La mostra al Macro che celebra le attività delle Accademie e degli Istituti stranieri nella Capitale
Una mostra accogliente e coinvolgente, profonda ma non priva di una componente ironica. Così si presenta "Sublime cliché", la terza edizione del Festival delle Accademie e degli Istituti di Cultura stranieri a Roma, a cura di Saverio Verini

Opere installative di grandi dimensioni si alternano negli spazi del Macro, a video, fotografie e sculture, creando un ambiente immersivo che, prestandosi a più livelli di lettura, approfondimento e interpretazione, incuriosisce i visitatori. Il coinvolgimento è poi amplificato dal fatto che molte opere, tra cui alcune che recuperano materiali e tecniche tradizionali, come il travertino o il mosaico, hanno come soggetto Roma. Infatti, la città, insieme agli artisti che la abitano, è protagonista della mostra, nella misura in cui il curatore, Saverio Verini, ha avuto l’intuizione di giocare tutta l’esposizione sul rapporto dei borsisti, che costituiscono una sorta di comunità temporanea, con Roma che li accoglie.

Il Festival delle Accademie al Museo Macro di Roma
Del resto, il Festival nasce proprio per celebrare il legame tra le Accademie, gli Istituti di Cultura stranieri e la città che da sempre costituisce un’inesauribile fonte d’ispirazione per gli artisti internazionali; come testimoniato anche dalla longevità del Grand Tour che per secoli ha visto proprio nella Capitale il luogo fondamentale per il completamento della formazione culturale e personale di generazioni di intellettuali stranieri.
Il Macro presenta i cliché sublimati dai borsisti di Accademie e Istituti di cultura
Chiaramente, la peculiarità, da cui sortisce anche l’ironica, sagace e centrata, idea del titolo è che, in quanto stranieri e abbastanza giovani, l’occhio dei borsisti non è abituato alla grandiosa, a tratti decadente, magnificenza dell’urbe, “Ragion per cui” ha osservato Saverio Verini, “è del tutto normale che ciascun artista sviluppi una propria visione, secondo una personale sensibilità, attratta anche da aspetti che potrebbero risultare turistici o inflazionati, se non fosse per il loro essere connotati da elementi distintivi, insoliti, spiazzanti, attraverso i quali hanno, per l’appunto, letteralmente sublimato i cliché”
Tra questi, i cavalli di Julian Rosefeldt (Germania, 1965) che in La parola è sempre l’avanguardia dell’azione, 2018, attraversando al galoppo le vie del centro storico, passando di fronte ai più iconici monumenti, come il Vittoriano, rendono un originale omaggio alla nostra Costituzione; o Esra Ersen (Turchia, 1970), che in Le Due Rome, 2020 usa il travertino per scrivere dei messaggi con cui crea una connessione diretta tra Roma e Istanbul; o ancora Rebecca Digne(Francia, 1982) che, con Metodo dei Loci, 2019, stupisce e conquista portando un elefante a passeggiare nei meravigliosi giardini di Villa Medici.






L’elemento naturalistico e selvaggio in mostra a Macro di Roma
“Tra gli altri aspetti che volevo far emergere”, prosegue il curatore, “mi interessava esporre dei lavori in cui fosse presente l’elemento naturale, o meglio selvatico”. Così, al centro della sala del Macro troneggia il Ceppo Sradicato, 2018 un ceppo significativamente di pino marittimo, albero ricorrente anche nella storia del cinema, di Christoph Keller (Germania, 1967), mentre nei lati opposti della sala, la natura avanza. Da una parte in The Perennial Truth, 2025 di Bianca Bondi (Sud Africa, 1982) ove un giardino invade il bancone di un bar; dall’altra, delicati elementi naturali si innestano su sculture antiche nelle immagini della serie Excroissances, 2022, di Iván Argote (Bogotá, 1983), come per simboleggiare una natura che inizia a riappropriarsi dei monumenti e della storia.
Al Macro, “Sublime cliché” sì ma anche declinati in un’accezione intima a marginale
Così il Sublime cliché che trovano spazio al Macro non escludono dalla riflessione anche opere che offrono una rappresentazione più intima, marginale e silenziosa della città; fatta di piccoli dettagli, luoghi rimessi e solitamente ignorati, tra cui è molto significativa la serie fotografica Pali, 2021 di Hayahisa Tomiyasu (Giappone, 1982), in cui l’artista, eleggendoli come soggetto, attribuisce inedita forza e dignità quegli elementi urbani generalmente secondari.
Le opere in mostra
In Sublime cliché ogni artista è portatore di una storia individuale e collettiva, infatti, pur partendo da una riflessione condivisa su Roma, ciascuno offre uno sguardo nuovo sulla città, a partire dalle opere con cui nel foyer Saverio Verini ha deciso di accogliere i visitatori. Da una parte quattro immagini dalla serie For the Academy, 2007, Jenny Holzer (USA, 1950), testimonianza della poetica ed evocativa performance realizzata a Roma durante la sua residenza. Dall’altra, i 56 scatti di Giovanna Silva (Milano, 1980), veri e propri “ritratti” delle Accademie e Istituti di Cultura. Fotografie attraverso cui questi luoghi entrano metaforicamente nello spazio espositivo “riunendo” per usare ancora le parole di Saverio Verini “in un unico ambiente la costellazione di architetture e culture disseminate in città”; una città che storicamente è sempre stata accogliente, aperta ad un crogiolo di culture, a favore di un’identità meticcia e contaminata. Un messaggio che oggi più che mai, alla vigilia del voto, è prezioso e importante, anche per ricordare a chi la vive tutti i giorni la fortuna e il privilegio di abitare in questa magnifica città, capace di vivere anche oltre la contemporaneità.
Ludovica Palmieri
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