Intervista ad Alessio Deli, in mostra al MacS di Catania

Il MacS di Catania riapre, dopo la pausa imposta dal Covid, con “Anthropocene”, mini antologica dell’artista romano Alessio Deli.

Una mostra che mette insieme una selezione scrupolosa di opere create dall’artista Alessio Deli (Marino, 1981) dal 2010 al 2019 dando la possibilità di conoscere più a fondo una delle voci su cui il museo ha scommesso con l’acquisto di due opere, Anthropocene – che dà il titolo alla personale – e Summer Awakening. In un set up di luci e ombre, le sculture di Deli offrono un’occasione di riflessione sull’era dell’Antropos, dando la sensazione di trovarsi in un presente che si racconta ai posteri, prendendo già il sapore di passato.

L’INTERVISTA AD ALESSIO DELI

Anthropos-Cene, il ritratto della nostra era, è una giovane donna in travertino e resina, con i tratti delicati di impronta prerinascimentale, le palpebre abbassate, la bocca e il naso protette da una mascherina. È un riferimento al virus che ha rivoluzionato gli ultimi diciotto mesi della nostra vita?
In realtà la mascherina è quella che si usa per i rifiuti tossici. La scultura è un’opera conclusiva di un periodo di sperimentazioni con materiali di recupero e voleva rappresentare il senso di un’era geologica caratterizzata dall’intervento negativo dell’uomo sul pianeta. Poi, guarda caso, dopo qualche mese è scoppiata l’epidemia di Covid. Se esiste un collegamento è che la diffusione dei virus è una delle inevitabili conseguenze dell’antropocene. In fondo è l’azione dell’uomo a provocare queste situazioni. Molti studiosi l’avevano anticipato.

Il riciclo, come processo, è parte intrinseca della creatività che rimesta nel reale, trasforma, dà nuova vita.  L’utilizzo di materiali di scarto poi caratterizza tutto il Novecento ed è un’esigenza di presa di coscienza del nuovo millennio. Penso a un’altra scultura presente in mostra, Summer Awakening. Di cosa è fatta?
Di bandoni di lamiera arrugginiti, quelli che si trovano tante volte sui cigli delle strade. Li ho forgiati, assemblati e ho creato questa figura.

Sembra un po’ il relitto di una migrante in fondo al mare. Anche la capigliatura a trecce sospese in aria dà un senso di movimento nell’acqua.
Diciamo che per un periodo della mia vita sono stato molto attratto da quel tipo di fisionomia; i lineamenti in effetti ricordano un po’ quelli di una guerriera Masai, ma in realtà è un’opera che faceva già parte del museo. È stata creata parecchi anni fa, prima del fenomeno dei migranti, su cui ho poi fatto un lavoro importante. Per me Summer Awakening è un’attesa: l’attesa dell’estate.

Insieme a Summer Awakening sono stati selezionati altre quattro lavori che fanno quasi una tavola rotonda intorno ad Anthropocene, come a voler inscenare la testimonianza di questo nostro tempo così complesso e stratificato.
Sì, l’installazione segue il tracciato di un’esedra e devo dire che sono stati molto bravi al museo ad attenersi al progetto che ho inviato, anche l’effetto di illuminazione è molto suggestivo.

Alessio Deli, Summer Awakening, 2010 (particolare), terracotta, cera, lamiera, ferro, legno, h. 180 cm

Alessio Deli, Summer Awakening, 2010 (particolare), terracotta, cera, lamiera, ferro, legno, h. 180 cm

ALESSIO DELI, L’ANTROPOCENE E IL PASSATO

L’impressione è di immergersi nell’oscurità di un tempo fuori dal tempo e di trovare le tracce di un’era – la nostra – che si presenta in vesti di immobilità e passato, per raccontare però al futuro come siamo stati.
Ormai da quattro-cinque anni sono passato dal recupero dei materiali al recupero della memoria storica, infatti il ciclo di opere dedicate a questo progetto si è inaugurato a Palazzo Valentini nel 2018 con una mostra che come titolo aveva Incipit Memoria. Ho una formazione accademica; ho studiato Belle Arti a Carrara e ho avuto la fortuna di studiare da vicino il Quattrocento e il Cinquecento e quindi tutto quello che è la scultura dei minori toscani che poi confluisce in Donatello e Michelangelo ritorna nelle mie opere. Mi ha fortemente influenzato anche Della Robbia, che incarna il sentimento dell’arte popolare con l’uso dei colori e della terracotta. In questo senso nelle mie opere c’è il passato, la contemporaneità si esprime nell’uso dei materiali e dei linguaggi.

Com’è il tuo rapporto con il passato?
Per me il passato è identità, riferimento. Vivo a Roma, ho studiato a Firenze, la mattina quando mi sveglio vedo gli angeli barocchi di Santa Croce in Gerusalemme. Col passato ci convivo e cerco di trasformarlo in qualcosa di più vicino alla sensibilità contemporanea.

Di contemporaneo nella tua mostra ho visto anche la superiorità numerica del femminile. Anthropocene e le cinque sculture che le stanno intorno sono tutte donne…
Certo! La Madre Terra è sempre stata venerata come femminile; è sempre stata simbolo di fertilità e la scultura pure. Quando ero studente mi esercitavo molto anche sul corpo maschile, ora come artista devo dire che sono veramente poche le opere che faccio a soggetto maschile, forse solo su commissione. Quando penso alla scultura, penso alla donna e quindi: sì, nelle mie mostre troverai sempre più figure femminili.

– Maria Pia Masella

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Maria Pia Masella

Maria Pia Masella

Laureata in Lingue e Letteratura Francese a Roma (La Sapienza), ha proseguito gli studi con un Master in Comparative Literature (University College London) e un secondo Master in Arte Contemporanea (Christie’s Education/University of Glasgow). Scrive per la rivista letteraria In-Arte,…

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