A Firenze la mostra dedicata al collezionismo contemporaneo

È il collezionismo privato fiorentino e toscano il protagonista della mostra allestita a Palazzo Medici Riccardi. Un edificio culla di un mecenatismo che ha fatto storia

Com’è successo con le grandi opere dei secoli scorsi, la passione dei collezionisti contemporanei ha contribuito enormemente a far conoscere e amare le avanguardie del Novecento, che hanno dato vita a nuovi linguaggi e nuove pratiche in campo artistico.
Il progetto è nato per esaltare e omaggiare i collezionisti di arte moderna e contemporanea” ‒ ci spiega Sergio Risaliti, curatore della mostra a Palazzo Medici Riccardi ‒ “e per ricucire e saldare un debito tra la storia e il presente, sanando una lacuna formatasi nell’ultimo secolo”. Il direttore del Museo Novecento si sofferma sull’importanza del collezionismo nell’arte e sottolinea quanto una città ricca di storia come Firenze possa anche diventare un vero e proprio laboratorio per l’arte contemporanea. “I grandi musei fiorentini, a partire dagli Uffizi fino allo stesso Museo Novecento, sono nati dalla costola del collezionismo privato e una città come Firenze non può che essere la grande capitale del collezionismo privato”.

FIRENZE E IL COLLEZIONISMO

Ad accogliere il visitatore è un pannello che riporta una citazione di Walter Benjamin, ripresa ‒ non a caso ‒ dal saggio Angelus Novus, titolo che riprende quello di un quadro di Paul Klee. Benjamin afferma che l’arte del Novecento si è mossa da una dimensione esteriore per insediarsi in una tutta interiore, allegoria e trasfigurazione del mondo esterno. “L’intérieur è l’asilo dell’arte. Il collezionista è il vero inquilino dell’intérieur.
Il collezionista è l’amante dell’arte per antonomasia, con lui un’opera non è più un oggetto, non è una merce utile da rivendere, ma anzi, un gioiello prezioso da custodire con la massima cura. “Il collezionista vero è intuitivo, anticipa anche i critici e gli storici dell’arte, riconosce un artista di talento senza aspettare che questi venga osannato dalla critica. Il collezionista è un anello fondamentale dell’arte, non solo per la cultura del nostro tempo ma per tutte le epoche: senza il collezionismo non ci sarebbero stati Michelangelo, Caravaggio, gli impressionisti e via dicendo”, spiega Risaliti.

Paul Klee, Landschaft mit dem Tor, 1937, tempera su tela. Collezione Gori, Fattoria di Celle, Pistoia

Paul Klee, Landschaft mit dem Tor, 1937, tempera su tela. Collezione Gori, Fattoria di Celle, Pistoia

LE OPERE IN MOSTRA A PALAZZO MEDICI RICCARDI

Secondo Klee l’arte ha il potere di rendere visibile ciò che a volte non lo è e mentre si è di fronte a Landschaft mit dem Tor si può indovinare tutta l’angoscia del pittore celata dietro l’astrattismo delle linee spezzate, che disegnano un paesaggio trasfigurato sulla tela. Con il Surrealismo le forme della realtà diventano segni e simboli nella Composizione di Joan Miró, mentre al confine tra il Futurismo e la Metafisica si colloca Il limonaro di Primo Conti, del 1919. Da ascrivere al Neorealismo è la Natura morta con libri e cesto di Renato Guttuso, facente parte della collezione Franco Farsetti di Prato.
Nel corso del secolo breve le tempere e gli oli lasciano il posto ai materiali più disparati, dalle lettere ricamate su cotone dell’arte povera di Alighiero Boetti alla commistione di acrilico, carta e legno di Tano Festa, protagonista della scuola pop romana, fino a composizioni contemporanee come quella fatta di gessi e spilli di Pascale Marthine Tayou, e quella realizzata con il cloruro di zinco di Damien Hirst, a dimostrazione che non ci sono confini per l’arte.
Senza dover seguire un ordine cronologico si possono ammirare poi capolavori di Ottone Rosai, Osvaldo Licini, del surrealista Alberto Savinio e di suo fratello Giorgio de Chirico, di cui una collezione privata ha messo a disposizione il suo Enigma politico, dipinto nel 1938 ma firmato e datato 1915.
Sono esposte anche cinque sculture in una saletta attigua, tra cui una terracotta di Arturo Martini, proveniente dalla collezione Lazzeri, e un’opera senza titolo di Jannis Kounellis, dalla collezione Roberto Casamonti.
Tornando alla pittura, troviamo la creatività di Tracey Emin e Cecily Brown, l’astrattismo di Paola Accardi, l’espressionismo astratto di Elaine de Kooning, e l’Optical art di Bridget Riley, senza dimenticare lo smalto su tela di cotone di Daniel Buren. Si passa poi ai grandi maestri del Novecento italiano con una Natura morta di Giorgio Morandi, Concetto spaziale di Lucio Fontana e Bianco cretto di Alberto Burri.
La sala successiva è riservata alla Pop Art con Mimmo Rotella, Plinio Mesciulam, due opere di Roy Lichtenstein (Girl in the mirror e Coup de chapeau II) e una di Andy Warhol, Portrait of Man Ray, datata 1974.
L’ultima sala della mostra è dedicata ‒ fatta eccezione per un ritratto di Girolamo Savonarola, realizzato interamente con mattoncini lego da Ai Weiwei nel 2016 ‒ all’arte fotografica: spiccano gli scatti di Francesca Woodman, Hiroshi Sugimoto e Olafur Eliasson, di cui si può ammirare una serie proveniente dalla collezione Nunzia e Vittorio Gaddi.

VERSO UN NUOVO APPROCCIO ALL’ARTE CONTEMPORANEA

Molte opere, e in alcuni casi anche gli stessi autori, risultano pressoché sconosciute al grande pubblico, per questo si nota l’assenza di audioguide che possano indirizzare il visitatore verso una maggiore consapevolezza. Il curatore spiega che tale mancanza non è indice di trascuratezza, ma piuttosto una prova per vedere come il pubblico contemporaneo si avvicina all’arte.
Da una parte bisogna dare al pubblico la comfort zone di cui ha mediamente bisogno, quindi accogliere e indirizzare il visitatore che necessita di essere istruito. Dall’altra parte in tale maniera si perde un’esperienza contemplativa che è fatta anche di solitudine e silenzio di fronte alle opere e che è fondamentale nell’approccio con l’opera d’arte. Bisogna trovare un equilibrio che risponda a entrambe le necessità”, conclude Risaliti.

Anita Capecchi

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati