Il museo MACRO di Roma ha finalmente riaperto. Ecco com’è e come sarà

Si parte con una grande mostra realizzata in collaborazione con l’ex direttore Luca Lo Pinto, a salvaguardare una idea di continuità. Anche se il progetto nelle dichiarazioni è totalmente differente. Ecco cosa abbiamo visto

Primo consiglio per la visita: copritevi. Sebbene rinnovato le sale del MACRO nelle rigide giornate d’inverno sono fredde. Anche se l’energia della neodirettrice Cristiana Perrella e la sua entusiastica determinazione si son rivelate utili persino a scaldare un gelido auditorium durante la conferenza stampa. Anche il sindaco Roberto Gualtieri e l’assessore alla cultura Massimiliano Smeriglio ne sembravano contagiati, soprattutto dopo il tour a passo veloce con cui la direttrice li aveva portati in visita per tutto il museo. 

Il MACRO di Cristiana Perrella 

Perché di cose da vedere ce ne sono in effetti parecchie e il tour completo richiede almeno un paio d’ore. Ma cominciamo questo resoconto con le cose che invece sono state dette. E la prima, radicale e seminale, l’idea di Cristiana Perrella di fare del museo non solo un luogo espositivo ma un centro del quartiere dove mostre, musica, performances, biblioteca, caffetteria libreria, ristorazione siano ognuna nel suo ruolo centro e motivo di attrazione di un pubblico quanto più possibile generalizzato e allargato. È detto anche nell’affettuoso slogan che campeggia sul poster rosa shocking affisso in tutta Roma in annuncio della nuova stagione del museo di arte contemporanea comunale: “Cara Città (abbracciami)”.Un luogo della città di cui potersi fidare” dice la Perrella “e che accolga pubblici diversi con desideri diversi”.
Un museo della capitale tutta, con sede in un quartiere borghese dove i residenti sono divisi tra signori per lo più anzianotti e benestanti e studenti fuori sede in caccia di stanze in affitto necessarie per frequentare università come la Luiss e la Sapienza che dal MACRO si raggiungono quasi a piedi. 

Il museo MACRO di Roma ha finalmente riaperto. Ecco com’è e come sarà
Cristiana Perrella

La sala cinema e il programma del MACRO di Roma 

Scorrendo la cartella stampa bisogna ammettere che entrambe le categorie potrebbero essere soddisfatte. La rinnovata sala cinema offre un programma dedicato a Roma con rassicuranti titoli come “Bellissima” di Visconti, “Roma” di Fellini, “Mamma Roma” di Pasolini nonché orari (alle 11 la matinée e alle 19 la proiezione serale) perfetti per quella borghesia in età avanzata che ancora preferisce la sala alla bulimica offerta delle piattaforme. Ma la programmazione non esclude neanche incursioni adatte a un pubblico più cinefilo come un film del 2025 di Lyric Dela Cruz artista e regista (Come la notte), Amore tossico di Claudio Caligari o il docu-film su mitico musicista afro beat Fela Kuti realizzato da Daniele Vicari nel 2024 ( ma qui si rimpiange la davvero sperimentale e originale rassegna dei film in 16 mm  “16MMrun”  proposta dal precedente direttore Luca Lo Pinto con titoli rarissimi e persino inediti delle avanguardie internazionali Anni ‘60/’70).
Lo stesso ecumenico criterio vale per i servizi aggiuntivi: il ristorante all’ultimo piano con menu elaborato e scelta di vini, il bar nel mezzanino, la sala studio e la sala biblioteca già aperte e fittamente occupate da studenti armati di laptop e circondati da volumi che presto, annuncia la direttrice, saranno anche consultabili. 

Il tempo al MACRO secondo Cristiana Perrella 

Bisogna declinare le offerte e persino i tempi di fruizione” ci dice. Ovvero “Un tempo prolungato per le mostre. Un tempo quotidiano per i luoghi di accoglienza. Un tempo intermedio per gli eventi, le performances, gli incontri, i film, che saranno moltissimi”, promette. Insomma l’idea è che avendo una quota di tempo a disposizione il Macro possa diventare il posto giusto per fartelo spendere al meglio.
Anche se a un prezzo non proprio economico: l’accesso al museo un tempo gratuito richiede ora, fatte salve le riduzioni, un biglietto di 6 euro. Il biglietto del cinema invece addirittura 7 euro, in linea quindi con le sale commerciali. (gratis però fino al 25 dicembre 2025, per festeggiare l’apertura).  

Le mostre al MACRO di Roma 

Dalle cose dette alle cose viste.  L’intero museo sia pure articolato in proposte diverse e lontane fra loro, ha un suo fulcro: tutte le sale sono dedicate alla storia presente, passata e futura della città. La mostra principale UNAROMA , firmata dalla Perrella e dall’ex direttore Luca Lo Pinto si propone di essere “immagine della scena artistica ibrida, generativa e in fermento” che caratterizza la capitale e si articola in tre tempi : Set ovvero una rassegna di opere che occupa la grande sala al piano terra; Live un luogo immerso nella luce verde  pronto ad accogliere dj-set, interventi dal vivo, conversazioni e performances e infine Off che riguarderà invece cose che accadono altrove, in spazi indipendenti sparsi nella città. 
Di Live e Off esiste già un programma di là da venire (per il calendario www.macro.it), Set invece si presenta come una sfilata di opere di 40 artisti diversi per generazione e provenienza. Ognuno ha in scena una sola opera, collocata lungo una striscia verde che per gli architetti allestitori dello studio Parasite2.0 è metafora del “green screen” cinematografico (ovvero lo schermo neutro che si usa nel set per poi completare in post-produzione l’immagine con sfondi a piacere). Il riferimento sposa così il concept dei curatori, i quali propongono una visione di Roma simile a un piano sequenza dove la ripresa non è totalmente controllata e vive di incursioni e imperfezioni. Ma se non si legge il pannello didattico è difficile capire tutto il processo.  

La mostra “Unaroma” al MACRO di Roma 

Lontano dal voler fare il noioso e inutile elenco di chi c’è e chi manca e pur rispettando le scelte dei curatori, la mostra più che un ritratto della scena creativa romana appare come una processione di opere mute piuttosto enigmatiche. Non tutte fanno riferimento a Roma, non tutti lavori sono fedele specchio della ricerca dell’artista, non tutti gli artisti sono italiani e nemmeno romani … Non resta che appoggiarsi all’opuscolo che integra la mostra, cercare tra le righe il nome dell’autore e quelle due o tre cose che ci dice di lui/lei e infine sperare che con il completamento delle altre due sezioni il quadro si completi e raggiunga chiarezza. 

La mostra “Dissonanze” al MACRO di Roma 

Dal piano terra all’ultimo. Qui la scena si divide fra la storia di uno dei più incisivi festival sperimentali romani Dissonanze (a cura di Cristiana Perrella) dedicato alla musica elettronica e digitale e due sale imperdibili dove Giulia Fiocca e Lorenzo Romito del collettivo Stalker  sotto il titolo  Abitare le rovine del presente ci parlano di un’altra Roma: quella abbandonata, degradata e resuscitata dalle comunità stesse degli abitanti che hanno messo in atto progetti di rigenerazione urbana spontanei, imprevedibili, creativi e innovativi. È qui che il tempo del visitatore si dovrebbe dilatare per ripercorrere i dieci anni di Dissonanze attraverso immagini, foto, documenti e uno slideshow con centinaia di scatti che immortalano le tante edizioni; dall’altra chiudersi nella sala d’ascolto proprio di fronte a quella espositiva che era nata con il precedente progetto museale di Luca Lo Pinto e saggiamente mantenuta dalla nuova direttrice, dove il suono diventa controparte della scrittura visiva e ne completa la storia. 

Il progetto “Stalker” al MACRO di Roma

Da lì un’altra lunga tappa merita la coinvolgente e imperdibile proposta Stalker. Più che una mostra (ma è anche una mostra nella felicità della disposizione dei modelli, progetti, opere spontanee e racconti nonché il grande arazzo del collettivo russo Chto Delat? nato con gli abitanti di un complesso occupato, le foto di Armin Linke o il video di Vega) questo progetto è una mappatura della città dove uomini, natura, architettura diventano testimoni di una storia urbana che non è stata ancora raccontata. 150 anni di pratiche di resistenza, occupazione degli spazi, lotta alla speculazione, diritto alla casa, difesa dell’ecosistemi e vivaci reazioni anche da parte dalla natura che rivendica luoghi minacciati dalla speculazione. Un esempio per tutti: il lago dell’Acqua Bulicante nato nel 1978 durante lo scavo per la costruzione di un centro commerciale che incontrò una ribelle falda acquifera e che oggi conta 350 specie botaniche spontanee, quattro habitat tutelati dalle norme europee a difesa della biodiversità, quasi novanta specie di uccelli e trenta di libellule, un terzo di tutte quelle presenti in Italia.  
Ma la visita non è ancora finita: gli ultimi venti minuti vanno dedicati a un poetico video di Jonathas de Andrade (realizzato per il progetto del Vaticano “Conciliazione cinque” e prodotto da In between Art Film). Con il titolo Sorelle senza nome racconta la storia di un gruppo di suore che negli Anni Sessanta nel Brasile in piena dittatura militare, lasciarono i voti per abbracciare una militanza politica e religiosa in difesa delle classi marginalizzate. Trasferitesi ora in Italia, all’ombra di San Pietro continuano in comunità e in forma anonima e laica la loro azione a sostegno degli ultimi. 

La storia del MACRO

È insomma questo il nuovo Macro che apre la sua stagione l’11 dicembre 2025 promettendo alla città un museo che nelle intenzioni della direttrice Perrella unisca l’apertura al sociale e alla collettività della gestione di Giorgio De Finis e lo spirito di ricerca e di analisi mai banale che ci aveva regalato Luca Lo Pinto. Due visioni che avevamo giudicato incompatibili e che ci riesce difficile vedere sintetizzate. Ciò che vediamo da questo debutto è la buona volontà di creare un luogo che concili servizio e cultura e che soprattutto si focalizzi sulla sua città. «Una città» ha spiegato l’assessore Smeriglio “che non ha come altre un centro e una periferia, concetti troppo astratti per Roma, ma è fatta di luoghi ibridi, quartieri, rioni, borgate, sobborghi in cui rintracciare espressioni plurali, bisogni inespressi, desideri e conflitti”. Una città difficile, complessa, gonfia di Storia e di storie, con una sua contemporaneità ancora da decifrare e che ha davvero bisogno di un Macro.

Alessandra Mammì 

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