Al PAC di Milano la mostra del duo italo-americano Lovett/Codagnone tra dinamiche di potere, pratiche di dissenso e affermazione soggettiva
Si tratta della prima antologica dedicata al duo che, dalla fotografia alla scultura e dalla video installazione alla performance, rifletteva con i propri lavori sui rapporti di forza che si definiscono all’interno delle relazioni interpersonali. E in dialogo, anche l'Archivio della Galleria Emi Fontana

A quasi trent’anni dalla nascita del sodalizio artistico e sentimentale tra John Lovett (Allentown, Pennsylvania, 1962) e Alessandro Codagnone (Milano, 1967 – New York, 2019), il PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano dedica loro la prima retrospettiva italiana: I Only Want You to Love Me, al pubblico dal 4 luglio al 14 settembre 2025 e a cura di Diego Sileo, in collaborazione con la newyorkese Participant Inc.

Al PAC di Milano la mostra del duo italo-americano Lovett/Codagnone
Formatosi nel 1995, il duo Lovett/Codagnone ha saputo muoversi tra fotografia, video, scultura, installazione e performance per riflettere con i propri lavori sui rapporti di forza che si definiscono all’interno delle relazioni interpersonali. I loro corpi, spesso protagonisti delle opere stesse, erano strumenti per smascherare convenzioni, relazioni di potere e identità imposte. La mostra, attraverso più di due decenni di produzione, si presenta così in un continuo scambio tra privato e pubblico, intimità e insurrezione.













“I Only Want You to Love Me”: il percorso espositivo
Ad aprire il percorso espositivo, Love Vigilantes (2007), un’installazione di specchi neri che riflette citazioni frammentarie di Hakim Bey sull’amore come forma di rivolta. Una poetica del desiderio che prosegue con Stripped (2006), una bandiera americana privata di stelle e strisce, trasformata in drappo funebre: la promessa democratica non è stata mantenuta. Il gesto dissidente si fa più sottile ma altrettanto incisivo in Make Anarchy and Disorder Your Trademarks (2012), dove il simbolo dell’anarchia si trasforma in pattern decorativo, svuotato dell’aggressività rivoluzionaria.

“I Only Want You to Love Me” tra cinema e letteratura, teatro e musica
Proseguendo nella seconda sala, l’installazione Truth Is Born of the Times, Not of Authority (2012) costituisce un paesaggio sonoro e visivo di prigionia e resistenza, combinando recinzioni metalliche, filo spinato e citazioni da Vita di Galileo di Brecht. Una tensione tra autorità e libertà che attraversa tutta l’esposizione. Tra le altre opere, Death Disko: Last Dance (2015) racconta la fine malinconica dell’utopia queer della disco music, mentre la serie fotografica After Roxy (1998–2015) propone un’intimità alternativa, fatta di corpi nudi, abbracciati, spesso autoritratti. Con Greetings (1996), grandi cubi fotografici rievocano la scultura minimalista americana ma ne sovvertono il linguaggio con immagini leather/BDSM scattate in ambienti domestici e pubblici. Il titolo della mostra prende forma nell’installazione al neon I Only Want You to Love Me (2004–2025), ispirata all’omonimo film di Rainer Werner Fassbinder, in cui il bisogno d’amore diventa un atto di ribellione.
“I Only Want You to Love Me” e la project room della gallerista Emi Fontana
Nel video Perfect Day (1998), un boa divora lentamente un ratto incinta, sulle note della celebre ballata di Lou Reed. Una metafora potente della reversibilità nei rapporti di dominio e sottomissione. La stessa ambiguità percorre l’opera Walk in Silence (2007), dove il linguaggio diventa arma affettiva: “Ci sono troppi modi per uccidere qualcuno, come in una storia d’amore quando l’amore è finito”. La mostra prosegue nella Project Room del PAC con Matrimoni imperfetti, a cura di Giulia Zompa, omaggio all’attività della Galleria Emi Fontana, fondamentale catalizzatore della scena artistica milanese tra il 1992 e il 2009. Una storia fatta di sodalizi con artisti come Monica Bonvicini, Alessandra Spranzi, Mike Kelley, Olafur Eliasson, Luca Vitone e gli stessi Lovett/Codagnone, tra femminismo, ecologia e sperimentazione sociale.
Caterina Angelucci
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