Anna Bonomi parla di narcolessia. L’illustratrice ha vinto il contest #CreateforSleep

La narcolessia è una malattia invalidante che spesso può essere erroneamente scambiata per pigrizia o svogliatezza, specie tra i più giovani, con forti ripercussioni nella vita sociale e scolastica. Per sensibilizzare sul tema, NABA ha partecipato coi suoi studenti al contest #CreateforSleep. Abbiamo intervistato la vincitrice 

Quanto sappiamo oggi sulla narcolessia? Questa patologia neurologica, caratterizzata da un’incapacità del cervello di regolare in maniera fisiologica il ritmo sonno-veglia, affligge in Italia circa 2000 pazienti diagnosticati, ma si stima che quelli reali siano molti di più. Si tratta di un disturbo che entra nella quotidianità di chi ne soffre, impedendo lo svolgimento delle normali attività e causando problematiche di vario tipo se non riconosciuto. Per sensibilizzare la popolazione, è stata lanciata da AIN (Associazione Italiana Narcolettici e Ipersonni) la campagna #CreateforSleep, con il patrocinio di AIMS (Associazione Italiana Medicina del Sonno) e il supporto non condizionato di Bioprojet Italia. Il progetto ha visto protagonisti gli studenti del Triennio in Graphic Design e Art Direction di NABA, Nuova Accademia di Belle Arti, coordinati dal docente Pietro Puccio, in un contest che ha premiato le migliori opere dedicate al tema. I cinque finalisti sono stati Giovanni Zuccala, Gaia De Napoli, Alberto Corlade e Benedetta Sartorari, assieme a Anna Bonomi, la quale si è aggiudicata il primo premio. In questa intervista ci ha raccontato quali sono stati i passi più significativi e quali le riflessioni che l’hanno portata a creare l’illustrazione vincitrice.  

Quale è stato il tuo processo creativo? Cosa ti è stato maggiormente di ispirazione?
Il mio lavoro, come quello di tutti, è partito dal brief sulla narcolessia, che non conoscevo se non superficialmente. Dopo una chiara spiegazione della malattia e dei suoi sintomi, degli obiettivi e della mission dell’associazione AIN (Associazione Italiana Narcolettici e Ipersonni) e delle implicazioni a livello emotivo, fisico e sociale per i pazienti che ogni giorno ci convivono, sono stata positivamente colpita dall’intervento del Presidente dell’Associazione e paziente lui stesso, che ha raccontato della sua esperienza e di come negli anni i sintomi fossero stati per lui invalidanti e fraintesi. Mi ha aperto gli occhi sulle conseguenze sociali di questo fraintendimento e ho deciso di partire proprio da quello.   

Quale tecnica di illustrazione hai utilizzato?
Ho lavorato in digitale e in questo modo ho avuto la possibilità di lavorare su livelli, di iniziare dal disegno, di posticipare alcune scelte sulla colorazione e di scendere nel dettaglio con semplicità. 

Qual è il sintomo di questa patologia che ti premeva raccontare maggiormente attraverso la tua illustrazione?
Visto che il concept del mio lavoro era il “fraintendimento”, mi sono focalizzata sul sintomo della sonnolenza diurna, che oltre ad essere quello più comune è anche il più frainteso. Come soggetto ho scelto una fascia di pazienti su cui bisognerebbe avere un occhio di riguardo — i bambini — e l’ho inserito in un’ambiente che è la sua quotidianità: la scuola. La mia illustrazione raffigura un ragazzino con la testa sul banco durante la lezione del venerdì mattina; non è per forza disinteressato, pigro o svogliato; non sta neanche peccando di impegno e non sarà una sospensione ad aiutarlo. Per disinformazione e mancata diagnosi, quel ragazzino rischia di perdere l’anno di scuola, il lavoro o le relazioni più care. Ho preso queste scelte non solo per la chiara necessità di intercettazione della patologia in età precoce, ma anche — e soprattutto — per evidenziare quanto i sintomi siano invalidanti nella quotidianità dei pazienti.  

Naba Milano

Naba Milano

Cosa hai appreso dalla partecipazione al contest Create for Sleep? 
Il contest Create for Sleep, parte integrante dell’omonima campagna, mi ha fatto capire che l’informazione è fondamentale. Sapere di aver dato all’Associazione pazienti uno strumento di comunicazione in più mi rende orgogliosa. Inoltre, ho avuto io stessa la possibilità di conoscere più approfonditamente la malattia e ora mi sento in grado di poter aiutare qualcuno, anche solo instillando un dubbio.  

Pensi che questa opera rientri coerentemente nel tuo percorso artistico? Cosa solitamente ti interessa nella tua pratica?
L’illustrazione è sempre stata una mia passione ed è anche per questo che ho intrapreso il percorso di Visual Design all’interno del Triennio in Graphic Design e Art Direction in NABA, Nuova Accademia Belle Arti, a Milano. Quando lavoro ai miei progetti cerco sempre di mettere tutta me stessa, di immergermi nel mondo che sto rappresentando e fare di tutto perché emerga chiaramente la mia opinione. Quindi sì, si inserisce bene sia a livello di contenuto che di espressione; anche se, a dirla tutta, nell’ultimo periodo sto cercando di avvicinarmi di più alle tecniche manuali. 

– Giulia Ronchi  

https://www.narcolessia.org/
https://www.naba.it/it/  

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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