Tra ecofemminismo e visioni sciamaniche. L’artista Gaia Fugazza in mostra a Roma
Alla Richard Saltoun Gallery, l’artista presenta un viaggio simbolico e materico ispirato al pensiero di Donna Haraway. Un’alleanza politica tra corpi, piante e animali
Il corpo femminile, il mondo vegetale, le specie animali: Making Kin, la nuova personale di Gaia Fugazza (Milano, 1985) alla Richard Saltoun Gallery di Roma, è un invito a pensare in termini di relazione, affinità, co-evoluzione. Curata da Paola Ugolini, la mostra prende spunto dall’ecofemminismo militante di Donna Haraway, immaginando nuove forme di parentela e alleanza nel tempo dell’Antropocene.
L’arte nomade, esoterica, postumana di Gaia Fugazza
Nel pensiero di Gaia Fugazza non esistono confini rigidi tra identità, specie o generi. Le sue opere – pitture incise, superfici scavate, ceramiche e smalti – danno vita a un’iconografia ancestrale e vibrante. Le figure che abitano questo universo sono soggettività fluide, “nomadi” nel senso braidottiano, capaci di migrare da un corpo all’altro, da un essere all’altro, senza perdere forza simbolica.
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Le opere di Gaia Fugazza in mostra a Roma
L’immaginario dell’artista rompe la dicotomia tra natura e cultura, ridando valore politico a ciò che è stato storicamente subordinato: il femminile, l’animale, il vegetale. Making Kin mette in crisi la visione dominante dell’individuo come soggetto separato, autonomo e superiore. Le installazioni evocano una sacralità arcaica e sciamanica, dove tutto è interconnesso e ogni elemento – umano, minerale, organico – contribuisce al mantenimento di un equilibrio fragile.
L’arte oltre l’individuo
Fugazza costruisce così una mitologia contemporanea che fonde antiche sapienze con istanze attualissime, come la crisi ecologica e la critica all’antropocentrismo. Un’arte che riporta il “divino” dove era stato espulso: al centro della nostra sopravvivenza condivisa.
Michele Luca Nero
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