Intervista alla direttrice della GNAMC di Roma a due anni dalla nomina: parla Renata Cristina Mazzantini
Un bilancio degli ultimi due anni di direzione, tra polemiche dibattiti e progetti, con Renata Cristina Mazzantini, in attesa che la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea veda il progetto di ampliamento realizzato da Mario Botta che si concluderà nel 2027
Dopo due anni “caldi” tra polemiche per la mostra dedicata a Tolkien e al Futurismo e i dibattiti sul fondo Carla Lonzi, ma anche dedicati al riallestimento della collezione permanente e – come annunciato lo scorso 26 novembre – di lancio di un grande progetto di ampliamento che vedrebbe impegnato l’architetto Mario Botta nell’ampliamento del museo e nella realizzazione di un Centro Studi, la direttrice Renata Cristina Mazzantini tira un bilancio degli ultimi due anni.

Intervista a Renata Cristina Mazzantini
La GNAMC ha presentato nuovamente l’opera di Alfredo Pirri “Passi”, l’installazione acquisita nel 2003 sotto la direzione di Maria Vittoria Marini Clarelli, rimossa nel 2016 per fare posto a un diverso allestimento della collezione. Un’opera che ha rappresentato molto per il museo e per i suoi visitatori. Perché ha deciso di riallestirla?
È un’opera di grande valore. L’autore è un artista di notevole statura e l’opera che è stata realizzata site-specific per la GNAMC ha dato l’avvio a questo tipo di progettualità per Pirri che poi ha realizzato altre installazioni a seguire in tutta Italia. E valorizza così come era stata concepita dall’inizio le sculture neoclassiche che la Galleria espone. In questo caso l’opera dialoga con Ercole e Lica di Antonio Canova, creando questo concetto di classicismo autogenerante tipico di Roma. La Capitale, infatti, a causa del suo patrimonio classico è ritornata quasi sempre sui suoi passi, rielaborandolo. In questa sala c’è un classicismo senza tempo che attraversa le epoche e l’opera di Pirri è molto efficace in questo senso.
La GNAMC sta “uscendo” molto dalle mura romane per andare in altri ambiti. Per quale motivo? Quali strategie sta attivando?
La GNAMC ha un patrimonio grandissimo, con capolavori di artisti italiani e internazionali, dal XIX Secolo a oggi e ciò la rende un po’ unica nel suo genere. Non è però ancora percepita come patrimonio nazionale. Ho seguito dunque la strategia dei grandi musei, come la Tate ad esempio, che hanno moltiplicato le loro sedi per rivitalizzare la collezione e parlare a più pubblici. La nostra collezione si espande molto rapidamente e quindi è giusto creare sedi con accordi con altre istituzioni per portarla fuori. Si tratta di un discorso molto interessante perché da una parte ci permette di condividere il patrimonio e di portarlo nelle province e da un’altra parte di realizzare delle operazioni di carattere scientifico sulla collezione.
Ad esempio?
Al momento abbiamo in essere un accordo con il Comune di Parma e con la Fondazione Puglisi Cosentino a Catania per realizzare delle mostre nel periodo di Natale. La mostra che abbiamo realizzato a Parma su Balla, esponendo per la prima volta tutte insieme le 63 opere in collezione ci ha concesso l’occasione di mettere in ordine, rifotografare e studiare nuovamente questa raccolta che si è formata attraverso acquisizioni e donazioni e accordi con gli eredi. Per i nostri partner è invece vantaggioso avere un unico interlocutore. Ci piacerebbe quindi poter ampliare questo tipo di collaborazioni.
Dentro la Galleria invece che succede?
In riallestimento della collezione è stato molto faticoso, lo abbiamo realizzato con il doppio delle opere in mostra nel precedente allestimento e senza tenere il museo chiuso, tirando fuori opere come quella di Pirri che hanno richiesto anche un restauro. Restauro che abbiamo potuto realizzare grazie a numerosi sponsor privati di alto livello che da quest’anno sostengono la galleria. Che ci hanno permesso anche di migliorare la fruizione – ogni sala sarà dotata di un pannello esplicativo digitale, abbiamo realizzato l’aula didattica interattiva per i ragazzi e strumenti di coinvolgimento sensoriale. Siamo stati inoltre impegnati in progetti a carattere sociale, ad esempio, quello realizzato in collaborazione con l’ASL di Roma 2 dedicato alla salute mentale e abbiamo stipulato un protocollo di intesa per lavorare a progetti dedicati a bambini e categorie fragili alle quali l’arte parla molto ed è propedeutica per coadiuvare terapie di sostegno.

Da quando però è entrata in carica (gennaio 2024) le polemiche non sono mancate. Come ha vissuto questi primi due anni di direzione e che bilancio si sente di tirare?
Fortunatamente guardo oltre e sempre avanti. Quando ci sono dei cambiamenti importanti a volte c’è una resistenza a priori. Mi sono trovata a gestire una programmazione che non era la mia, non era una novità è consuetudine che un direttore di fresca nomina traghetti un lavoro che era stato già avviato precedentemente. Ho affrontato le polemiche, ma non le ho considerate qualcosa di personale. Credo però che sul mio operato si possa cominciare oggi a fare una valutazione, guardando con obiettività alla linea di indirizzo che ho voluto dare al museo. Le mostre su Ceroli, Bice Lazzari, Marina Abramovic fanno parte del programma concepito da me. Sono aumentati i visitatori e penso che la GNAMC sia tornata ad essere the place to be, con un profilo pubblico privato importante.
E la mostra sul Futurismo? Ha qualche malumore a riguardo?
Alla fine, è stata un grande successo. Molto rumore per nulla. Alla GNAMC non si faceva una mostra così importante da decenni e l’ha riportata sul panorama internazionale. L’ho sentita come una esperienza positiva anche se qualche difficoltà, anche sul piano personale, c’è stata. Ma comunque è stata una pietra miliare, un cambio di rotta importante.
Poi c’è stato il caso dell’archivio Carla Lonzi che ha fatto insorgere gli storici dell’arte. Perché si è sentita di restituire l’archivio al mittente?
Perché la sua presenza in Galleria non rispondeva a criteri di legittimità, ai sensi dell’art.43 con il quale era stato acquisito. Con un contratto che prevedeva oneri per la cittadinanza e per il museo, con molte spese, e riguardante un bene privato, non pubblico, in assenza della dichiarazione di interesse culturale.
E chi doveva farla questa dichiarazione?
La Soprintendenza. L’art.43 è il più anomalo perché ci permette di occuparci di un bene privato ed è applicabile anche agli Archivi, purché la Soprintendenza sia d’accordo. Oggi l’Archivio Carla Lonzi rispetta questo criterio, pertanto non può lasciare l’Italia e se sarà venduto lo Stato avrà il diritto di prelazione nella trattativa.
Oggi lei rivorrebbe l’archivio alla GNAMC?
Certo, secondo le procedure corrette. Nel passaggio a museo autonomo abbiamo perso totalmente il tema della tutela e abbiamo competenze diverse da una Soprintendenza. Sono molto favorevole al museo produttore di contenuti, in questo ultimo anno la GNAMC è diventata anche editore e tutte le nostre pubblicazioni hanno il nostro copyright, ma prima di qualsiasi altra cosa bisogna rispettare la legge.
Qualcuno ha pensato però che ci fosse una resistenza da parte sua per motivazioni di carattere politico, per tutto ciò che Lonzi rappresenta sul lato teorico e intellettuale.
Non ho una tessera di partito e non devo la mia nomina a nessun partito politico. Apprezzo Carla Lonzi e non ho nessuna contrarietà politica contro il suo lavoro, casomai sono femminista. E in ogni caso la GNAMC ha fatto un’opera di digitalizzazione sull’archivio, tanto è vero che è fruibile online.

È notizia del 26 novembre invece che la GNAMC sarà interessata da un progetto di ampliamento che era nei desiderata di Palma Bucarelli e che, con un investimento di 15 milioni di euro, vedrà il suo completamento a gennaio 2027. Che cosa comporterà questo per il museo?
La scelta di dedicare una parte dell’ampliamento alla realizzazione di un Centro Studi che sarà di 4000 mq ha ridotto la possibilità di creare una galleria per la fotografia o per le arti minori, come si pensava all’inizio. Essendo la GNAMC un punto fermo nell’arte degli ultimi due secoli ritengo che creare questo Centro Studi nella Capitale sia un progetto importante.
L’Italia è un paese frammentato, fatto di tanti campanili, e questa è la sua ricchezza, ma la storia ha bisogno di essere curata e raccolta. L’Ala Cosenza ospiterà una grande galleria dedicata alle mostre temporanee, in modo da non interferire con la collezione e dare respiro anche all’arte contemporanea, invece. E come ha detto Mario Botta bisogna che la Galleria sia un luogo vivo, una raccolta di persone, con il centro studi come luogo attivo e indipendente dal museo, e l’Ala Cosenza per dirla con Argan, “dedicata alla gioventù romana”. Ecco cinquant’anni dopo forse ci stiamo riuscendo.
Questo ampliamento avrà anche risvolti occupazionali?
Una cosa che è stata poco specificata e detta è che il passaggio della galleria da Soprintendenza Speciale a Museo autonomo non ha previsto nello statuto la presenza di una biblioteca e degli archivi e pertanto sarà necessario fare una modifica allo statuto sul modello di Brera ad esempio. Questo ha fatto sì che ad esempio l’acquisizione degli archivi non sempre abbia funzionato perché mancavano anche gli specialisti del settore. Quando ci sarà il Centro Studi, non ci sarà solo uno spazio fisico, ma anche una istituzione indipendente dal museo, un Polo Bibliotecario e Archivistico che sarà gestito dalla GNAMC senza esserne una appendice. E questo naturalmente richiederà anche nuovo personale competente.
Santa Nastro
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