In una villa a Prato le opere di un artista fanno riflettere sulla contemporaneità 

In un mondo che rischia di normalizzare l’indicibile, la mostra di Angelo Sarleti a Villa Rospigliosi si propone di far riflettere su alcuni dei problemi più scottanti del momento, dal potere narcotico dei social al dilagare delle fake news

Siamo a Prato, nei pressi della stazione ferroviaria: da qui si percorre qualche centinaio di metri di strada, si devia attraversando un cancello che immette su un maestoso viale di cipressi e ci ritroviamo immersi in un paesaggio dal quale è bandito ogni connotato urbano. Ci troviamo a Villa Rospigliosi, che, avvolta dal suo parco e dal suo giardino all’italiana, stagliata su uno sfondo montano e selvaggio, ci appare come appartenente a un’altra dimensione, di tempo e di spazio. Qui, a partire dal 2019, grazie all’iniziativa di Claudio Seghi Rospigliosi insieme all’associazione ChorAsis, ha preso vita un progetto di ricerca, produzione e promozione di forme d’arte contemporanea che, indagando sulle relazioni tra passato e presente, si propone di mettere a confronto arte, natura e storia in un costante rapporto di interazione con il territorio.

La mostra di Angelo Sarleti a Villa Rospigliosi di Prato 

Le opere attualmente ospitate, tutte pensate per l’occasione, sono di Angelo Sarleti (Reggio Calabria, 1979). I suoi lavori degli ultimi anni sembrano riecheggiare sul piano visivo le combinazioni spaziali e geometriche delle avanguardie astrattiste. Ma questa è solo la “lettera” dei suoi dipinti: quasi a voler resuscitare le secolari implicazioni allegoriche della pittura, la sua ricerca ha dato vita a una sorta di realismo dell’invisibile, donando colore e sostanza a quei dati, percentuali e statistiche che ci forniscono la schematizzata essenza delle più diverse vicende umane. Non arrestandosi al mero dato formale, ma alludendo a fatti, a evidenziazioni, a resoconti di quanto accade nel nostro tempo, i suoi lavori assumono così una rilevanza gnoseologica, una significanza desunta dagli schemi, dalle griglie e dai paradigmi attraverso i quali il reale viene analizzato e distillato.

Le opere di Angelo Sarleti in mostra nel giardino vicino Prato

In questa sua più recente rassegna di opere, a cura di Riccardo Farinelli, la sua ricerca si amplia e si affila, andando a interferire con il paesaggio e a intessere un rapporto più diretto e coinvolgente col pubblico. Gli argomenti affrontati riguardano alcuni dei problemi più scottanti del momento, dal potere narcotico dei social al dilagare delle fake news. Il primo lavoro che ci viene incontro, o meglio, ci capita sotto i piedi, Doppelgänger, è un gigantesco telo nel quale riconosciamo, riprodotta fino al minimo particolare, la copia perfetta della facciata della villa. Girando a destra ci imbattiamo poi in una “grotta” in cui troviamo un video che trasforma la scritta “Narciso” in “Narcosi”, ispirato a una frase di Marshall McLuhan e avente di mira il fenomeno del dilagare dei social e i loro effetti sui comportamenti delle persone. Passeggiando ancora per il giardino siamo poi sorpresi da uno strano vociferare proveniente dai grandi vasi di terracotta: Cross è un’installazione stringatissima che prevede quattro smartphone, sintonizzati su quattro notiziari diversi e inseriti in ciascuna delle quattro piante di limone che delimitano l’incrocio di due vialetti del giardino: da ogni vaso proviene così un profluvio di notizie sovrapposte e non di rado contraddittorie, per cui il loro convergere diventa punto di interferenza, di cacofonia, di confusione, di contraddizione: le notizie si intersecano, le voci si sovrappongono, il messaggio si intorbida e si perde nella ridondanza e nell’ambiguità.

Anche nella rimessa le installazioni di Angelo Sarleti fanno riflettere sul presente

Il regno del calcolo e della statistica lo ritroviamo invece in un ampio locale della rimessa, dove troviamo installato Senza titolo (Geopolitica, Economia, Tecnologia, Ambiente, Sociale), declinato sempre in modo tale che l’immanenza della polpa pittorica delle tele double face, nere da un verso, colorate dall’altro, e ripiegate intorno a una barra, trascenda in un messaggio cifrato – ispirato ai dati del Global Risk Report 2025, che mettono in luce lo scarto tra percezione pubblica e analisi specialistica delle diverse situazioni di crisi nel mondo – e del quale è poi la dialettica cromatica a fornire la verifica. In un’altra sala di questi stessi locali ecco poi Creator o 666 modi di dire fascismo, un video in cui appare, con vesti tipografiche e colori ogni volta diversi, ma sempre ammiccanti e ipnotici, la parola “Fascism”, utilizzando 666 template preimpostati di CapCut, l’app usata dagli influencer per le loro narrazioni concise e accattivanti. “Il lavoro non si limita a denunciare – dice Sarleti – ma mostra. Mostra come la comunicazione contemporanea, con la sua riproducibilità tecnica e l’ossessione per il trend, rischi di normalizzare persino ciò che dovrebbe restare indicibile”.

Alberto Mugnaini

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Alberto Mugnaini

Alberto Mugnaini, storico dell’arte e artista, si è laureato e ha conseguito il Dottorato di Ricerca all’Università di Pisa. Dal 1994 al 1999 ha vissuto a New York, dove è stato tra i fondatori del laboratorio di design “New York…

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