A Roma sta per aprire un nuovo spazio espositivo con la mostra di una giovane artista abruzzese
A Monteverde apre Studio Orma, che debutta con una mostra site specific in cui l’artista Emanuela Moretti indaga il confine – sempre più sfumato – tra fisicità e iperrealtà
Nasce nel cuore di Monteverde Studio Orma, il nuovo spazio dedicato ai linguaggi emergenti dell’arte contemporanea. Fondato da Edoardo Innaro e Marco Celentani, il progetto si definisce come un “laboratorio”, un luogo di incontro e sperimentazione che unisce artist-run space, project room e galleria. A inaugurarlo, il 10 dicembre 2025, è a screen has no edges, la mostra di Emanuela Moretti (Tagliacozzo, 1990), curata da Gianlorenzo Chiaraluce, che ricostruisce un ambiente domestico attraversato da presenze ibride, organismi meccanomorfi e simulacri corporei che interrogano l’identità nell’epoca della sovrapposizione tra reale e digitale.

Nasce Studio Orma a Roma
Studio Orma nasce da una rete di collaborazioni tra giovani creativi attivi in diversi ambiti, con un programma espositivo incentrato sulla nuova generazione di artisti under 30. Il nome richiama un’idea arcaica di traccia, mentre lo spazio invita a interrogarsi sui limiti fisici ed espressivi di una stanza, privilegiando progetti site specific capaci di trasformarne la percezione. Così Moretti costruisce un interno domestico sospeso tra familiarità e perturbazione, popolato da oggetti quotidiani che assumono un valore ambivalente, tra intimità e distanza. La tenda con la nuca di una ragazza, il lavabo, lo specchio: tutto diventa superficie di rifrazione, luogo di contatto e di scarto tra interno ed esterno.

Parola al curatore Gianlorenzo Chiaraluce
“La tenda, solitamente concepita per filtrare una finestra, in realtà non copre nulla: dietro vi è solo un muro”, spiega il curatore Gianlorenzo Chiaraluce. “La sua funzione è quindi simulata, illusoria, rivolgendosi a un’apertura che effettivamente non esiste. Lo schermo diventa una protesi vitale, un’estensione della percezione potenzialmente prolungabile all’infinito. Un tritacarne di stimoli e immagini che mescola frammenti di vita nostra e altrui”, mettendo in scena “una realtà meccanizzata, industriale e siderurgica che, pur negoziando incessantemente la sua materialità, tenta ancora di conservare un residuo carnale”.
Spazio Orma a Roma: tra organismi ibridi e superfici instabili
Le sculture di a screen has no edges assumono l’aspetto di strutture meccanomorfe, simili a vertebre modulari che evocano una spina dorsale in mutazione continua. Su queste superfici si depositano stampe digitali di pelli sgranate, frammenti epidermici di bassa definizione che non imitano la realtà, ma la reinterpretano come una materia artificiale, livida, attraversata da vene, pixel e residui. Accanto a esse, specchio e lavandino – oggetti reali o riprodotti fotograficamente – diventano allegorie della cura, ma anche dell’ossessione per l’immagine di sé. La mostra interroga il rapporto tra corpo, rappresentazione e iperrealtà, ponendo una domanda radicale: quale immagine ci definisce davvero? Quella che si moltiplica all’infinito nello schermo, o quella che prende forma nel contatto diretto con l’altro?
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