Come catturare lo sguardo? Risposte nella mostra di Gerold Miller a Milano

Un corpus di opere che mette in discussione i confini tra pittura, oggetto e cornice: la mostra personale di Gerold Miller da Dep Art a Milano è una distillazione concettuale e algida del pop

Le opere di Gerold Miller (Altshausen, 1961), ora visibili nella sua prima mostra personale in Italia, presentano superfici smaltate, levigate, trattate con vernici industriali e montate su supporti metallici. Di fronte a questi lavori, in mostra da Dep Art a cura di Frank Boehm, ci sembra di poter dire che assistiamo a un esempio di pacificazione fra le istanze dell’arte e i contributi della tecnica, in nome di una ritrovata identità che il vocabolo techne in origine definiva; ma forse potremmo anche affermare di trovarci di fronte a uno di quegli oggetti evocati a suo tempo da Roland Barthes, che, nel contesto delle mitologie della sua epoca, parlava del fascino di certi prodotti, i quali, nati lisci e perfetti, sembrano avvolti in un alone magico.  

Gerold Miller. Works, installation view, Dep Art, Milano 2025, ph: Bruno Bany. Courtesy Dep Art
Gerold Miller. Works, installation view, Dep Art, Milano 2025, ph: Bruno Bany. Courtesy Dep Art

Le opere di Gerold Miller a Milano 

Lo sguardo dello spettatore si scopre quasi stregato dal fascino di queste superfici e di questi volumi, che si presentano con la perentorietà e l’asciuttezza di un logo industriale, ma che lasciano un retrogusto di armonia compositiva e la persistente sensazione di percepire uno spazio più fresco, più ordinato, più vitale. È uno spazio che scorre su di loro, che si insinua dentro di loro, che si rispecchia e che si dilata su di loro, senza che essi perdano, in questi rimandi, alcunché della loro allure, totemica e tecnologica al tempo stesso. 

Le memorie pittoriche nelle opere di Gerold Miller 

Forse è un po’ esagerato affermare, come recita il comunicato, che queste opere “radicate nel presente, evocano al tempo stesso l’intera storia della pittura occidentale”, ma in effetti esse richiamano uno strano concorso di memorie culturali. Più che delle ceneri del Minimalismo, qui in ogni caso trasformate in materia adamantina, si potrebbe parlare di una cristallizzazione del Neo Geo, o addirittura di una distillazione estrema e concettuale di certe sgargianti coloriture pop, un pop raggelato nelle sue allusioni, algido, rigorosamente aniconico. 

La mostra di Gerold Miller da Dep Art 

L’esposizione presenta venti lavori inediti, realizzati appositamente per lo spazio milanese, e offre una panoramica significativa delle serie più recenti dell’artista. Miller lavora infatti su motivi e tematiche costanti, che si traducono in serie ben distinte. Vediamo di individuarle. Con il termine Set è definita una serie di lavori da parete caratterizzati da superfici smaltate, forme rigide e una messa in quadro che riorganizza lo spazio visivo. Un Set funge come dispositivo scenico: si tratta di oggetti pittorico-scultorei che stabiliscono relazioni precise tra cornice, superficie e parete, interrogando la separazione tra immagine e oggetto.
Un altro insieme è nominato Instant Vision, in cui viene sperimentata la percezione immediata, spesso con superfici che suggeriscono un’apparenza istantanea o catturata al volo: si lavora qui sul concetto di occhiata rapida e sull’effetto che una superficie riflettente o smaltata ha sulla ricezione visiva dello spettatore, proponendo un’esperienza sensoriale immediata e mutevole.
Profil indica una serie che mette in primo piano il profilo dell’oggetto, cioè il suo contorno e il rapporto tra spessore, bordo e parete, evidenziando la linea di confine tra piano pittorico e volume, e trasformando il profilo in elemento strutturale e significante della composizione.
Il titolo Verstärker, letteralmente “amplificatore”, designa infine una serie di opere che amplificano determinati aspetti visivi (luce, riflesso, contrasto di colore o profondità). Esso agisce come dispositivo che accentua percezioni sottili, facendo emergere dettagli formali e relazioni spaziali che altrimenti resterebbero inavvertite nella lettura dell’opera.
Nel complesso queste serie costituiscono un vocabolario coerente: ogni nome definisce una strategia formale: scenografia (Set), cattura percettiva (Instant Vision), definizione del bordo (Profil) e intensificazione percettiva (Verstärker), con cui Miller riorganizza lo spazio espositivo e mette in discussione la distinzione tra pittura, oggetto e cornice.

Alberto Mugnaini 

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Alberto Mugnaini

Alberto Mugnaini

Alberto Mugnaini, storico dell’arte e artista, si è laureato e ha conseguito il Dottorato di Ricerca all’Università di Pisa. Dal 1994 al 1999 ha vissuto a New York, dove è stato tra i fondatori del laboratorio di design “New York…

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