Pesci in via d’estinzione e minacce ambientali. Parla Mark Dion in mostra a Genova

L’artista ambientalista Mark Dion ci racconta la sua riflessione critica sulle minacce di scomparsa che incombono su molte specie animali, dai pinguini ai pesci tropicali, ora in mostra da Pinksummer a Genova

Mark Dion è uno degli artisti più influenti della scena contemporanea. Nato nel 1961 a New Bedford negli Stati Uniti, insegna alla Columbia University di New York e da decenni costruisce, con le sue installazioni immersive, un linguaggio che intreccia arte, scienza e critica ambientale. Le sue opere uniscono oggetti quotidiani e materiali ricavati dal mondo della biologia, archeologia ed etnografia, componendo scenari che suscitano stupore e inquietudine: un’ironica ma profonda denuncia della società dei consumi e della crisi ecologica. Il cuore della sua poetica è quindi una critica sferzante al pensiero antropocentrico, condotta però senza retorica, attraverso dispositivi scenici capaci di suscitare insieme stupore e riflessione. In occasione della sua ultima mostra alla Galleria Pinksummer di Genova, The Melancholy Entomologist and Tales of Ecological Despair lo abbiamo intervistato per approfondire la sua ricerca.

La mostra di Mark Dion alla Galleria Pinksummer di Genova

L’esposizione si apre con un’installazione che evoca lo studio di un entomologo Anni Cinquanta, malinconico e disilluso. Un chiaro omaggio a Primavera Silenziosa di Rachel Carson, libro-manifesto dell’ambientalismo.
Tra le opere in mostra, 64 acquerelli di pesci, realizzati da artisti coreani su incarico di Dion dopo una visita al mercato ittico di Seoul, un’elegia visiva alla biodiversità marina minacciata dalla pesca intensiva: ogni disegno è un frammento di ciò che stiamo perdendo.  Compare poi un classico Target Wall: un pannello verde bosco, una scenografia naturale su cui l’artista ha incastonato oggetti legati alla caccia. Il bersaglio è chiaro: si indica in che punto del corpo dell’animale si deve mirare per non fallire. Un’ironia amara, che smaschera la violenza nascosta dietro l’ordine apparente.

Le opere ambientaliste di Mark Dion in mostra a Genova

Nella stanza adiacente, un pinguino di ceramica immerso in bitume e rifiuti, su un antico portavasi ligure, incarna la tragedia in un mondo contaminato. Chiudono la mostra due disegni tassonomici, che riflettono il rapporto ambivalente dell’artista con la classificazione scientifica: strumento di controllo, ma anche chiave per comprendere ciò che stiamo perdendo. Dion si conferma artista-attivista lucido e poetico, capace di trasformare la rabbia e il lutto ecologico in dispositivi visivi potenti, che mettono in discussione il nostro rapporto con la natura.

Intervista a Mark Dion

Il suo lavoro si confronta con le teorie della biologa marina Rachel Carson e con l’etica ambientale. Perché ha cominciato a indagare questa tematica scottante?
Sin dalla fine degli Anni Ottanta, ho realizzato opere esplicitamente riferite a Carson, una studiosa geniale e determinata. Il suo bestseller Primavera silenziosa, uscito un anno dopo la mia nascita, ha dato il via negli Stati Uniti a un movimento ambientale. Non è stato facile per lei portare avanti la sua causa. Aveva quasi tutti contro: l’industria petrolchimica, le istituzioni governative e l’ambiente accademico che hanno fatto il possibile per screditarla, attraverso attacchi misogini e privi di concretezza. Carson ha dimostrato un coraggio straordinario. È stata per me una fonte d’ispirazione, sia come biologa che come intellettuale impegnata. In Greta Thunberg rivedo Rachel Carson, ma non è una scienziata. In questo momento, abbiamo disperatamente bisogno di più scienziati attivisti.

Come traduce la ricerca scientifica e storica in linguaggio artistico senza che si perda la sua complessità?
 Nonostante la creazione di un’opera d’arte non abbia nulla in comune con la stesura di un saggio, non c’è dubbio che io trasmetta al visitatore alcune informazioni. Se faccio un lavoro riferito a Carson o Linneo, è mio dovere presentare queste figure a chi guarda l’opera. Ma i miei lavori non sono semplicemente biografie o spiegazioni. Lo spettatore deve essere attivo nella decodificazione del lavoro. 

Che approccio alla mostra suggerisce al pubblico?
Mi piace immaginare il mio fruitore come uno Sherlock Holmes sulla scena del crimine. Il suo lavoro è dedurre il significato dalla ricca varietà di indizi che fornisco, distinguere tra rumore di fondo e informazioni importanti, discernere il significato connettendo la complessa rete di informazioni.  

Crede che il suo lavoro si configuri soprattutto come una forma di elaborazione del lutto, un avvertimento per il futuro o un gesto di resistenza attiva?
Il mio approccio ironico e talvolta divertente non va confuso con una vera azione, con il potere di cambiare le cose. Nella sua forma più alta, diventa un atto di riconoscimento reciproco all’interno di una comunità resistente, che si ritrova unita negli stessi ideali.
Il mio lavoro è uno strumento importante per rompere l’isolamento che le persone possono provare quando si trovano intrappolate in una cultura reazionaria. Allo stesso tempo è anche una forma di elaborazione del dolore, e insieme uno spazio per esprimere la mia rabbia e la mia frustrazione. La rabbia è una delle mie principali fonti di motivazione per fare arte.

Laura Guglielmi

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Emma Sedini

Emma Sedini

Etrusca e milanese d'origine in parti uguali, vive e lavora tra Milano e Perugia. Dopo la Laurea Magistrale in Economica and Management for Arts, Culture, Media and Communication all'università Luigi Bocconi di Milano e un corso professionale in Digital Marketing…

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