancata dai lavori degli amici più stretti, Max Klinger e Otto Greiner, in un affascinante contrappunto di stilemi e richiami mitologici. Sarà, d’altronde, il sottotitolo al primo saggio in catalogo L’epos nostalgico di un ulisside classico-moderno approdato nella “terra del sole”, ad affermare la passione di Lipinsky per il mito greco e per l’opera omerica, al centro della sua tematica artistica. E questa tensione verso gli ellenici e l’ellenismo è anche nella grammatica visiva dell’artista: il giglio di mare, l’anfora, rappresentano elementi ricorrenti, come topoi atti a fissare in chi guarda una immagine nella memoria e possono avvicinare il disegno alla letteratura, con l’uso dello stile formulare tipico dei testi omerici e della trasmissione orale degli aedi per imprimere nel ricordo di chi ascolta alcuni punti chiave.

Il percorso espositivo
Chiude il cerchio la terza sede espositiva nella chiesetta in stile romanico di San Giusto a Gualdo, immersa in un suggestivo paesaggio tra i cipressi e gli ulivi delle colline fiorentine, con una raccolta di opere di tutti gli altri artisti connessi al protagonista – tra cui ancora Max Klinger (con L’isola dei morti da Arnold Böcklin in una rarissima tiratura di 30 esemplari firmati dall’artista e il ciclo completo Vom Tode, stampato per la prima volta a Roma presso la Regia Calcografia), Max Roeder, Hermann Hirzel, Albert Welti, Rudolf Jettmar, Sascha Schneider, Marcus Behmer, Hans Thoma, Erich Wolfsfeld, Paul Bürck, Adolf Hiremy-Hirschl, capaci di esprimere un sentimento comune e di circondare l’opera di Lipinsky di una atmosfera idillica, malinconica ed evocativa. Documenta la mostra un esaustivo catalogo edito da Polistampa.
Silvia Scaravaggi
Sesto Fiorentino, Colonnata // fino al 7 giugno
Sogni d’Arcadia. Sigmund Lipinsky e gli ultimi tedeschi-romani
CENTRO ANTONIO BERTI // SOFFITTA SPAZIO DELLE ARTI // RIFUGIO GUADO
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