Tutti i colori del Modernismo. Richard Paul Lohse in mostra a Lugano, tra leitmotiv e variazioni
Allestiti in una sorta di “agorà”, i dipinti modulari dell’artista zurighese attirano lo sguardo con effetti percettivi, ma sottintendono importanti concetti, dall’antifascismo all’egualitarismo. Al Masi di Lugano, quadri “che possono essere trasmessi al telefono”, ogni volta uguali e diversi

“Quadri che possono essere trasmessi al telefono”: così definiva i suoi lavori, scherzosamente ma non troppo,Richard Paul Lohse (Zurigo, 1902 – 1988), ora celebrato da una monografica al Masi di Lugano curata da Tobia Bezzola e Taisse Grandi Venturi. Quelli realizzati dall’artista, grafico e pensatore del Modernismo svizzero sono in effetti dipinti modulari, teoricamente riproducibili all’infinito, basati su uno schema ben definito di successione, alternanza e ripetizione di forme geometriche e colori.
Lohse e il Modernismo
Un metodo quanto mai preciso che però dà vita, nella sua applicazione pratica, a opere che non lasciano affatto indifferenti dal punto di vista delle sensazioni. Soprattutto se visti retrospettivamente, ora che lo sguardo ha da tempo introiettato gli stilemi dell’Astrazione geometrica, del minimal e del Concretismo. L’adeguato allestimento in forma di agorà, che permette una visione singola ma anche un colpo d’occhio generale, aumenta questa sensazione di coinvolgimento, così come la componente di fattura manuale che resta ben visibile.
Richard Paul Lohse. Nell’astrazione, impegno e ideologia
Eppure, questo sguardo emotivo rischia di essere un abbaglio – e lo stesso vale per l’effetto optical, che giunge quasi come un “inconveniente” non calcolato. Perché il metodo e il rigore rimangono gli elementi fondamentali, ricchi di sottintesi relativi al concetto e non alla sensazione. Come spesso accaduto nel Novecento, infatti, anche nel caso di Lohse l’astrazione traduce in forma visiva ideologia e impegno politico, nonché la volontà di influire sul mondo tramite l’arte. Nella prima fase, ben testimoniata in mostra da un breve focus iniziale sugli Anni Trenta e Quaranta, l’impegno è improntato alla Resistenza e all’antifascismo. Successivamente, rimane un’idea di radicale egualitarismo, costante e immune ai successivi cambiamenti di atmosfera ideologica. Nei cicli degli Anni Settanta, ad esempio, ogni colore è presente solo una volta in ogni riga e in ogni colonna per simboleggiare la necessità di un’assoluta parità tra gli individui.









Lohse a Lugano. Incontri e confronti, in assoluta coerenza
Il percorso segue l’evoluzione di Lohse, fatta soprattutto di coerenza ma anche di variazioni, relative ma importanti. E testimonia delle maggiori tappe della sua carriera, compresi gli incontri con altri artisti e movimenti. Nonostante queste ripetute occasioni di confronto, la fedeltà assoluta alla propria arte e alle proprie idee fa di Lohse un caso particolarmente interessante e relativamente raro.
Tornando al discorso sulla percezione, attraversare la grande sala che accoglie la mostra significa immergersi in una sorta di sinfonia, con i suoi leitmotiv e le sue variazioni – in questo senso, l’allestimento è coerente con la vicinanza, perseguita da Lohse, tra pittura e linguaggio musicale. Il momento culminante giunge sulle pareti di fondo, dove vengono allineati le tre parti del monumentale trittico Tema di sequenze seriali in diciotto colori (1982): quasi un’installazione ambientale che porta il metodo di Lohse a influire non solo sulla percezione ma anche sullo spazio concreto nel quale lo spettatore si muove.
Stefano Castelli
Libri consigliati:
(Grazie all’affiliazione Amazon riconosce una piccola percentuale ad Artribune sui vostri acquisti)
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati