Nel Museo Lapidario di Verona ora arriva una mostra d’arte contemporanea

Sono in tutto 13 le sculture in marmo realizzate da Raffaello Galiotto esposte nel cortile dell'antico lapidario, diventando elementi di una corrispondenza tra passato e contemporaneità. Le immagini

Dopo Artefacta Lapis, la mostra del 2024 allestita nell’Ex Chiesa di San Pietro in Monastero a Verona, Raffaello Galiotto (Chiampo, 1967) torna ad animare la città scaligera con Axis mundi, ospitata negli spazi del Museo Lapidario Maffeiano (e visibile sino al 12 ottobre).
Curato dal filosofo Alfonso Cariolato, il progetto espositivo intende trasformare il cortile dell’antico museo in un palcoscenico dove tredici sculture in pietra diventano elementi di una corrispondenza tra passato e presente, rientrando nel vasto programma di eventi collaterali di ArtVerona, in collaborazione con Marmomac, la fiera del marmo e della pietra naturale.

La mostra di Raffaello Galiotto al Museo Lapidario Maffeiano di Verona

Distribuite nei quattro spazi erbosi divisi dal sentiero in pietra a forma di croce che mette in comunicazione le diverse aree esterne del Lapidario, le opere di Raffaele Galiotto sembrano create per attenuare il rigore dell’architettura. Prendono così forma nuovi percorsi di fruizione per osservare da una diversa angolazione la leggerezza della pietra modellata dall’artista, le trasparenze, nonché le increspature della materia.

La fascinazione per la materia e la sensibilità spaziale nelle opere di Raffaele Galiotto a Verona

Designer e artista, Raffaele Galiotto muove la sua ricerca attratto dalle caratteristiche della materia, ricercandone le potenzialità espressive attraverso l’impiego (sperimentale) della tecnologia. Gli studi in pittura, invece, affinano la sua sensibilità per il colore, la luce e lo spazio e le forme della natura, come si evince nelle opere Proto (I, II, III), Axialis (I, II), Symmetric (II, III), Opuntia, Cynara, Virgo, Transizione VII, Pristis e Calice.

Parola a Alfonso Cariolato, curatore della mostra “Axis Mundi”

“Da una certa distanza, vagando nel giardino costellato da antiche vestigia greche, etrusche e romane, l’impressione che danno queste opere è quella, che va ancora più in là nel tempo, di una teoria di betili a formare una via sacra o un recinto megalitico, come si possono vedere nel Vicino Oriente, in Sardegna o in Corsica. Ma è solo una suggestione”, spiega il curatore Alfonso Cariolato nel suo testo critico. “Il senso dell’esposizione di sculture contemporanee in un luogo così connotato non è quello di alludere a qualche affinità tra presente e passato, per quanto innegabile. Quanto piuttosto di provocare una reciproca espropriazione che falsifichi gli ambiti e contamini le rigide sfere di appartenenza. L’interesse di questa operazione soprattutto sta nel mostrare come, in questo contatto tra arti e rovine di epoche remote, sia la stessa nozione di contemporaneità a subire una scossa. Può accadere, infatti, che un’opera contemporanea subisca uno scarto dal suo presente fino a scoprirsi straniera rispetto al proprio tempo. Non è questo il solo contemporaneo che non cessa di ossessionarci?”.

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Redazione

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