Il posto dove puoi vedere le mostre istituzionali più brutte d’Italia è un importante aeroporto

La programmazione espositiva dell’aeroporto lombardo della Malpensa sta assumendo dei contorni surreali. Il percorso obbligato dei viaggiatori dai controlli ai gate è puntellato da mostre raffazzonate e allestite con pressapochismo

Già non aiuta l’architettura, non aiutano i materiali, il decoro, i colori. Altro che capitale del bello, del design e della moda. Sbarchi a Malpensa tornando da qualsiasi altro aeroporto europeo e ti sembra di volare indietro nel tempo di quarant’anni. Un aeroporto di una mestizia che neppure se ti ci metti a farlo apposta. Se poi arrivi non dall’Europa ma da qualche scalo asiatico, c’è da mettersi a ridere: Malpensa ti sembrerà un set cinematografico realizzato con perizia per ricostruire una perfetta atmosfera da Anni Ottanta o Novanta. Nell’Europa dell’est, però.

All’aeroporto di Malpensa si punta sull’arte. Purtroppo

Forse per contrastare la bruttezza del contesto, qualcuno presso l’azienda SEA (la società partecipata dagli enti pubblici che gestisce gli scali aeroportuali milanesi) deve aver proposto durante l’ennesima riunione strategica un’idea assolutamente geniale: “disseminiamo gli spazi dell’aerostazione di mostre, così il tutto sembrerà un po’ più gradevole. Del resto l’arte è sempre bella, no!?”. Risultato: la situazione di Malpensa poteva solo migliorare, ma con questa trovata sono riusciti perfino a peggiorarla. In principio fu l’area di passaggio tra la stazione ferroviaria e i terminal. Uno stanzone scuro nel quale evidentemente non era commercialmente sensato far spazio a negozi. “E allora facciamoci delle mostre” deve aver proposto sempre il collega di SEA di cui sopra. Così nello spazio Porta di Milano” del Terminal 1 sono state organizzate rassegne di varia caratura, talvolta anche con artisti rilevanti e curatori di grido, talaltra con emeriti miracolati che di certo non meritavano per curriculum e ricerca artistica di ottenere un palcoscenico tutto sommato istituzionale di così intensa visibilità.

Le mostre dallo stile amatoriale nell’aeroporto internazionale

Da qualche tempo tuttavia l’arte alla Malpensa non si limita a occupare questa sorta di galleria d’arte di passaggio, ma permea dovunque, dilaga, esonda nei corridoi, sta appollaiata ai lati dei tapis roulant, spunta a pochi passi dai gate, sta in agguato dietro ad ogni scala mobile, fa capolino di lato ai distributori automatici di snack. Non stiamo qui a discutere la qualità delle singole opere perché non è la sede. Anzi: facciamo finta che le opere siano di buona qualità, lo giudicheranno i lettori sfogliando le foto. Ma allora perché allestire opere di buona qualità in questo modo raffazzonato? I display di queste sedicenti mostre sono la compilation di tutti gli errori da non fare quando si ordina una mostra. Artisti umiliati, lavori utilizzati come decorazioni, soprammobili o riempispazio, pannelli informativi dalla grafica più miserabile e triste dell’architettura della Malpensa stessa, mostre eterogenee che si susseguono le une dopo le altre con una totale incoerenza tra loro. Anzi una coerenza c’è eccome: la sensazione costante di dilettantismo. Domanda: può uno scalo aeroportuale intercontinentale – il secondo in Italia (superpotenza turistica del mondo), il primo della città economicamente più importante del paese – fare robe in maniera dilettantesca manco fosse la sala polifunzionale dell’ultima delle parrocchie di Abbiategrasso? Può pensare di organizzare mostre d’arte senza avere un vero curatore, un direttore artistico, un esperto che segua una programmazione e la metta in fila affinché abbia realmente un valore aggiunto per chi espone e per chi fruisce?

Non si può fare arte senza una struttura professionale dedicata. È meglio nulla

SEA si occupa in maniera dilettantistica della sicurezza dei passeggeri? Si occupa in maniera dilettantistica della manutenzione dello scalo? Si occupa in maniera dilettantistica dei servizi da rendere alle compagnie aeree che lo scelgono per atterrare e decollare? Proprio no. E allora perché pasticciare sull’arte che si pretende obbligatoriamente di somministrare ai passeggeri in transito? Delle due l’una: o è meglio evitare a monte, perché piuttosto che fare le cose male (molto male), è assai meglio non farle. Oppure se ci si crede per davvero, non sarebbe meglio studiare minuziosamente come si comportano gli altri aeroporti (ce ne sono alcuni che hanno programmazioni culturali di prim’ordine) e banalmente copiare? Nel frattempo che SEA decide cosa vuole fare da grande circa il suo rapporto con l’arte, sarebbe davvero un segnale fantastico se tutta questa variopinta e assai pittoresca cacofonia espositiva scompaia in vista delle Olimpiadi Invernali di Milano Cortina. Quando siamo sotto gli occhi del mondo, già rischiamo costantemente di dover fronteggiare una serie di figuracce, perché aggiungerne un’altra? Diamo una pulita all’aeroporto dove atterreranno delegazioni straniere, atleti e giornalisti da tutto il mondo e ci ripensiamo dopo i Giochi…

Massimiliano Tonelli

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Massimiliano Tonelli

Massimiliano Tonelli

È laureato in Scienze della Comunicazione all’Università di Siena. Dal 1999 al 2011 è stato direttore della piattaforma editoriale cartacea e web Exibart. Direttore editoriale del Gambero Rosso dal 2012 al 2021. Ha moderato e preso parte come relatore a…

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